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Gaetano Càfici

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E’ la miccia è diventata scintilla. Il fiammifero: l’incontro del vicepremier Matteo Salvini con le parti sociali oggi al Viminale. Il leader del Carroccio si è riunito, nella sede del suo ministero, con i rappresentanti di 40 sigle di sindacati e imprese per anticipare la discussione su una manovra “fondata sul sì”.  

“Vogliamo definirne i punti tra luglio e agosto e vogliamo raccogliere i vostri suggerimenti” ha detto Salvini ad apertura dell’incontro. “E’ l’inizio di un percorso, non vogliamo sostituirci assolutamente al presidente del Consiglio”. E poi ha annunciato un secondo appuntamento tra una quindicina di giorni o al massimo entro l’estate. 

“L’obiettivo è che alla riapertura dei lavori parlamentari la manovra possa essere già in discussione. Se serve si lavoreremo a luglio e agosto. Abbiamo esposto i progetti della Lega che ruotano su due punti, un forte taglio tasse per famiglie e lavoratori dipendenti e la prosecuzione della riduzione degli oneri fiscali e burocratici per le imprese. Vogliamo una manovra economica fondata sui sì. Qualsiasi tipo di blocco non è più accettabile e non sarà più accettato”.

Queste ultime parole vengono lette come un ultimatum agli alleati. Come dire: se non passano questi provvedimenti andiamo tutti a casa. E intanto i giorni scorrono e la fatidica data del 20 luglio, linea Maginot per poter andare alle elezioni a settembre, si restringe sempre più.

E la polemica si infuoca con le parole al vetriolo del premier Conte nei confronti di Salvini, reo di essere stato scorretto istituzionalmente: “Se oggi qualcuno pensa che non solo si raccolgono istanze da parte delle parti sociali ma anticipa dettagli di quella che ritiene che debba essere la manovra economica, si entra sul terreno della scorrettezza istituzionale”. E la presenza alla riunione dell’ex sottosegretario Siri, indagato per corruzione, apre un altro fronte. “Il nostro obiettivo – dice Siri – è la flat tax con un’unica deduzione fiscale che assorbirà tutte le detrazioni. Vogliamo portare al 15% l’aliquota fino a 55.000 euro di reddito familiare. Ci saranno benefici per 20 milioni di famiglie e 40 milioni di contribuenti. Ci sarà un grande impulso ai consumi e risparmi per 3.500 euro per una famiglia monoreddito con un figlio. C’è l’intenzione di portare nelle tasche 12-13 miliardi di euro”. 

Ma è proprio Luigi Di Maio a mettere il carico su tutta questa vicenda per la presenza di Siri alla riunione, ribadendo il solito refrain “onestà, onestà”: “Se i sindacati vogliono trattare con un indagato per corruzione messo fuori dal governo, invece che con il governo stesso, lo prendiamo come un dato. Ci comportiamo di conseguenza. Ora ho capito perché alcuni sindacati attaccano la nostra proposta sul salario minimo. Parlino pure con Siri, parlino pure con chi gli vuole proteggere le pensioni d’oro e i privilegi. Hanno fatto una scelta di campo, la facciamo pure noi! Per quanto mi riguarda, basta recite, pensiamo a governare”. 

Non si è fatta attendere la replica di Cgil, Cisl e Uil: “Osservazioni inaccettabili e offensive, nei toni e nella sostanza, nei confronti dei sindacati avanzate oggi dal vice premier Di Maio”.

Governo al capolinea?  A questo punto tutto può accadere. E se la coalizione non dovesse naufragare entro l’estate, sicuramente l’idillio tra Salvini e Di Maio sembra proprio essere ai titoli di coda.

Sembra proprio che il dibattito sulla realizzazione delle nuove linee del tram di Palermo ponga di fatto in essere una nuova disciplina atletica: quella del “rimpallo sincronizzato”. Pensare, infatti, che la priorità della città sia solo e soltanto la posa di qualche linea in più qualche perplessità la desta. Una riflessione che vale per tutto l’arco istituzionale. Intendo maggioranza, opposizione e amministrazione attiva. Ma veniamo ai fatti.

Oggi l’assessore alla Mobilità di Palermo, Giusto Catania ha inviato parole di fuoco ai pentastellati su un tema, quello del Tram, per lui un vero e proprio “mantra”. E anche nelle scorse settimane non si era fatta attendere la reazione del gruppo consiliare “Sinistra Comune” a Sala delle Lapidi (leggete cliccando qui).

“E’ evidente – afferma Catania – che alcuni consiglieri e deputati del Movimento Cinque Stelle stanno cercando in tutti i modi di impedire che Palermo possa avere un’opera strategica per rendere più sostenibile la
mobilità urbana e per migliorarne la vivibilità, confermando di essere nemici della città e della sua vocazione ecologica”.

E aggiunge che gli “argomenti utilizzati per raggiungere questo obiettivo sono ormai noti e ampiamente smentiti, ma evidentemente ripetere in modo ossessivo le bugie rappresenta un modo per costruire le proprie
verità. Il Genio Civile si è già espresso positivamente sulle linee del tram e il progetto definitivo deve essere approvato dal consiglio superiore dei lavori pubblici. Successivamente sarà sottoposto alle verifiche ambientali, così come prevede la legge”.

E anche il primo cittadino era intervenuto pubblicamente alla fine di marzo, parlando di coloro che erano contrari a nuove linee di tram come a dei “nemici del cambiamento che devono rassegnarsi perchè noi non intendiamo arretrare”. Ne avevamo parlato su BloggandoSicilia (cliccare qui per leggere l’articolo).

Ma Catania non si ferma qui e nella nota parla di “corretta procedura seguita per il tram che è stata spiegata più volte ma evidentemente non c’è peggior sordo di chi non vuole ascoltare”.
E parla addirittura “di argomenti già usati dai ricorrenti al Tar”, riferendosi ai comitati civici che avevano presentato il ricorso contro il Comune. “Evidentemente siamo davanti ad un unico ispiratore che non ha
concesso la sospensiva e ha scritto testualmente che il progetto è incontestabilmente incluso nel programma triennnale delle opere pubbliche 2016/2018 e nel programma triennale 2017/2019″. Per concludere affermando che “la città sta vivendo un importante momento di partecipazione, in vista della definizione del Piano Urbano della mobilità sostenibile, e attraverso questa fase di confronto sta emergendo, con forza, la volontà dei palermitani di ampliare la rete tranviaria e di render più capillare il trasporto su ferro nella nostra città”.

Senza voler entrare nel merito della necessità o meno dell’opera, quello che pone qualche “dubbio amletico” è la cosiddetta “volontà dei palermitani”. Su quest’ultimo aspetto in sincerità l’arcano è d’obbligo. A meno che l’assessore non abbia avuto, da parte di ciascun cittadino, magari anche tramite chiamata telefonica, il gradimento a queste tanto famigerate nuove linee del tram. Certo è che chiamare quasi 700 mila palermitani non appare cosa semplice. Se ci è riuscito, tanto di “chapeau”. Altrimenti gli consigliamo magari di “indire” un “referendum”. Saremo qui per pubblicare i risultati.



Si fa sempre più infuocato il clima della campagna elettorale per le europee. Sondaggi a parte sembra proprio, almeno all’apparenza, che le rassicuranti parole che echeggiano da mesi, “tranquilli il governo durerà cinque anni”, siano solo un modo per non dare forza all’opposizione. Sinceramente questa preoccupazione appare soltanto una chimera malgrado l’effetto del “nuovo corso” Zingaretti abbia in qualche modo dato fiato ad un Pd in “coma etilico”.

E le parole del vicepremier Matteo Salvini nei confronti di Di Maio sono lo specchio di un equilibrismo politico tutto pendente dalla parte del segretario leghista. Come dire che lui tutto può su un tavolo da gioco dove fare all-in sembra essere davvero uno scherzo.

“Io lavoro e rispondo col lavoro, con i fatti. Questa gente che cerca fascisti, comunisti, nazisti, marziani venusiani. I ministri sono pagati per lavorare ed io lo sono per mantenere ordine pubblico e sicurezza”. Parole più che sibilline quelle di Matteo Salvini che senza inerpicarsi tanto ha risposto alle “preoccupazioni” del vicepremier Di Maio per le alleanze europee della Lega con chi nega l’olocausto, i cosiddetti negazionisti.

E ha continuato calando un poker d’assi contro un tris “scarso” di Di Maio. “Mi piacerebbe che tutti i ministri avessero la stessa concretezza sbloccando cantieri, facendo ripartire opere pubbliche. Se, invece, di polemizzare si lavorasse di più l’Italia sarebbe un paese migliore”.

“Anche in queste ore una nave ong che stava arrivando in Italia ha cambiato indirizzo e sta andando da un’altra parte. Ciò vuol dire che l’Italia difende i suoi confini”.

E infine un chiaro riferimento, anche rispetto a ciò che è accaduto a Torre Maura a Roma. “Il nostro obiettivo è entro la fine del mandato zero campi rom, ovunque, da nord a sud come tutti gli altri paesi europei”.

E se sulle europee ha detto che “non saranno la prova del nove per questo governo, ma il cambiamento dell’Europa, finalmente”. A noi qualche legittimo dubbio rimane anche perchè quattro anni sono un tempo lunghissimo e il rischio di logoramento per Lega esiste. Oggi fa dappertutto all-in ma se domani avesse in mano soltanto una “doppia coppia?”. Perchè le carte sul tavolo girano, girano, girano e, comunque, la sfortuna nel “gioco” la devi mettere sempre in conto. “Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia…” diceva De Gregori, anche se il cantautore parlava di altra disciplina atletica.

Salvini è stato “salvato” a maggioranza assoluta con 232 no dall’aula di Palazzo Madama, che ha respinto l’autorizzazione a procedere sul caso della Diciotti.

Il presidente della giunta per le immunità Maurizio Gasparri ha espresso il proprio compiacimento per l’esito del voto. “Visivamente si deduce che la mia proposta contro l’autorizzazione a procedere è stata accolta. Le lucette verdi erano largamente di più”. Un risultato sicuramente scontato che era stato però “funestato” dalla polemica di ieri sulla vicenda della nave “Mare Jonio” che trasportava a bordo 49 migranti salvati in mare.

Ma qualche voto contrario c’è stato da parte di esponenti dei cinquestrelle. Le senatrici Paola Nugnes e Elena Fattori hanno annunciato in Aula il proprio voto favorevole all’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini. “I diritti dei umani – ha detto Nugnes – sono stati compresi e non c’è visione politica che possa fare leva sul diritto di terzi”.

E superato anche questo ostacolo il leader della Lega e vicepremier Salvini potrà tranquillamente continuare la lunga corsa verso le europee sperando di fare all-in in un tavolo da gioco che, alla luce dell’arresto di Marcello De Vito (M5S), presidente dell’assemblea capitolina, accusato di corruzione, lo rafforza, indebolendo di fatto i cinquestelle che sull’onestà hanno costruito la loro immagine.

Non si ferma il muro contro muro tra il sindaco Orlando e il ministro dell’Interno Salvini. Il primo cittadino di Palermo ancora una volta si oppone alle disposizioni, contenute nel decreto sicurezza, che non permetterebbero ad un Comune di iscrivere all’anagrafe gli stranieri in possesso di un permesso di soggiorno.

Questo pomeriggio Orlando ha firmato, invece, nuovi provvedimenti anagrafici con i quali autorizza la Polizia Municipale alla prosecuzione dell’iter di iscrizione anagrafica richiesta da alcuni cittadini stranieri presenti a Palermo. Salgono così complessivamente a 60 i provvedimenti di questo tipo firmati dal Sindaco nelle ultime settimane.

Una sfida con tanto di “sciabola” bianca contro Salvini che su questo tema è impegnato da mesi a costruire una vera e propria macchina di consenso elettorale.

Ma Orlando pone il problema della questione definendo il quadro complessivo come di “evidente difficoltà interpretativa, a seguito del conflitto fra norme tutt’ora in vigore”.

“Nel testo del provvedimento – aggiunge Orlando – si legge, infatti, che ‘se le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani, se la dimora dello straniero si considera abituale raggiunti i tre mesi di ospitalità in un centro di accoglienza, se la dimora abituale è fondamento della residenza e se, infine, è fatto obbligo ad ognuno di chiedere la iscrizione nell’anagrafe del Comune di dimora abituale, ne deriva che tale iscrizione risulterebbe doveroso sia chiederla che ottenerla (ove non esistano altri elementi ostativi a seguito delle verifiche di legge), anche utilizzando documenti differenti da quello del permesso di soggiorno, ma ugualmente idonei ad attestare la regolarità del soggiorno medesimo per le finalità anagrafiche’.

Inoltre, secondo Orlando, il Sindaco è obbligato dalla legge a “soppesare in modo ponderato gli interessi pubblici e privati emergenti, essendo per altro il rispetto e la garanzia di questi ultimi una parte essenziale della costruzione di condizioni di legalità e sicurezza per la comunità locale”.

Quindi alla luce di questa forzatura da parte di Orlando non si farà attendere la reazione di Salvini che nei mesi scorsi (noi di Bloggandosicilia ne avevamo ampiamente parlato), aveva replicato ad alcuni suoi attacchi sulla stampa. In fondo al 26 maggio manca poco e le europee saranno decisive per i futuri equilibri politici.

Sul caso della nave “Diciotti” Matteo Salvini tira dritto confidando non solo nel voto del M5S “ma dell’intero Senato, perché qui non è in discussione un reato ma il fatto che un governo possa esercitare i poteri che gli italiani gli conferiscono”. E continua affermando: “Non sono pagato per i se, i forse, i ma”. Forte anche del sostegno del premier Conte, che ha assunto su di sè la responsabilità della vicenda.

“C’è tempo”, dicono fonti grilline. “Ascolteremo prima le parole di Salvini, poi leggeremo la memoria di Conte, Salvini e Di Maio. E valuteremo”. Il M5S, dunque, appare prudente sulla linea da tenere nella Giunta delle immunità del Senato in merito all’autorizzazione a procedere nei confronti del vicepremier Matteo Salvini. Quindi la storia sembra essere proprio cambiata. E il cambio di rotta sembra già su carta, stando almeno a quanto emerso nella riunione tenutasi, ieri in tarda serata, tra Di Maio e i senatori della Giunta.

Ieri mattina, infatti, era stato il senatore siciliano Michele Giarrusso,
capogruppo del M5S in Giunta, il deposito di una memoria per spiegare come “sul caso Diciotti ci sia stata una decisione che coinvolge tutto il governo, con responsabilità anche di altri ministri e del presidente del Consiglio stesso”. Poi emergono le prime ricostruzioni di una riunione riservata voluta da Di Maio e svoltasi, a quanto pare, in un’abitazione privata. Tutto ciò a conferma che qualcosa, sulla linea da tenere, è cambiato, e che si vira verso il no all’autorizzazione a procedere, evitando il processo a Salvini.

“Il quesito posto alla Giunta è chiaro: verterà infatti sull’esistenza di un interesse superiore compiuto nell’esercizio di governo o se il ministro abbia agito come privato cittadino per i suoi interessi”. Ed è questo che ora i grillini sperano di far comprendere alla base ma anche a un gruppo parlamentare lacerato dalle divisioni interne. “È chiaro – il ragionamento emerso nel corso della riunione – che se fosse stato corruzione o peculato lo avremmo mandato subito a processo. Ma si tratta di un’altra questione, e per di più senza precedenti: mai si è stati chiamati a legittimare un’azione di governo davanti ai giudici”.

Il problema vero, almeno nei palazzi e tralasciando la questione – non da poco – di una base in agitazione, è convincere la parte del Movimento, quella più vicina a Roberto Fico. “Va fatta una riflessione tecnica all’interno della Giunta, ma se il caso andrà in Aula, noi voteremo assolutamente sì. Il M5S non ha mai negato il processo a un politico”, ha dichiarato il sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia, ai microfoni di ‘Circo Massimo’.

Ma anche tra i ‘duri e puri’ comincia a farsi strada qualche dubbio. Un ortodosso della prima ora che martedì in una chat interna scriveva convinto “la linea non cambia. Punto. Altrimenti esplode il M5S”, si lascia sfuggire: “Mah, non è una classica autorizzazione a procedere per l’immunità. Non è un voto salva casta. Ma va spiegata…”. Intanto Fico tace ed evita di prendere posizione al riguardo, anche, viene spiegato da chi gli è vicino, per rispetto istituzionale, visto che ci sarà un voto in giunta e poi, forse, in Aula.

Perché anche se la Giunta decidesse di non autorizzare la magistratura a procedere, il regolamento di Palazzo Madama prevede comunque la possibilità di un voto dell’Aula: basta che a chiederlo siano 20 senatori. E’ il malcontento, nel Movimento, cresce. Nonostante ci sia chi, non ultimo Alessandro Di Battista, stia cercando di coinvolgere quanto più il gruppo, sentendo anche le seconde file sul caso Diciotti e sulla strada da intraprendere per uscire da questa impasse.

Alla fine siamo certi che l’autorizzazione verrà negata perchè di fare un favore a Salvini, in termini di ricaduta di consenso elettorale, i grillini non ne hanno voglia. Se si considera che gli ultimi sondaggi li danno in discesa e il loro cavallo di troia, ossia il reddito di cittadinanza, è davvero una scatola chiusa.

Ad alzare il tiro contro il primo cittadino, dopo l’attacco frontale del M5s che aveva chiesto nuovamente le dimissioni del sindaco Orlando, in seguito alla bocciatura dei revisori dei conti del Comune del bilancio 2017, questa volta non è l’opposizione, ma Giusto Catania di Sinistra Comune.

Dunque, “fuoco amico” contro il primo cittadino che continua ad essere accerchiato. Il capogruppo di Sinistra Comune, parla di “campanello d’allarme da non sottovalutare per un testo molto articolato che necessita di un approfondimento nel merito. E’ necessario un vertice di maggioranza perchè non possiamo fare finta di niente”.

E va giù pesante affermando che “sarebbe ipocrita non evidenziare che la relazione presenta diverse criticità che meritano una riflessione politica complessiva sullo stato di salute e sulla capacità progettuale del Comune di Palermo”.

Né più e né meno un dichiarazione di guerra, più che un consiglio, che prelude ad un’anticipazione di campagna elettorale, sebbene la scadenza naturale del Sindaco, parliamo del 2022, sia ancora lontana. Anche se tra i boatos si parla di una candidatura di Orlando alle europee come via di fuga. Ne avevamo parlato proprio su BloggandoSicilia con questo articolo che potete leggere cliccando qui.

E continua ancora Catania: “Serve un colpo di reni e il parere negativo dei revisori dei conti può essere uno spunto per rimettersi in cammino e per rendere irreversibili gli elementi di trasformazione della città che, purtroppo, nell’ultimo anno sembrano scomparsi dall’orizzonte.”

“Chiedo una riunione improcrastinabile tra il sindaco Leoluca Orlando e la sua maggioranza per analizzare, fino in fondo, le difficoltà dell’attuale fase politico-amministrativa e per elaborare le necessarie soluzioni per ridare slancio ad una esperienza che rischia di impantanarsi”. 

Quindi una bocciatura in toto dell’amministrazione comunale questa volta non dall’opposizione, ma da quel pezzo di maggioranza che, sebbene non sia parte attiva della giunta, ha sostenuto il professore nella campagna delle comunali del 2017. La presa di distanza è un segnale fin troppo chiaro, nel tentativo di smarcarsi dall’attuale gestione di Palazzo delle Aquile, tentando di ritornare sulla scena politica cittadina dove soffia il vento giallo-verde.

Reazioni.

Dichiarazione di Barbara Evola (Presidente Commissione bilancio).
“Il parere dei revisori dei conti è giunto ieri pomeriggio, la Commissione Bilancio analizzerà con grande scrupolo il testo e convocherà per il prossimo mercoledì l’assessore al bilancio, Antonio Gentile, e il ragione generale Bohuslav Basile. Non possiamo perdere tempo, incombe lo spettro del commissariamento ed è necessario che siano esplicitate i tempi delle misure correttive da adottare per superare le numerose criticità rilevate dai revisori dei conti.
La Commissione bilancio farà la sua parte, come sempre, ma occorre che siano chiare le strategie da attuare per mettere in sicurezza la città e i suoi investimenti futuri.”

 

 

 

In politica piaccia o non piaccia ma a vincere sono sempre i numeri. E la provocazione del M5S a Sala delle Lapidi, che ha annunciato la presentazione di una mozione di sfiducia, nei confronti del sindaco Orlando, non può che leggersi come tale. Anche l’effetto mediatico della foto di un cartello con la scritta “Orlando al capolinea …del tram. Ri-mozione subito!”, dà il senso di come tale operazione sia soltanto effimera e non produrrà alcun effetto. Anzi consoliderà Orlando che potrà tranquillamente continuare a dormire sogni tranquilli, in quanto da sempre ha fatto affidamento al voto trasversale, anche da alcuni consiglieri dei banchi dell’opposizione, se questi dovessero servire per scongiurare un voto a lui sfavorevole.

La richiesta dei pentastellati è scaturita dall’assenza, in consiglio comunale, del primo cittadino che doveva rispondere sui conti dell’Amat. L’azienda di via Roccazzo è al centro di polemiche relative ai crediti, circa 30 milioni di euro, che Orlando avrebbe richiesto di cancellare così da non pesare sulle casse già esigue del Comune. Di fatto l’Amat non riceverebbe più questi soldi.

Ma ritorniamo al fatto incriminato e cioè alla mozione di sfiducia. Basta appena fare un pò di conti e considerare che essendo 40 i consiglieri comunali seduti a Palazzo delle Aquile e di questi più della metà sono di fatto “maggioranza”, non si capisce come, da un ipotetico cilindro, dovrebbe uscire approvata una mozione di sfiducia, sempre che venga considerata ammissibile. E  considerando, anche, che la legge prevede il 60 per cento più uno dei consiglieri, il limite per sfiduciare Orlando, i numeri stanno dalla parte del professore.

Quindi potremmo dire: abbiamo scherzato. Ma così non è perchè, ovviamente, i cinquestelle fanno il proprio lavoro, quello dell’opposizione e, certamente, non possiamo pensare in un gesto ingenuo o anche molto di più: immaginare che parte dei consiglieri, critici sulla carta ma non sulla tasca, vogliano andare a casa solo per il gusto di silurare Orlando. Perchè questo, oltre ad essere  puro masochismo è, anche, pura utopia.

 

Una mia riflessione datata 2015. E anche se sono passati 3 anni nulla è cambiato se non la #chiusuradeiporti.

Continua inarrestabile, nell’indifferenza di un’Europa vergognosamente silenziosa, l’onda di morte dei tantissimi migranti che cercano un approdo di vita sulle coste della nostra isola. A loro si uniscono come figure apparentemente “salvifiche” quei “mercanti di morte”, che altro non sono se non dei veri e propri “Caronte”, pagati per trasportare queste anime disperate e corrieri di vere e proprie organizzazioni criminali.

Intanto, da sempre, assistiamo alla passerella dei grandi governanti, che da Bruxelles tracciano, come professori d’eccellenza, le linee guida per un’Europa “che deve essere capace di dare slancio alle economie degli stati membri”. Le solite parole in libertà, che ritornano utili per fare demagogia, ma che di fatto non servono a nulla.

Per il resto non mi è sembrato di ascoltare riferimenti alla questione sbarchi! In fondo la cara Merkel, essendo geograficamente lontana da quei luoghi, che forse visita soltanto quando è in vacanza, non ha alcuna intenzione ad affrontare un tema così politicamente poco conveniente. Immaginate un centro di “accoglienza” a Berlino come quello di Lampedusa! Sarebbe troppo condividere questo dramma?

E poi con un governo debole come il nostro, assolutamente genuflesso alla Germania, anche eventuali provocazioni, che non ho né visto né sentito, sarebbero soltanto una cartina di tornasole. La sensibilità di questi pseudo leader è oserei direi algebrica. Le parole di Renzi, che chiese la convocazione del Consiglio europeo, sono assolutamente inique. Talvolta servono i fatti. Gli statisti sono tali per il coraggio delle scelte e, al di là dell’evento in sé, quello per esempio, della crisi di Sigonella (allora era Craxi, il presidente del consiglio dei ministri) diede dell’Italia un’immagine di un Paese con la schiena dritta. Ma allora esisteva la politica, ovviamente con i dovuti distinguo. Oggi vediamo soltanto un presidente del Consiglio che va in America a fare “jogging”.

Ma ritornando a cose serie, non possiamo non ricordare il grido di dolore lanciato dal Papa a Lampedusa, che rimase inascoltato. Parole dure le sue: “immigrati morti in mare, da quelle barche che, invece di essere una via di speranza, sono state una via di morte. Risvegliamo le nostre coscienze, perché ciò che è accaduto non si ripeta, non si ripeta per favore”. E, invece, si è ripetuto, manifestando il proprio dolore: “loro cercavano solo la felicità”.

Se, dunque, non si è capaci di ascoltare il Capo della chiesa, come si può pensare di fare dell’Europa un luogo di accoglienza, al di là delle carte geografiche? Siamo condannati ad assistere a quello che, inevitabilmente, diventerà un “letto di morte” senza fine, mentre l’Europa, ribadisco, rimarrà indifferente e vergognosamente silenziosa.

E ritornando ai giorni nostri, proprio oggi il ministro dell’Interno Salvini ha preso una posizione netta: “L’Italia ha smesso di chinare il capo e di ubbidire”, coniando un “mantra” sui social: con annesse e connesse polemiche.

 

“La Rap rischia davvero il default. Un’azienda fragilissima che ha soltanto 10 milioni di euro di capitale sociale  e che dal 2017 è senza consiglio di amministrazione, quindi senza guida politica”. Ferrandelli, capo dell’opposizione a Sala delle Lapidi interviene in consiglio comunale, dove si è affrontato il nodo delle partecipate e in particolare della Rap. Tema che negli ultimi giorni è stato al centro di un duro dibattito d’Aula.

“Noi non vogliamo cadere nel precipizio con  voi e non mi sento rassicurato. I dubbi serpeggiano, manca anche oggi il presidente del consiglio comunale e nessuno garantisce la tenuta di questa AulaQuando si vuole votare un bilancio le ragioni non potete sostenerle perchè non sono sostenibili e il Sindaco, come sempre, non è presente e delega a soggetti che certamente sono previsti per legge, ma non possono essere interlocutori politici”. 

E continua riferendosi al bilancio consolidato: “Magari troverete una volta la ragione dei numeri a 16 per approvare il bilancio, ma non quella della città, sempre sporca e senza servizi. Per non parlare della situazione dell’Amat, in cui immagino sempre il volto corrucciato del presidente dell’azienda che non sa come trovare i 9 milioni di euro per farla sopravvivere”.

Una situazione molto complessa, alla quale si aggiunge il nodo dei 40 milioni di crediti che la Rap avanza dal Comune. Un debito che sarà difficile poter onorare da parte di Palazzo delle Aquile, anche se il vero nodo rimane quello dei disallineamenti delle partecipate. E a questo si lega anche il presunto rimpasto di governo cittadino e delle nomine che ne conseguirebbero. Orlando sicuramente sta temporeggiando, malgrado abbia annunciato tempi celeri per la nuova squadra. E sicuramente anche questa è una strategia, in attesa che il 2018 passi in fretta e  arrivi il 2019 quando le campane delle europee potrebbero “suonare a festa”.