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Uno scenario da incubo per le tantissime famiglie italiane che, a causa della grave crisi economica e, dunque, dei prezzi al rialzo dei beni di consumo, hanno visto svuotare i propri conti correnti.

E’ quanto emerge da uno studio condotto dalla Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) che parla di un’inversione di tendenza al risparmio delle famiglie causata dall’inflazione e in particolare del carovita.

Dopo quattro anni di costanti aumenti – si legge nella ricerca della Fabi – nel 2022 il saldo totale dei conti correnti delle famiglie è diminuito di quasi 20 miliardi di euro. Da agosto a novembre si è registrato, infatti, un calo di 18 miliardi da 1.177 miliardi a 1.159 miliardi, con una riduzione dell’1,5%. Già a giugno, rispetto a maggio, c’era stata una prima diminuzione di 10 miliardi.

La vistosa inversione di tendenza sulla capacità di accumulo dei correntisti, evidenzia l’analisi della Fabi, arriva dopo un lungo periodo di incremento dei saldi dei depositi bancari: a fine 2017 l’ammontare complessivo era a quota 967 miliardi, a fine 2018 a quota 990 miliardi (+23 miliardi), a fine 2019 a 1.044 miliardi (+54 miliardi), a fine 2020 a 1.110 miliardi (+66 miliardi) e a fine 2021 a 1.144 miliardi (+34 miliardi).

Se nei primi sette mesi del 2022 la liquidità accumulata dalle famiglie ha quasi sfiorato i 1.180 miliardi di euro, con una crescita – seppur più lenta rispetto al passato – dello 0,9% da inizio anno, i dati dei quattro mesi successivi confermano i timori, ormai accertati, di un “crollo di potere di acquisto – evidenzia la Fabi – che costringe gli italiani ad attingere alle loro riserve per far fronte ai maggiori costi”.

Da luglio a novembre, il totale dei conti correnti è calato di quasi 20 miliardi di euro. Il valore complessivo era di 1.178 miliardi di euro a luglio e di 1.159 miliardi di euro a fine novembre, con una riduzione di quasi due punti percentuali (-1,53%) e che dimostra che il prezzo della crisi comincia ad essere tutto nelle tasche degli italiani.

Con l’inflazione e il carovita aumentano inoltre i debiti delle famiglie italiane. In particolare si registra un incremento dei prestiti per il consumo e una tenuta dei finanziamenti personali. Nel complesso l’ammontare dei prestiti per entrambe le categorie a fine 2022 si è attestato a 256 miliardi di euro, in crescita rispetto a gennaio dello stesso anno (+1,5 %) e superando la tendenza al costante aumento dal 2017, pari all’1,2%.

I numeri di crescita del mondo dei prestiti finalizzati e non finalizzati arrivano come uno “schiaffo rispetto a quelle che sono le condizioni di mercato, perché non sono certamente i bassi tassi di interesse a spingere le richieste, ma piuttosto la crescente propensione a rateizzare gli acquisti, che rende contradditorio il rapporto che gli italiani hanno con economia e risparmio”, evidenzia l’analisi.

(fonte ansa – foto: fidelityhouse.eu e newsprima.it)

Un’analisi a tutto tondo che dà un quadro ben chiaro di come l’era degli smartphone sembra essersi avviata verso un picco negativo. L’anno scorso, infatti, le consegne sono scese sotto gli 1,2 miliardi, nel quarto trimestre calo del 17% sull’anno prima. I dati peggiori da un decennio. L’analista Paolo Pescatore afferma che “i prezzi stanno andando tutti nella direzione sbagliata, con i consumatori che sentono la pressione e tirano la cinghia”.

Gli smartphone, dunque, avrebbero  esaurito la loro spinta. I telefoni intelligenti hanno toccato il loro picco nel 2016 per iniziare la discesa. Sia a livelli di vendite (nel 2016 fu toccato il massimo, con 1.473 milioni di dispositivi consegnati nel mondo), che a livello di innovazione e di interesse del pubblico, oggi assai più tiepido per un dispositivo che ha cambiato il mondo ma che ormai non riesce più a rinnovarsi in modo sostanziale.

I dati appena usciti però certificano un fatto inedito: il 2022 è stato l’anno nero degli smartphone. Le vendite globali (dati Canalys) sono scese sotto la soglia degli 1,2 miliardi di pezzi. Sempre moltissimi ma il quarto trimestre  (Q4) dello scorso anno, quello tradizionalmente più ricco perché comprende il periodo del Natale e le offerte del Black Friday e del Cyber Monday, ha avuto un vero tracollo rispetto al Q4 del 2021: il calo è stato del 17%, mentre sull’intero 2022 è stato dell’11%. Per trovare dati peggiori bisogna tornare al 2013, l’anno in cui gli smartphone superarono i vecchi cellulari (le consegne si fermarono poco sotto il miliardo totale).

 LA CRISI

“I produttori di smartphone hanno lottato in un contesto macroeconomico difficile per tutto il 2022. Il quarto trimestre segna la peggiore performance annuale e di un Q4 in un decennio” ha dichiarato Runar Bjørhovde, analista di Canalys Research. I problemi con i lockdown per il Covid in Cina, la guerra in Ucraina, l’inflazione e il rincaro di materie prime e logistica sono tutti fattori che hanno azzoppato le vendite. Prezzi dei dispositivi sempre più alti, scarsa innovazione e potere d’acquisto diminuito hanno completato il quadro. Durante il 2022 a essere impattati di più sono stati soprattutto i telefoni a medio e basso costo, quelli che sviluppano i volumi più grossi (ma i margini minori), ma nel quarto trimestre sono stati toccati anche i modelli premium. La performance del mercato nel Q4 2022 è in netto contrasto con il Q4 2021, che ha visto un aumento della domanda e un allentamento dei problemi di offerta. 

LO SCENARIO PER IL 2023

Per l’anno appena iniziato non si intravvedono grandi possibilità di invertire la rotta. Tecnologie come il 5G, che fino a un paio d’anni fa diversi esperti consideravamo importanti per trainare le vendite hanno rivelato tutta la loro debolezza. Ormai tutti i telefoni o quasi sono 5G ma nessuno si fionda a dismettere un vecchio modello 4G soltanto per il 5G, perché i servizi sono ancora embrionali e i benefici in termini di velocità e qualità della rete ancora non così rilevanti. 
“I fornitori si avvicineranno al 2023 con cautela, dando priorità alla redditività e proteggendo la quota di mercato – dice Le Xuan Chiew, altro analista di Canalys -. I fornitori stanno tagliando i costi per adattarsi alla nuova realtà del mercato. Anche se le pressioni inflazionistiche si allenteranno gradualmente, gli effetti degli aumenti dei tassi di interesse, dei rallentamenti economici e di un mercato del lavoro sempre più in difficoltà, limiteranno il potenziale del mercato” influenzerà negativamente i mercati saturi, dominati dalla fascia medio-alta, come l’Europa occidentale e il Nord America. 

Nessuno ride, ma guardando ai marchi – sempre secondo i dati Canalys – Apple ha recuperato il primo posto tra i produttori nel quarto trimestre 2022 e ha raggiunto la sua quota di mercato trimestrale più alta di sempre al 25%, nonostante i problemi di produzione nel maxi stabilimento di  Zhengzhou, in Cina. Samsung ha chiuso il Q4 al secondo posto con una quota di mercato del 20%, ma si è comunque confermato primo marchio guardando all’intero 2022. Xiaomi ha mantenuto il terzo posto nonostante la sua quota sia scesa all’11% nel Q4, in gran parte a causa  di difficoltà in India. Le altre due cinesi Oppo vivo hanno completato la top 5 dei produttori, conquistando rispettivamente il 10% e l’8% delle quote di mercato.

QUALE DUNQUE LA SOLUZIONE?
Prova a rispondere Paolo Pescatore, analista di PP Foresight, esperto in Tecnologia e digitale: “Per i produttori di smartphone sta diventando sempre più difficile differenziare i dispositivi. Per anni hanno progettato modelli guidati dall’insaziabile desiderio degli utenti di essere connessi con schermi più grandi, batterie di lunga durata e fotocamere migliori. Per questo motivo, ora ci si concentra molto sul miglioramento significativo delle funzionalità esistenti, sull’esperienza dell’utente e sul rendere i dispositivi a prova di futuro, prolungando il ciclo di vita del prodotto”.

Guardando avanti aggiunge Pescatore : “I produttori di elettronica di consumo hanno una lunga storia di investimenti nel tentativo di fornire una soluzione a un problema. Basti pensare alle tv arrotolabili, i cui display potrebbero arrivare sui dispositivi mobili. Le sfide da affrontare sono immense e richiedono un’impressionante lavoro di ingegneria e anni di sviluppo. Il mio timore è che molte di queste tecnologie, l’8K è un altro esempio, vengano lanciate troppo presto, quando non c’è una reale domanda del pubblico”.

E tornando agli smartphone l’analista britannico di origini italiane aggiunge: “Le prime incursioni nei dispositivi pieghevoli hanno riacceso il mercato e creato entusiasmo. Ma sebbene questi nuovi design innovativi siano piacevoli da avere, non si tratta di caratteristiche indispensabili per gli utenti. E si stanno rivelando proibitivi dal punto di vista dei costi. Sebbene gli utenti vogliano di più, è improbabile che spendano più del dovuto. Lo smartphone rimane il coltellino svizzero del mondo tecnologico, ma la crisi del costo della vita sta avendo un impatto profondo su tutte le aziende; nessuno ne è immune. Questo causerà un effetto domino, incidendo sulla disponibilità degli utenti ad acquistare un nuovo dispositivo premium. I prezzi stanno andando tutti nella direzione sbagliata, con i consumatori che sentono la pressione e tirano la cinghia. Inevitabilmente, questo avrà un impatto negativo sulle vendite, con gli utenti che si terranno più a lungo i loro telefoni, cedendoli e magari acquistandone uno più economico”.

Quindi alla fine il ritorno ad apparati diciamo più datati, potrebbe essere la scelta obbligata in un mondo dove la grande crisi economica è la vera “sovrana” a dettare legge.

(fonte Corriere.it e foto istockphoto.com)

E’ un appello forte quello lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento al primo Festival delle Regioni e delle Province Autonome, che si è tenuto a Palazzo Lombardia a Milano.

“I massicci finanziamenti erogati dalla Commissione europea sono destinati precisamente ad accelerare l’infrastrutturazione del Paese colmando i divari che prima ho ricordato, a partire da quello tra il Nord e il Meridione. Si registra un’ampia condivisione in ordine alla necessità di completare il programma di riforme e, per quanto riguarda gli investimenti, di considerare una priorità assoluta gli obiettivi individuati nel Piano per far crescere l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’uguaglianza. Dinanzi a sfide di questa portata è richiesto l’impegno convergente delle istituzioni e di tutte le forze politiche e sociali”.

“Un impegno – ha aggiunto Mattarella – che abbiamo assunto in sede europea e che va, ovviamente, onorato. Opportunamente il Presidente Fedriga ha definito il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ‘un momento straordinario di potenziale sviluppo del nostro Paese’. E va apprezzata la disponibilità della Conferenza a contribuire all’attuazione del Piano favorendo l’integrazione di tutte le politiche pubbliche e uno sviluppo omogeneo dei territori. La leale collaborazione e la disponibilità al dialogo, al confronto e alla collaborazione che le Regioni manifestano meritano di essere fatte proprie da tutti nell’interesse dell’Italia”.

Un messaggio più che subliminale che ha come destinatario il governo Meloni e in particolare gli ultimi provvedimenti attuati, anche in riferimento al piano di resilienza, che da retroscena interni non sono andati giù al Capo dello stato. Per non parlare della bocciatura in toto della prima manovra finanziaria da parte della Corte dei conti che da Banca d’Italia. E l’insoddisfazione dei sindacati e di Confindustria. Parte, dunque, tutta il salita la “scalata” della Meloni, che tra le altre cose negli ultimi sondaggi sembra aver arrestato la spinta dovuta alle tante promesse elettorali. Perchè una cosa è sciorinare le pagine dei libri dei sogni, un’altra è riuscire a riempirne le pagine.

(Fonte video agenzia vista)

E’ un durissimo attacco quello del leader dei cinquestelle, Giuseppe Conte, contro la premier Giorgia Meloni. Il contendere è il famigerato reddito di cittadinanza che la stessa Meloni ha detto voler cancellare per rimodularlo.

“Con questa manovra di bilancio – ha detto Conte in un video sul suo profilo facebook – il Governo Meloni vuole togliere tutto a oltre 600mila cittadini nel 2023: fanno cassa su chi non arriva a fine mese. Non sono numeri su una calcolatrice, sono persone e famiglie. Domani da Napoli parte una serie di incontri nelle città da Nord a Sud per conoscere le loro storie: tutti devono conoscere questa realtà. A chiunque può capitare di trovarsi in difficoltà, lo Stato non può voltare le spalle”. 

Fratelli d’Italia si conferma ancora primo partito italiano con il 28% (con una crescita di 2 punti percentuali rispetto al voto del 25 settembre 2022). Seguono il Movimento 5 Stelle al 18% (+2.6%) e il Pd al 17% (-2.1%), poi la Lega con il 10% (+1.2%). Quindi con lo stesso valore, nella quinta posizione, all’8% Forza Italia (-0.1%) e Azione-Italia Viva (+0.2%). Seguono i Verdi al 3.5% (-0.1%), +Europa al 2% (-0.8%) e infine Noi Moderati all’1.5% (+0.6%). Per quanto riguarda le coalizioni, il Centrodestra raggiunge il 47.5% (+3.7%), mentre il Centrosinistra si ferma al 22.5% (-3.6%).

E’ quanto emerge dal sondaggio commissionato dalla trasmissione “Porta a Porta” all’istituto demoscopico Noto. Un trend che mette in evidenza come il partito della Meloni sia saldamente in sella, non sfondando però ancora il tetto del 30 per cento. E il movimento cinque stelle che lo tallona con un gap di 10 punti. Mentre il Pd crolla, la Lega riprende fiato e l’accoppiata Calenda-Renzi aumenta leggermente i consenso. Scende anche Forza Italia e tutta l’area di centrosinistra.

Invece dal versante gradimento, l’Emg pubblica un sondaggio per il programma di Rai3 Agorà che vede ancora Mario Draghi come leader politico più gradito dagli italiani. Secondo la rilevazione, infatti, l’ex presidente del consiglio mantiene intatto il gradimento di fiducia al 54%, mentre l’attuale premier Giorgia Meloni guadagna un punto in una settimana salendo al 47 per cento.

Al 40%, stabile rispetto al sondaggio precedente, c’è il governatore del Veneto Luca Zaia, seguito al 35 per cento dal leader del M5S Giuseppe Conte, che perde un punto. Guadagna due punti, invece, il leader della Lega Matteo Salvini, ora accreditato al 33 per cento, seguito dal governatore dell’Emilia-Romagna nonché aspirante segretario del Pd Stefano Bonaccini, che si trova al 32%.

Berlusconi ottiene il 29 per cento del gradimento degli italiani, Calenda il 23%, Letta in calo di un punto, il 20 per cento, mentre chiude la classifica il leader di Italia Viva Matteo Renzi con il 20 per cento dei consensi.

(fonte Adnkronos e Tpi – foto © Combo/AGF)

Una svolta nel caso che ha visto, nei giorni scorsi, al centro delle polemiche il deputato Aboubakar Soumahoro, eletto con l’alleanza Verdi-Sinistra e le attività della cooperativa Karibu, riconducibili ai suoi familiari che adesso è stata messa in liquidazione.

“Gli ispettori hanno trovato i locali chiusi al primo tentativo di accesso, a seguito di diffida hanno avuto finalmente accesso e hanno acquisito la documentazione rilevante della cooperativa” ha detto il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, nel corso il question time alla Camera. “Si è conclusa ieri l’istruttoria con la proposta di messa in liquidazione coatta amministrativa per eccessivo indebitamento. Mi appresto dunque a nominare i commissari liquidatori”.

Per quanto riguarda la cooperativa Aid, gli ispettori del ministero “hanno riscontrato irregolarità non sanabili” e ne hanno “proposto lo scioglimento”, ha aggiunto Urso.

L’Alleanza Verdi-Sinistra Italiana continua a difendere il suo deputato. “Non abbiamo preso abbagli né siamo vittima di una persecuzione. Gli elementi che avevamo a disposizione non facevano pensare che ci fossero questi elementi. Stiamo parlando di una persona non indagata, ci sono tentativi di costruire una narrazione contro i migranti e su questo ci faremo sentire” ha detto il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, incontrando i giornalisti fuori Montecitorio. 

Il caso Aboubakar Soumahoro scoppia a metà novembre, circa un mese dopo il suo ingresso in Parlamento e la sua presenza a Catania per difendere lo sbarco di migranti dalla Ocean Viking.

La procura di Latina apre un fascicolo su due coop, Karibou e Consorzio Aid, la prima gestita dalla suocera, Maria Terese Mukamitsibdo, e l’altra dalla moglie del deputato, Liliane Murakatete. L’indagine è in linguaggio tecnico a modello 45, non ci sono cioè né persone iscritte nel registro degli indagati né ipotesi di reato contestate. È semplicemente in una fase di acquisizione di informazioni.

Tutto parte dalla segnalazione di un sindacato, Uiltcs, per stipendi non pagati a 26 dipendenti delle coop anche per 2 anni e dopo che alcuni minorenni hanno messo a verbale di essere stati maltrattati e privati di acqua e luce nelle strutture delle due cooperative pontine.

Un lavoratore sostiene anche che gli è stato chiesto loro di produrre fatture false per essere pagato. Dichiarazioni vengono acquisite dagli inquirenti (con i pm lavorano i carabinieri), ma anche documenti, screenshot di chat tra dipendenti e vertici delle due cooperative. E anche il materiale prodotto dalle inchieste giornalistiche ha buone probabilità di finire sotto la lente di ingrandimento della magistratura.

E poi ci sono i documenti trovati in 8 sacchi della spazzatura abbandonati nei cassonetti di Sezze, la cittadina laziale in cui ha sede la cooperativa Karibou guidata da Maria Terese Mukamitsibdo, suocera del deputato e presidente del Cda che ha nel board Liliane Murakatete moglie di Aboubakar Soumahoro. Le due coop fanno sapere ai media che i pagamenti non sono solo stati effettuati perché non era arrivato il denaro di appalti, attraverso la prefettura di Latina, da Regione Lazio e dai Comune di Latina e Roccagorga.

Aboubakar Soumahoro e la moglie Liliane Murakatete

A Repubblica moglie e suocera si difendono imputando il mancato pagamento al fatto che non è stato ancora versato dagli enti locali quanto dovuto per progetti e che lui è estraneo alla gestione delle cooperative e non al corrente di ciò che vi accade.

Circa 400.000 euro i debiti retributivi e contributivi delle due cooperative impegnate in progetti contro il caporalato lo sfruttamento organizzati dallo Sprar, Regione Lazio e e altri enti, ma anche a fornire mediatori linguistici e sanitari per l’accoglienza e l’integrazione, secondo Uiltucs.

Karibou secondo indagini de ‘Il fatto quotidiano’ a bilancio a fine 2021 aveva debiti totali per 2,26 milioni di euro, e incassi azzerati rispetto al 2020 chiuso con 2,5 milioni di euro. Consorzio Aid invece ha ricavi per 716.000 euro, una perdita di 65.000 euro e debiti totali per 260.000 euro.

Aboubakar Soumahoro in un post social con video lo ripete: “Non c’entro niente con tutto questo. Non sono né indagato né coinvolto in nessuna indagine dell’Arma dei carabinieri di cui ho sempre avuto e avrò fiducia”.

(fonte agi e foto ansa e messaggero)

L’agenzia di stampa Adnkronos pubblica l’audio integrale della conversazione con Papa Francesco registrata (all’insaputa del pontefice) dal cardinale Angelo Becciu il 24 luglio 2021, solo pochi giorni dopo le dimissioni di Bergoglio dall’ospedale dove aveva subito una complessa operazione.

Una telefonata rintracciata dalla Guardia di Finanza di Oristano su due telefoni e un tablet appartenenti a Maria Luisa Zambrano, amica di famiglia di Becciu, indagata nell’inchiesta della procura di Sassari sulla Caritas di Ozieri. Una conversazione delicata, che, secondo gli investigatori, è stata fatta registrare a una terza persona (la Zambrano, appunto), pur avendo il cardinale ripetutamente invocato il Segreto di Stato durante le fasi di indagine e del processo.

Si tratta, come si può ascoltare nell’audio pubblicato in esclusiva dall’Adnkronos, di cinque minuti e trentasette secondi di conversazione in cui si sente la voce affaticata del Papa rispondere alle sollecitazioni dell’ex Sostituto della Segreteria di Stato Vaticano, che gli chiede, tra l’altro, se ricorda di averlo autorizzato ad “avviare le operazioni per liberare la suora”. Il riferimento è al denaro versato a Cecilia Marogna (mai menzionata nella telefonata con Francesco), imputata nel processo vaticano in concorso con Becciu in relazione ai 575mila euro versati dalla segreteria di Stato alla società di lei per attività di intelligence tra cui, appunto, la liberazione della suora rapita in Mali dai jihadisti. Soldi che invece, secondo l’accusa, sarebbero stati spesi dall’ex collaboratrice del cardinale in beni di lusso.

Nella registrazione, un file generato ida un dispositivo geolocalizzato in piazza del Sant’Uffizio, si sente, a parere della Gdf, anche la Zambrano, che, secondo i finanzieri, avrebbe svolto “un ruolo attivo nella realizzazione delle operazioni di registrazione”: sarebbe la sua la voce che si può ascoltare all’inizio della traccia subito prima della conversazione tra il Papa e Becciu, avvenuta verosimilmente, secondo gli investigatori, tra due telefoni di rete fissa. Nella registrazione a un certo punto si sente anche una voce maschile in sottofondo, che sembra affermare “Mi faccia sentire”. Non è chiaro a quale dei due interlocutori sia vicino il quarto partecipante.

(fonte adnkronos e foto messaggero.it e open.online.it)

La telefonata tra il cardinale Angelo Becciu e Papa Francesco CLICCA IL FILE IN BASSO E ASCOLTA

E’ un attacco durissimo quello della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen contro Putin che, in un video pubblicato su twitter, ha annunciato l’avvio della procedura per l’istituzione di un tribunale speciale sui crimini commessi dalla Russia contro il popolo ucraino.

“La Russia – ha affermato la Presidente von der Leyen – deve pagare per i suoi crimini orribili. Collaboreremo con la Corte penale internazionale e contribuiremo alla creazione di un tribunale specializzato per giudicare i crimini della Russia”.

“Con i nostri partner, ci assicureremo che la Russia paghi per la devastazione che ha causato, con i fondi congelati degli oligarchi e i beni della sua banca centrale. L’esecutivo europeo nelle prossime ore invierà ai Paesi membri una proposta ad hoc, per permettere che le responsabilità della Russia possano essere giudicate davanti a una Corte”. 

“La Russia – ha detto infine la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen – deve anche pagare per le devastazioni che ha provocato. Si stima che i danni subiti dall’Ucraina siano attorno ai 600 miliardi di euro e gli oligarchi devono risarcire e coprire i le spese per la ricostruzione, e noi abbiamo gli strumenti perché la Russia paghi. Abbiamo bloccato 300 miliardi di euro delle riserve della banca centrale russa e congelato 19 miliardi di euro degli oligarchi russi”.

(fonte ansa e foto ispionline.it)

Il video pubblicato sul profilo twitter di Ursula von der Leyen

Una vera e propria marcia indietro del governo Meloni che, nell’ultima manovra finanziaria, aveva tolto le sanzioni per i commercianti così da non poter avere nessun obbligo ad accettare pagamenti digitali sotto i 60 euro e, dunque, non essere sanzionati. Ma adesso la tirata d’orecchie della commissione europea che ha fatto sentire la propria voce per un provvedimento che di fatto avrebbe obbligato qualsiasi commerciante, a negare la transazione per un caffè o per una piccola spesa. Quindi i cittadini, che nella maggior parte pagano attraverso le carte elettroniche, avrebbero dovuto munirsi di contante per pagare fino a 60 euro.

Un ritorno indietro dopo che l’ex premier Draghi, cancellando qualsiasi tetto alle transazioni, aveva lanciato “l’Opa” nel 2021: “Multe agli esercenti che rifiutano transazioni via Pos”.

“Sul tema delle soglie al di sotto delle quali gli esercizi commerciali non sono tenuti ad accettare pagamenti con carte di pagamento – spiegano da Palazzo Chigi – sono in corso interlocuzioni con la Commissione europea dei cui esiti si terrà conto nel prosieguo dell’iter della legge di bilancio”.

Anche il Codacons aveva mostrato contrarietà al provvedimento: “un colpo di spugna che cancella di netto otto anni di battaglie in favore dei consumatori. Una presa in giro per tutti i clienti che saranno costretti, se vogliono effettuare acquisti e pagamenti, a ricorrere al contante”.

Dunque, un boomerang mediatico per il premier Meloni che adesso dovrà trovare una mediazione, per spegnere sul nascere polemiche che potrebbero ancora di più creare possibili diffidi e fratture con i partner europei. Macron docet…

(foto fonte money.it)

E’ un’analisi drammatica quella che viene descritta nel nuovo report dello Svimez 2022 (Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno), che stima in 760 mila nuovi poveri causati dallo shock inflazionistico (287 mila nuclei familiari), di cui mezzo milione al Sud.

Secondo lo Svimez la colpa sarebbe l’aumento dei beni energetici e alimentari. L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta potrebbe crescere di circa un punto percentuale salendo all’8,6%, con forti eterogeneità territoriali: +2,8 punti percentuali nel mezzogiorno, contro lo 0,3 del Nord e lo 0,4 del centro.

E, quindi, nel 2023 il Mezzogiorno rischierebbe la recessione con un Pil che potrebbe contrarsi fino a -0,4% contro il +2,9% di quest’anno. Il dato medio italiano dovrebbe attestarsi, invece, intorno al +0,5% (3,8% nel 2022). Gli effetti territorialmente asimmetrici dello shock energetico, penalizzando soprattutto le famiglie e le imprese meridionali, dovrebbero quindi riaprire la forbice di crescita del Pil tra nord e sud.

Dati che, comunque, non possono prescindere da un piano di interventi chiari da parte del governo. Infatti, le politiche nazionali dovranno assicurare continuità alle misure contro il caro energia e accelerare il rilancio degli investimenti pubblici e privati, per evitare che la situazione economica diventi ancora più grave e insostenibile.

In particolare in Sicilia dove lo stesso Svimez parla di bassa crescita del Pil per gli effetti dell’inflazione, della situazione precaria e di sviluppo del lavoro. A ciò si aggiunge una fortissima carenza della qualità dei servizi come quelli delle scuole primarie per i bambini e con pochissime occasioni offerte per il tempo pieno. Ma l’elemento centrale rimane sempre la mancanza di lavoro e le mancate politiche per affrontare il problema.

Un quadro, dunque, che mostra sempre più una netta differenza tra nord e sud, non solo dal punto di vista economico, ma anche dell’offerta. Una terra, la Sicilia, con enormi potenzialità territoriali (i luoghi d’arte, il turismo, l’insularità etc. etc.) che, invece, resta ferma al palo rischiando una profonda recessione e un divario incolmabile con il resto del paese.