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Gaetano Càfici

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“Non vedo l’ora che passi la campagna elettorale così finalmente potremo avere un Ministro dell’Interno. Perché non è normale che dall’inquilino del Viminale non venga una, che sia una parola di condanna per un omicidio a sfondo razziale, ma anzi altre parole di incitamento all’odio e alla divisione. Forse, passata la campagna elettorale, Salvini scoprirà che al di là dei proclami la sicurezza di una comunità e di una nazione è cosa più seria e complessa del continuo additare un nemico, anzi un unico gruppo sociale quale nemico”.

E’ il commento del sindaco Orlando che attacca il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che avrebbe preferito il silenzio sull’omicidio di un uomo di 29 anni originario del Mali, Sacko Soumayla, con regolare permesso di soggiorno, ucciso da una fucilata alla tempia. Il fatto è accaduto la sera del 2 giugno, a San Calogero, in provincia di Vibo Valentia.

Secondo il racconto di uno dei sopravvissuti, Drame Madiheri, 39 anni, a sparare sarebbe stato un uomo sceso da una Panda bianca che ha preso la mira sparando quattro colpi: Drame Madiheri ha anche visto la persona che ha sparato, era piuttosto anziano, bianco, e ha individuato le prime due lettere della targa della sua auto.

E adesso la polemica è bella e servita, in un quadro politico dove, sulla vicenda dei migranti, la Tunisia è stata anche coinvolta. Salvini, infatti, nella qualità di ministro aveva detto, a proposito del paese africano che “spesso esporta galeotti”. Dichiarazione smussata dall’ambasciatore. E Salvini intervenendo direttamente ha dichiarato di essere “pronto a incontrare il ministro tunisino per migliorare la cooperazione”. L’incidente diplomatico, almeno per adesso, è stato messo in sicurezza.

“L’Amat dall’inizio del 2018 ad oggi è in perdita di 3 milioni di euro. E adesso rischia realmente lo stato di insolvenza e il fallimento se non si interverrà in tempi rapidi, mentre l’amministrazione comunale, con le sue condotte acefale e in assenza di pianificazione, sembra volere determinare proprio questo stato”.

Ugo Forello, capogruppo consiliare dei cinquestelle, attacca nuovamente il Comune sul versante delle partecipate, proprio nei giorni della discussione in consiglio comunale del bilancio consolidato, nel corso della riunione che si è svolta oggi tra la I e la III commissione consiliare.

“E’ anche emerso, in modo ancora più palese, lo stato di abbandono e di crisi in cui si trova l’azienda di via Roccazzo e il probabile contenzioso fra la stessa partecipata e il Comune sui circa 9 milioni di euro disallineati. Infatti la proposta di bilancio predisposta dal consiglio di amministrazione – conclude Forello – è stata inviata, inoltre, al socio Comune di Palermo, con una perdita di esercizio di circa 6 milioni e 400 mila euro e inserendo fra i crediti dovuti i 9 milioni di euro di cui il Comune ha preteso la cancellazione”.

Una situazione sempre più complicata, sia a livello politico che di tenuta delle aziende anche se il sindaco Orlando, ne  abbiamo parlato su BloggandoSicilia, aveva rassicurato in consiglio comunale, parlando di “conti messi in sicurezza”. Non rimane, dunque, che aspettare la chiusura della discussione generale del bilancio consolidato in aula e poi passare alla conta dei numeri per vedere se, la maggioranza (trasversale) di cui Orlando può fare affidamento reggerà o se il mutato quadro politico nazionale entrerà a gamba tesa anche a Sala delle Lapidi. Come dire: i passaggi di casacca sono prossimi e gli equilibri politici  in consiglio comunale, potrebbero subire un vero e proprio movimento tellurico.

 “Noi siamo assolutamente contrari a qualsiasi forma di privatizzazione dei servizi locali. La scelta del bilancio consolidato determina un punto di non ritorno che è quello della messa in sicurezza  del sistema delle partecipate e impedisce, come è successo nel passato, la possibilità che qualche azienda municipalizzata possa fallire e fallendo possa aprire la porte a speculazioni private”.

Il sindaco Orlando interviene in consiglio comunale sulla discussione del bilancio consolidato che l’aula sta affrontando e che dovrebbe approvare. E’ da tempo che il professore è sotto “attacco”, per i conti in rosso del Comune e delle partecipate, mosso dall’opposizione. Ne abbiamo più volte parlato su BloggandoSicilia.

“Abbiamo deciso di mettere in sicurezza il sistema delle partecipateha ribadito Orlandoed affrontare il problema dei disallineamento dei conti che nel 2012 erano di 240 milioni di euro e che, oggi, si è ridotto a 42 milioni. Queste somme verranno assorbite con il bilancio di previsione e la possibilità di spalmarle nei prossimi anni senza che questo incida sui conti delle stesse aziende”.

Orlando, dunque, descrive una situazione rosea ma certamente l’iter del bilancio consolidato a Sala delle Lapidi non sarà una passeggiata.  La stessa Corte dei conti aveva espresso delle perplessità. Per non parlare delle osservazioni amministrativo-contabili contenute nel MEF, che gli ispettori del ministero della Finanza avevano rilevato (cliccando qui potete leggere la relazione di pre-dissesto).

Una situazione che vedrebbe piombare il Comune, che conta oltre 7 mila dipendenti, in un baratro da ripercussioni inimmaginabili. E speriamo che le “parole” rassicuranti del primo cittadino, non siano solo un atto dovuto.

 

“Di Maio riapre? Non siamo al mercato, al voto anche subito, il prima possibile, ma non a fine luglio”. Così Matteo Salvini, leader della Lega, mette un pietra che potremmo definire “tombale” su una possibile riapertura dei giochi di un governo M5S-Lega che, nelle ultime ore, Luigi Di Maio ha caldeggiato.

La strategia di Salvini è chiara dato che i sondaggi danno la Lega addirittura al 27 per cento, quasi ad un passo dai cinquestelle. Quindi sembrerebbe che l’effetto Savona abbia pagato in qualche modo, anche se di numeri virtuali si parla. 

“Noi abbiamo provato a fare un governo, ma a Mattarella non va mai bene” – dice Salvini  parlando con i commercianti al mercato di Pisa, come riportato oggi da La Stampa.it -. “Non può dire no a quel ministro (riferendosi ovviamente a Savona) perché è critico con l’Europa. Allora che cosa andiamo a fare? Allora ti arrendi. Il presidente ci spieghi come si esce dall’impasse”.

“Anche io voglio un governo votato dal popolo, siamo alleati con chi sostiene il nostro programma”. E conclude annunciando che la “Lega domenica sarà in tutte le piazze italiane per chiedere l’elezione diretta del presidente della Repubblica, tanto fa quello che vuole lo stesso e allora tanto vale che lo eleggano i cittadini”.

Invece dalle parti del Quirinale, Carlo Cottarelli, il premier incaricato si è recato, questa mattina, da Mattarella, ma sembra che tutto sia in una fase di stallo. Nessuna dichiarazione e con il sospetto che un’eventuale formazione di governo sia una “mission impossible”. Così come un improbabile governo Lega e M5s che, rispetto alle dichiarazioni di Salvini (vedi sopra), sia ormai morto e sepolto. Anche se sembrerebbe emergere la “possibilità di un governo politico”, come lo stesso Cottarelli ha fatto trapelare, sul quale ovviamente in molti non scommettono.

La nostra impressione, che nelle prossime ore potrebbe essere certezza, è che le elezioni sarebbero l’unica via di uscita dal limbo. E non è escluso che Salvini possa trovare un accordo con Berlusconi, riuscendo così a mettere a tappeto tutti e diventare leader indiscusso del centrodestra. Ai grillini non resterà che fare il “processo” a Di Maio e sostituirlo con Di Battista che ha, anche, annunciato di volersi ricandidare.

 

 

 

Oggi il premier designato, Giuseppe Conte, non andrà da Mattarella e se ci andrà, sicuramente non per portare la lista dei ministri. Sembra proprio che la “quadra” sul governo sia ancora in alto mare. Oltre al nodo Savona al Tesoro, che di fatto sta creando una vera e propria incrinatura nei rapporti con il Quirinale, Salvini e Di Maio sono alle prese con le altre deleghe. Almeno otto i dicastri sui quali non si è raggiunto l’accordo, anche se lo stesso Conte ha gettato acqua sul fuoco. Ma a decidere, ovviamente, non è lui.

E in tutto questo giunge puntuale la “tempesta perfetta” da Piazza Affari. Oggi pomeriggio nella piazza milanese a  soffrire sono stati i titoli i bancari, con un serie di sospensioni e perdite pesanti che riguardano il Banco Bpm, Fineco e Mps. Per non parlare dello spread che, mentre scriviamo, sarebbe giunto alla soglia dei 217 punti. Quindi mercati ballerini che risentono dello stallo della formazione del governo.

Si era detto che Conte tra martedì e mercoledì sarebbe potuto andare alle Camere per chiedere la fiducia. Ma sembra proprio che i tempi siano destinati ad allungarsi notevolmente e, questo, potrebbe essere un elemento ancora più destabilizzante quando la borsa riaprirà battenti lunedì prossimo.

Infine, nei corridoi di Montecitorio, come riportato, oggi, dall’Huffinghton Post alla domanda rivolta a esponenti leghisti e pentastellati, “quanto durerete”, la risposta è stata sempre la stessa: se le cose si mettessero male e il governo fosse costretto all’immobilità dalle circostanze o dalle ostilità, il momento di fermare tutto e tornare al voto sarebbe proprio l’indomani del voto europeo”.

Uno scenario non poco ortodosso che fa anche immaginare un accordo “segreto” tra le due forze politiche (LegaCinquestelle) che hanno vinto le elezioni, con la speranza di giocarsi la carta, in chiave elettorale, per battere “banco”, gridando al complotto, e ritornare alle elezioni, secondo loro, per “stravincere”.

Una sorta di “contratto a tempo determinato”, come lo definisce il giornale dell’Annunziata, che secondo noi, invece, sarebbe già stato firmato a “margine” di quello ufficiale e doverosamente messo sotto chiave.

Aggiornamento ore 22.00

E un’ora fa Matteo Salvini, ha postato un messaggio su FB:  “Sono davvero arrabbiato” e sul quale c’è anche il “mi piace” di Luigi Di Maio. La reazione di Salvini allo stallo sul nome di Paolo Savona, che vorrebbe ministro del Tesoro. Adesso il rischio che il governo possa cadere, prima di nascere, è reale.

Alla fine il consiglio comunale, con un voto unanime, ha detto No alla possibilità di realizzare un “centro” per  440 migranti allo Zen. La Regione siciliana aveva nominato un commissario che doveva procedere ad avviare l’iter subito dopo che Sala delle Lapidi si fosse pronunciata con un voto positivo. E la risposta a Palazzo d’Orleans è arrivata, anche se la Regione potrebbe impugnare il provvedimento. A Palermo, quindi, non si costruirà alcun spazio dove ospitare i migranti.

Le reazioni

 Il sindaco Orlando. “Questo è un progetto contrario al nostro modello di accoglienza perché inizialmente doveva essere un luogo per migliorare e rendere più confortevoli le procedure di identificazione dei migranti che arrivano al porto. Invece, leggendo il progetto si tratta di una struttura che di fatto si trasformerebbe in un luogo di raccolta di migranti e quindi di un hotspot. Inoltre si tratta di un’area vincolata. E posso confermare che a Palermo non sorgerà alcun hotspot. Ne allo Zen né altrove. Siamo pronti a fare ricorso alla giustizia amministrativa”. 

SinistraComune. L’hotspot è un non luogo che fabbrica non persone. La nostra è la città dell’accoglienza, come sintetizza la Carta di Palermo a proposito di principi come la libera circolazione e la cittadinanza di residenza. L’hotspot elimina i diritti fondamentali delle persone, criminalizzando e privando della libertà  chi ne varca la soglia. E’ uno spazio che viola i diritti degli esseri umani,  estraneo all’ordinamento giuridico. E’ anche  uno scempio urbanistico: sette milioni di euro per costruire una baraccopoli in un bene confiscato alla mafia. La battaglia si sposta alla Regione e siamo sicuri che il sindaco Orlando si batterà con noi  in tutte le sedi in cui sarà necessario contro provvedimenti che non rispettano la volontà dei territori e negano i diritti umani”.

Cinquestelle. “Siamo soddisfatti per la decisione presa dall’Aula su un’opera invasiva e costosa, sbagliata nella concezione, nel metodo e nel progetto. Ribadiamo che per il MoVimento 5 Stelle i diritti umani vengono prima di tutto e per questo il nostro dovere istituzionale era di dire no all’istituzione di un hotspot a Palermo non riconoscendolo come strumento adatto per accogliere e aiutare i migranti. Oltretutto la scelta dello ZEN non garantisce alcun rispetto per le esigenze di un quartiere che ha bisogno necessariamente di altro. Questa soluzione ipotecherebbe per sempre il riscatto di un quartiere in cui i politici tutti hanno fallito. L’unica nota positiva di oggi, oltre all’unione d’intenti dell’intero consiglio su questo tema, è stata la presenza del Sindaco assente che in Aula non si vedeva da fine 2017 e che sembra scappare dalle sue responsabilità: dall’emergenza rifiuti, ai debiti del Comune e delle partecipate, a un’emergenza sociale con una Palermo sempre più povera e distante dalle esigenze dei cittadini”.

Fabrizio Ferrandelli. “Appartengo a una cultura in cui i diritti riguardano ogni essere umano, come declama la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Non facciamo propaganda sull’accoglienza, quando ancora a Palermo uomini vivono in strada, lungo corso Vittorio Emanuele, via Maqueda, in piazza Sturzo, o ancora famiglie sono costrette a occupare le grotte sotto Villa Trabia, o quando migliaia di famiglie sono in emergenza abitativa, pensiamo alle comunità per minori, stranieri e non che rischiano la chiusura per i ritardi di mesi nei pagamenti… Se si parla di accoglienza, bisogna farla a 360 gradi, e non per slogan”.

Sabrina Figuccia (Udc). “Non accetto l’atteggiamento di chi sciorina belle parole in aula all’insegna dell’accoglienza e dell’uguaglianza, scomodando la storia, magari per rendere più interessante il proprio intervento denso di inutile retorica e non lo accetto ancor di più da parte di un Sindaco che pur avendo in tasca la tessera del pd continua a dichiararsi del partito dei palermitani. Proprio al Sindaco ho detto oggi in aula che prima vengono i palermitani, soprattutto rispetto a chi oggi da clandestino arriva nel nostro paese e vi soggiorna serenamente in violazione delle nostre leggi. Un principio quello del rispetto della legge, che questa volta si, rimanda all’uguaglianza. L’uguaglianza che chiedo a gran voce per tutti quei palermitani che ogni giorno pagano le tasse e rispettano le leggi del nostro paese, pur essendo privi di servizi essenziali, soprattutto in quartieri periferici come lo zen, dove qualcuno vorrebbe creare una nuova tendopoli”.

Andrea Mineo (Forza Italia). “Forza Italia compatta in aula vota favorevolmente al respingimento dell’atto deliberativo che istituisce l’hotspot. La prossima settimana parteciperemo al tavolo istituito presso l’assessorato al Territorio per formalizzare le nostre proposte. Spiace constatare l’ormai cronica assenza della maggioranza che anche su questo atto deliberativo dimostra la sua fragilità”.

 

“Sarà bene ricordare, adesso che Mattarella ha dato l’incarico a Conte, che le pesanti sgrammaticature lette in questi giorni sul ruolo del capo dello stato sono indice di profonda ignoranza istituzionale, prima ancora che pesanti gaffe politiche, potenzialmente molto controproducenti”. Enrico Mentana, con un post sulla sua pagina facebook, interviene questa mattina, sulla situazione politica all’indomani dell’incarico di Mattarella all’avvocato Giuseppe Conte, e in particolare attaccando il grillino, Alessandro Di Battista, che ieri aveva “bacchettato” il Capo dello Stato.

“Lo so che è molto più facile scrivere ‘viva il cambiamento’, è il sentimento che ha sempre chi subentra, con le sue speranze e il suo entusiasmo – scrive Mentana nella parte finale del post. – Ma le istituzioni sono come le case, le mura perimetrali non cambiano col cambio degli inquilini. E il post di ieri di Alessandro Di Battista mi ha ricordato, quasi alla lettera, dichiarazioni e articoli dei nuovi di 24 anni fa contro il capo dello stato. Andate a vedere…”

Di Battista, come si può leggere su FB, si era rivolto a Mattarella con toni poco ortodossi, parlando addirittura di un Capo dello Stato “intimorito e avvocato difensore di chi si oppone al cambiamento”.

“Un governo capace soprattutto di ristabilire un principio sacrosanto in democrazia: il primato della politica sulla finanza. Mi rendo conto – afferma Di Battista – che ristabilire questo principio possa far paura a qualcuno ma non dovrebbe intimorire chi ha l’onore di rappresentare l’unità nazionale. Il Presidente della Repubblica non è un notaio delle forze politiche ma neppure l’avvocato difensore di chi si oppone al cambiamento. Anche perché si tratterebbe di una causa persa, meglio non difenderla”.

Uno scontro che, sicuramente, è un piccolo assaggio di ciò che sarà il neo governo Lega-M5S. E con un sguardo sui mercati internazionali e la Ue che per adesso tacciono e attendono. Pe non parlare dell’avvocato Conte che nel suo ruolo di “tecnico”, perchè questo è,  dovrà muoversi su un terreno minato, ma soprattutto in un ambito nel quale la sua contrattualità è pari allo zero. Non dimenticando che, in tutto questo, Mattarella siamo sicuri rimarrà arbitro attento, ma anche guardalinee. Mi sarebbe piaciuto, invece, immaginare di vedere Cossiga o Scalfaro in quel ruolo. E la storia scritta sarebbe stata sicuramente un’altra.

Questa volta i cinquestelle hanno deciso di attaccare il cuore della burocrazia di Palazzo delle Aquile, chiedendo l’immediata sostituzione del capo di gabinetto del Sindaco, Sergio Pollicita.

“La nostra  richiesta è motivata non solo per la condanna a 1 anno di reclusione (in primo grado) per il reato di abuso d’ufficio, ma anche per le evidenti responsabilità che Pollicita ha avuto in questi anni, con riferimento alla gestione dei processi di pseudostabilizzazione del personale comunale, delle procedure di selezione dei dirigenti a tempo determinato e dei rapporti con le società partecipate”.

“Nel corso della sua dirigenza a capo del settore delle partecipate, il fenomeno del disallineamento dei crediti con le società è passato da 7 milioni a oltre 42 milioni di euro. In questo processo, inoltre, risulterebbe non costituito parte civile il Comune di Palermo. Ciò è incomprensibile e inaccettabile visto che lo stesso Comune è costituito in diversi procedimenti contro altri importanti dirigenti della nostra città”. Inoltre, il gruppo consiliare pentastellato ha chiesto al Sindaco “conto e ragione di questa condotta schizofrenica”. 

Tutto legittimo, ma Orlando con una mossa in contropiede ha disposto, come si legge in una nota del Comune, “che una volta ricevuta la notifica formale del provvedimento si procederà, in applicazione della legge, alla messa a disposizione dello stesso dirigente, quindi senza incarichi di tipo amministrativo. E acquisite le informazioni sul dispositivocontinua la dichiarazioneil Sindaco chiederà all’ANAC quali ulteriori passaggi l’amministrazione possa e debba compiere in aderenza al contratto collettivo e al dispositivo della stessa sentenza”.

Questa, insieme alle altre frecce avvelenate che, da un pò di tempo, i grillini di Sala delle Lapidi stanno scoccando, una dietro l’altra, contro l’amministrazione comunale e in particolare contro Orlando.
Una strategia che ha tanto il sapore di campagna elettorale, in una condizione attuale di debolezza del professore. Con il rimpasto non pervenuto e le sollecitazioni politiche di un cambio di rotta che arrivano anche da pezzi che appoggiano Orlando, vedi il gruppo consiliare capitanato da Giusto Catania, SinistraComune, tutto rimane assolutamente ancora in alto mare.

L’atmosfera che si respira è tesissima. Il giorno del governo è arrivato ma le incognite ci stanno tutte. Il capo dello Stato incontrerà la delegazione dei cinquestelle alle 17.30, poi sarà la volta di Salvini. Ma se tutti erano convinti e davano per scontato il nome del docente universitario Giuseppe Conte, 54 anni, quale figura spendibile per fare il premier, adesso una crepa sembra aprirsi su questa scelta. La famosa figura terza che tra i grillini trova, comunque, conferma e che lo stesso Di Battista, in questa fase giocoliere dietro le quinte, avrebbe detto: “Il nome del premier non vi stupirà, non viene da Marte”. Resta però la posizione di Mattarella che, da vari retroscena, non gradirebbe un nome imposto, ma solo se fosse nel solco della politica. Quindi nulla di scontato. E si fa anche il nome di Paolo Savona, 81 anni, economista, come riportato dal sito Dagospia, con una lunga esperienza in Banca d’Italia.

E poi c’è un Berlusconi che, come riportato dal Corsera, spera che il governo M5S-Lega non nasca. Si dice “rassegnato al peggio” e non vede luce, ma non vuole scartare del tutto l’ipotesi che alla fine qualcosa vada storto, che il meccanismo si inceppi, che Salvini “torni indietro e abbia uno scatto d’orgoglio.

“Questi vogliono eliminare la prescrizione, chi finisce nell’ingranaggio di un processo secondo loro deve rimanerci a vita, è un obbrobrio giuridico, una vergogna”. Insomma la paura, come si dice, fa 90 e Mr. B. in questo momento ne ha tanta e tifa per un No di Mattarella che porterebbe Salvini a sganciarsi e ritornare al refrain del voto ad ottobre, “perché ancora il centrodestra viene percepito come forza unitaria e vincente dagli elettori”.

Tra qualche ora ne sapremo di più e sapremo anche che se la “coppia di fatto” Di Maio-Salvini dovrà chiedere la “separazione” con annessi alimenti. Se succedesse, il quadro politico muterebbe e con molta probabilità Mattarella uscirebbe dal cassetto il suo governo di tregua.

 

I fedelissimi parlano di un Berlusconi in profonda collera, intenzionato a “scatenare l’inferno”, come nel film “Il Gladiatore”, dove il generale romano, Massimo Decimo Meridio, interpretato dall’attore Russel Crowe, ordina l’attacco ai suoi soldati contro il nemico, con la frase epica: “Al mio segnale scatenate l’inferno”. 

La guerra tutta interna al centrodestra per la leadership della coalizione non è mai finita. E il lasciapassare dato a Matteo Salvini, all’indomani del risultato elettorale del 4 marzo, come da accordi pre-elezioni, per la guida della coalizione, era soltanto un atto dovuto.

Silvio immaginava, anche se ad oggi, al difficile puzzle del governo manca solo il nome che, l’operazione “contrattuale” tra Salvini-Di Maio, alla fine sarebbe naufragata. Lo ha detto sempre ai suoi nelle ultime settimane: “Vedrete che poi non se ne farà nulla e Salvini sarà costretto a venire a miti consigli per evitare il logoramento politico”. E la frase pronunciata proprio ieri: “sono pronto a fare il premier, credo che non c’è nessun candidato paragonabile a me”,  va letta sicuramente in due modi: il primo prettamente politico. Far capire e, soprattutto, dare un segnale all’esterno, in particolare agli elettori di centrodestra, che lui è ancora in partita, rispetto a quanti lo danno per spacciato e senza possibilità di “governare” questa fase di immobilismo e di incertezza. Il secondo, invece, un vero atto di ostilità, ma non dichiarato esplicitamente, con quell’ordine da “gladiatore” romanonei confronti del segretario della Lega. E continuando con questa strategia Berlusconi, durante un comizio, marca stretto il suo “alleato”: “Non ha mai parlato a nome della coalizione ha sempre soltanto parlato a nome proprio e della Lega. La coalizione con un programma comune è altra cosa e non ha nulla a che vedere con i Cinquestelle”.

A queste parole si sono, anche, aggiunti gli attacchi dei deputati vicini a Berlusconi mandati in avanscoperta: “Matteo Salvini si è posto fuori dal centrodestra”. Una “gragnola” di colpi verbali pesanti come chicchi di grandine che lo stesso leader leghista ha incassato, come un pugile all’ultimo round.

Ma al di là di tutti questi tatticismi lessicali, la vera preoccupazione dell’ex Cavaliere è che Salvini sia intenzionato a “saldare” definitivamente, con la fiamma ossidrica, questo patto contrattuale con Di Maio. E se pensiamo che tra i tanti punti del contratto di governo, c’è anche quello sul conflitto d’interessi, (tanto per capirci quello che riguarderebbe le sue aziende) e la riforma sulla giustizia, le notti di Berlusconi diventeranno sempre più insonni.  E magari serviranno a Mr. B. per preparare la battaglia finale e aspettare il momento propizio per risalire a “cavallo”, brandendo la spada del suo potere mediatico e gridando ai suoi: “Al mio segnale scatenate l’inferno”.