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Sembrava che dovesse essere la “rivoluzione” culinaria nel nostro bel paese e, invece, a quanto pare sarà molto difficile vedere nei piatti dei ristoranti italiani quelle che, in altri luoghi, vengono definite delle vere “prelibatezze”. Parliamo del “Novel food”, ovvero il cibo che annovera tra i tanti prodotti alimentari anche insetti, vermi e locuste.

In questi mesi il bombardamento mediatico su questo “argomento” è stato come un incessante tam tam. Esperti e non si sono cimentati nella descrizione di questi saporiti alimenti, elencandone le infinite proprietà, tra cui quelle altamente proteiche. Una sorta di sdoganamento di un cibo che certamente nell’immaginario di ognuno di noi produce una certa riluttanza nell’assaggio. Magari si tratterà soltanto di una forma “culturale” che ci impedisce di vedere il verme o l’insetto come un alimento di giornaliera nutrizione, ma l’arcano rimane tutto.

Veniamo però ai fatti. La mannaia che è caduta su un’operazione commerciale molto appetibile è stata azionata proprio dal ministero della Salute, attraverso un inequivocabile chiarimento: “L’autorizzazione di un alimento corrispondente al novel food deve essere richiesta alla Commissione Europea, seguendo le linee guida recentemente pubblicate dall’Efsa” (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare). E continua: “Nessuna specie di insetto o suo derivato è autorizzata a scopo alimentare”.

Quindi il sipario può calare prima di mettere in scena la rappresentazione. E chi era convinto di vedere in questo affaire il nuovo “oro nero”, sicuramente rimarrà deluso.

E tra le interpretazioni del regolamento predisposto dalla Ue e le difficoltà di capirci qualcosa c’è il limbo fatto di tanti rivoli senza fine. Allora non ci resta che andare al ristorante e ordinare un buon piatto di pasta asciutta, almeno quello non sarà croccante come un’insalata di grilli.

 

 

 

Il cibo è l’elemento che coniuga alimentazione e salute, in un mondo dove il rito del ritrovarsi a tavola diventa ancora di più valore aggiunto per le famiglie italiane. E il 2018  è l’anno nazionale che tributa proprio al cibo italiano un posto da podio, con la nascita di un’interessante progetto editoriale: la “Treccani Gusto” che dalla storica enciclopedia crea una costola interamente dedicata al cibo, grazie anche alla collaborazione con la fondazione Qualivita, nata a Siena nel 2002, che si occupa della protezione e valorizzazione dei prodotti agroalimentari di qualità.

Quindi la Treccani parlerà di produzioni agroalimentari e vitinicole italiane realizzando una nuova edizione dell’Atlante Qualivita, alla quale si aggiungerà un magazine digitale. Si tratta di una rivista che racconterà del mondo agricolo e alimentare con uno sguardo anche al turismo. Inoltre verrà costituita una banda dati con un glossario ad hoc e un ricettario.

Una vera operazione di marketing, come lo storico Massimo Montanari ha scritto, che ha come obiettivo “il rilancio dell’immagine dell’Italia e delle sue eccellenze enogastronomiche nel contesto internazionale, attraverso l’apporto culturale dei suoi prodotti tipici, al pari dei tesori della cultura, del paesaggio e dell’arte”.

“Vogliamo partecipare all’Anno nazionale del cibo italiano – ha sottolineato, infine, Massimo Bray direttore generale della Treccani – mettendo a disposizione la nostra esperienza editoriale, le tecnologie sviluppate per il nostro portale web, che conta più di 500mila visitatori unici al giorno, e tutti gli strumenti e le competenze che hanno caratterizzato la Treccani  negli oltre novantanni della sua storia”.

Un interessante contributo che potrà dare al panorama editoriale di nicchia, sul tema del mangiare bene, tutte quelle informazioni che oggi, malgrado le infinite news che il web ci offre, danno attraverso il lavoro del comitato scientifico della Treccani, certezza di valore e soprattutto di qualità. Buona lettura.

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Ingredienti per 4 persone

400 G di castagne
8 Tuorli D’uovo
Sale
Pepe Bianco
Burro Per Gli Stampi
Bucce di arance
Zucchero
succo di arancia

Preparazione:

In una terrina lavorate le castagne dopo averle lessate nel latte e tritate in modo da formare una purea aggiungendo il latte di cottura; dopodichè inserite i tuorli d’uovo ed insaporite con il sale necessario e una macinata di pepe. Imburrate 4 piccoli stampi alti a forma di cono e riempiteli con il composto di castagne, che dovrà arrivare appena sotto il bordo. Battete leggermente gli stampini sul piano di lavoro in modo da eliminare eventuali bolle d’aria presenti nel composto.
Cuocete i flan a bagnomaria nel forno preriscaldato (180 gradi) per circa 20 minuti, disponendo la casseruola con l’acqua. Badate che l’acqua del bagnomaria non arrivi a bollire, in tal caso infatti i flan si gonfierebbero eccessivamente formando all’interno delle bolle. Prima di togliere gli stampini dal forno, verificate il punto di cottura inserendo nel composto uno stecchino di legno: se quest’ultimo rimane pulito i flan sono pronti.
Nel frattempo preparate la salsa e le bucce di arance candite togliendo la parte bianca dalla buccia, fatele a pezzetti e mettetele a bagno in uno sciroppo di acqua e zucchero di uguali quantità, lasciandole cuocere. Scolate le bucce per bene non appena saranno candite e mettetele a raffreddare; continuate a preparare la salsa aggiungendo allo sciroppo del succo di arancia e fate restringere affinchè risulti una crema densa.
Sformate i flan nei piatti singoli e decorate con la salsa di arance e le buccie candite. Se avete tenuto da parte qualche castagna potete disporle nella superficie dei flan. Servite caldi.

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Sformatino di zucchine e funghi

Ingredienti per 4 persone

6 zucchini
300 g di funghi
350 g di parmigiano
4 uova
1 spicchio d’aglio
1 confezione di pancarrè
olio extra vergine q.b.
Sale / pepe / miso

Preparazione:
Tagliate le zucchine a rondelle non troppo sottili e tenetele da parte. Pulite i funghi e tagliateli a fettine, trasferiteli in una padella con una testa d’aglio e fateli rosolare con l’olio d’oliva, quindi sfumateli con il miso e fate terminare la cottura.
Friggete le zucchine in abbondante olio d’oliva.
Trasferite i funghi e le zucchine in un recipiente, unite le uova, il parmigiano, il pancarrè triturato, regolate di sale e pepe e ottenete un composto omogeneo.
Imburrate gli stampi per sformati e riempite con il composto, infornate nel forno caldo a 180° per circa mezz’ora, sfornateli e serviteli caldi.

di Gaetano Càfici. Vi è mai capitato di vedere uno Chefche, davanti a fornelli, pentole, casseruole, erbe e spezie, inizi una metamorfosi gestuale e fisica, trasformandosi  in un attore di teatro e raccontando un “cunto”, per una ricetta assolutamente inedita ?  Cibo e teatro, dunque, in perfetta armonia di profumi e di narrazione, come su di un “palcoscenico” teatrale.
L’attore palermitano Paride Benassai, grande protagonista del teatro popolare siciliano e la giornalista e pubblicitaria Amelia Bucalo, hanno portato sulle “tavole” dei ristoranti siciliani, in un tour iniziato a gennaio, la nuova tendenza nata proprio a New York. Coniugare teatro e cena, ma in chiave nostrana con uno show chiamato “Sale e Pepe”, tragicomico viaggio di un improbabile gourmet, per raccontare l’identità popolare della Sicilia e la cultura del suo cibo, simbolo di rito sociale.
Ottanta minutidi puro divertimento con la straordinaria maestria recitativa dell’attore Benassai, che coinvolge in modo esilarante il pubblico, alla spettacolare creazione della sua “stravagante” cucina e delle sue “ricette” poco ortodosse.
Autentico teatro contemporaneo in cui rivive la magia di una tradizione tutta mediterranea, per un linguaggio scenico fatto di recitazione, gesti, immagini ed evocazioni. 
La chiave del successo – dice Benassai – è l’abbinamento vincente di cibo di qualità e del divertimento assicurato. Ogni luogo può essere teatro, purché sia buono lo spazio della scena”.
Il Teatro Cena Sale e Pepe” ripercorrere la tradizione culinaria siciliana sciorinando il menu della serata con aneddoti popolari che consumano babbaluci e vendette,  affinano strategie per la sopravvivenza che riconducono, anche, al quadro  de “L’ultima Cena” di Leonardo, parte integrante della scena. Non resta, dunque, che prenotare per il 25 marzo,  l’appuntamento palermitano al ristorante “GigiMangia” di via P.pe Belmonte.
Ai partecipanti, ovviamente, corre l’obbligo di condire i piatti con Sale e Pepe”. E dimenticavo, buon appetito tra un bicchiere di vino, una cena gustosa e i racconti spassosi di Benassai.
di Gaetano Càfici. Chi di voi non è rimasto affascinato dal mistero di quei piccoli granelli di semola che, a prima vista, ricordano i dorati paesaggi magrebini, con le loro infinite distese di sabbia ? Una pietanza dalle antiche origini chiamata couscous, nome la cui provenienza etimologica viene ancora oggi contesa dai greci (coskin ossia semola) e dagli arabi (rec-chesches – cibo tritato). Piatto che ha contaminato positivamente la Sicilia, attraverso gusti che, in fondo, appartengono da secoli alla nostra storia.
Ed è in questo percorso, misto di sapori e di tradizioni, che nasce l’iniziativa di Marilù Terrasi (in foto), Chef del ristorante Pocho di Makari, a San Vito Lo Capo. Una mini tournée gastronomica, dal 13 al 22 marzo, in quattro serate, per portare in giro per la Sicilia l’arte antica del couscous, acquisita negli anni osservando lavorare le donne del trapanese che, di madre in figlia, si sono tramandate i segreti dell’incocciata a mano: rito manuale per ridurre la semola in piccoli grani, i cocci, appunto. 

“La preparazione del couscous richiede grande manualità che si acquisisce nel tempo e soprattutto tanta pazienza – ci spiega Marilù Terrasi -. La gestualità e la preparazione creano uno spettacolo unico e avvincente. I singoli elementi piano piano si amalgamano secondo un meccanismo che solo apparentemente è sempre uguale. Il couscous, invece, è ogni volta diverso”.
Accompagnata dai suoi inseparabili strumenti di lavoro, la mafararda, zuppiera in terracotta dai bordi alti e svasati in cui la semola si incoccia e poi si mette a riposare,  la couscousiera, una ciotola bucata dove la semola viene cotta a vapore e la pignata, pentola su cui si innesta la couscousiera per consentire la cottura a vapore, Marilù Terrasi prepara per gli ospiti delle serate  i diversi tipi di couscous: da quello alle essenze del Mediterraneo al celebre couscous dolceall’arancia speziata.
Tutto “condito” dall’anima artistica della Chef, fatta di canti e di aneddoti popolari siciliani. Il couscous, dunque, è  servito !  Non rimane che dire: buon appetito.

 

di redazione. Il cibo “forgiato” tra le mura domestiche, come se fosse quello delle nostre nonne, è certamente un’altra cosa. Gli odori, i sapori, il calore che si sente. É come stare in famiglia, sapendo di condividere un pasto come lo si fa la domenica con la “zia Pinuccia” che porta i dolci dal paese.

L’incontro con le diverse pietanze diventa quasi un rito catartico del quale non possiamo fare a meno, soprattutto per due ovvie ragioni: questione di sopravvivenza, ma anche per la nostra risaputa ingordigia. Dunque, a non farci dimenticare quanto tutto questo possa essere “magico” e allo stesso tempo piacevole, un team di appassionati di cucina hanno ideato una particolare iniziativa, con l’obiettivo di far rivivere la Sicilia del cibo, attraverso la riscoperta dei sapori tipici.
Partendo dal suo capoluogo, Palermo, i “Patruna”, veri e propri padroni di casa (nella foto: Fiorella e Alessia a casa Ballarò) prepareranno  diverse pietanze proprio all’interno delle loro abitazioni. Le varie portate sono quelle tramandate di generazione in generazione con prodotti del territorio. Così, in ogni angolo della Sicilia sarà possibile trovare sulle tavole, piatti tradizionali della cucina siciliana provenienti dalle diverse aree regionali.
 
SicilyHomeFood (www.sicilyhomefood.com) è il portale dedicato, per fare conoscere ed apprezzare nel mondo la cucina e la calda ospitalità del popolo siciliano, trasformando le tavole in un momento di scambio multiculturale. Un modo anche per promuovere il turismo made in Sicily e fare “impresa” attraverso la tradizione culinaria della nostra terra. 
Gli associati, soprannominati “Patruna”(padroni di casa), soltanto in seguito all’accettazione da parte dell’Associazione, potranno organizzare degli eventi culinari presso le loro abitazioni dando disponibilità per uno o più giorni a settimana.
I piatti del menu verranno discussi con l’Associazione, così come il numero minimo e massimo di viaggiatori che potranno partecipare e le date degli eventi.L’Associazione valuterà con cura non solo le capacità culinarie ma anche location, capacità relazionali e senso di ospitalità dei Patruna. E adesso buon appetito, i “Patruna” vi aspettano !