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“Ho comunicato al collega Dmytro Kuleba di aver appena firmato la delibera che dispone l’erogazione immediata di 110 milioni di euro al governo di Kiev, come espressione concreta della solidarietà e del sostegno dell’Italia a un popolo con cui coltiviamo un rapporto fraterno. In questo momento l’Ucraina è sotto assedio senza avere una colpa, attaccata con continui bombardamenti dal governo russo”. Lo scrive su facebook il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

IL VIDEO

fonte agenzia Vista

“La generosità di Luigi Di Maio di mettere insieme 3-4 incarichi, per me, in qualche modo, deve essere rivista”. Lo dice alle telecamere del fattoquotidiano.it (cliccare qui per vedere il video) il senatore M5s Gianluigi Paragone. “E’ fuor di dubbio che c’è bisogno di una discontinuità. M5s – prosegue Paragone – per ripartire ha bisogno di una leadership politica non dico h24 ma non siamo lontani”.

“Quando c’è una sconfitta gli errori si distribuiscono, le responsabilità si assumono, i cambiamenti si mettono in conto. La responsabilità in capo ad un solo uomo è deleteria per il MoVimento, ed è un concetto da prima repubblica. Usato e abusato da Renzi & Co. Il modello culturale di riferimento di M5S è la partecipazione. Grillo e Gian Roberto Casaleggio ci hanno insegnato a stare nel mezzo, ad ascoltare la forza dal basso delle scelte e delle idee di portavoce e attivisti”. Lo scrive su Facebook l’esponente del M5S Roberta Lombardi.

“Il voto è stato un grande disastro di cui si deve assumere tutta la responsabilità Luigi Di Maio, visto che si è blindato con un regolamento che gli dà tutti i poteri”. Così Elena Fattori, senatrice ribelle del M5S, in un’intervista al Corriere della Sera in cui annuncia: “In assemblea chiederò le sue dimissioni dai due ministeri. Non può fare tutto e male”. Quanto a un passo indietro da leader del Movimento, “se qualcuno lo chiedesse, dovrebbe rimettere il mandato in mano agli iscritti. Con una disfatta del genere non si può far finta di niente”. “Gli errori sono stati tanti, a cominciare dal fatto che si è dato troppo spazio a Salvini”, e il cambio di rotta è stato “tardivo e poco convincente. La nostra aggressività è stata insensata, visto che abbiamo lasciato fare qualunque cosa a Salvini”, dice Fattori, che contesta l’autorità dei quattro leader che hanno detto a Di Maio di restare.

“A breve abbiamo un’assemblea parlamentare e ne discuteremo” in quella sede. Lo ha detto il sottosegretario Stefano Buffagni interpellato dai cronisti sul ruolo di Luigi Di Maio nel foyer del Consiglio regionale della Lombardia. “Il gruppo parlamentare è una parte del Movimento – ha aggiunto Buffagni -. Il Movimento è molto più ampio e questo è importante da ricordare. Dopodiché vedremo”. A chi gli fa notare che rispetto alle ultime elezioni il M5S ha di fatto dimezzato i consensi, il sottosegretario ha risposto che “al 32% lo aveva portato lui”. “Il problema – ha proseguito- non è Di Maio, ma è tutta la situazione: i cittadini hanno dato un messaggio ed è giusto dare risposta ai cittadini”. Buffagni che ha la delega agli Affari Regionali, ha spiegato di essere al Pirellone perché “ogni tanto ci sono temi regionali da affrontare”, senza specificare altro.

“La velocità della politica e’ incredibile, ruota vorticosamente. A volte va bene, a volte, come in questo caso, va male. L’esito delle elezioni europee ci dice che 4 milioni e mezzo di persone ci hanno sostenuto in Europa mentre una parte consistente di elettorato, sfiduciato, ha preferito non esprimersi. E’ nostro dovere, a questo punto, fermarci, analizzare, comprendere gli errori e metterci in moto per rimediarli. Ciò che è certo è che l’esame di coscienza devono farlo tutti e a tutti i livelli. Nessuno, oggi, può esimersi da questo percorso o ergersi a censore perché la storia del MoVimento 5 Stelle ci insegna che si vince tutti insieme e si perde tutti insieme”. E’ quanto dichiara il presidente della Commissione per le Politiche dell’UeSergio Battelli, del M5S. “Ben vengano, allora, le critiche costruttive – prosegue Battelli – ma privare Luigi Di Maio del nostro sostegno significa commettere un grave errore di valutazione politica e rinnegare le nostre origini. Il segnale è chiaro: servono più dialogo e umiltà da parte di tutti”.

A quasi tre mesi dalle elezioni e a un passo dal ritorno alle urne, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che saranno ministri e vicepremier, siglano l’accordo per il Governo al termine di un lungo faccia a faccia alla Camera. Con Giuseppe Conte presidente del Consiglio e Giovanni Tria ministro dell’Economia, nasce l’esecutivo con il cambio di ruolo di Paolo Savona, il professore anti-euro cui Sergio Mattarella aveva negato l’Economia che avrà la delega alle Politiche europee.

“Si è concluso un complesso itinerario”, chiosa il capo dello Stato, il vero vincitore morale di questa lunghissima trattiva, che oggi alle 16 riceverà al Colle il nuovo presidente del Consiglio e la squadra dei diciotto ministri, tra cui cinque donne, per il giuramento. Anche se sarà “battezzato” ufficialmente, all’inizio della prossima settimana, con il voto di fiducia in Parlamento di M5s e Lega. Dice “No” Forza Italia, che annuncia “battaglia per i cittadini” e annunciano un’opposizione Partito democratico e Liberi e uguali. Fratelli d’Italia, che era disponibile al “Sì” alla fiducia (e che chiedeva uno o due ministeri, sceglie invece la linea dell’astensione.

Carlo Cottarelli, a cui il presidente della Repubblica aveva affidato l’incarico di formare un esecutivo “neutrale” per portare al voto anticipato, ha ringraziato e rimesso il mandato. Alla fine ecco il nuovo Governo. Savona al dicastero senza portafoglio degli Affari europei. Per l’Economia spunta Tria, preside della facoltà di Economia di Tor Vergata, professore che ha lavorato con Renato Brunetta, è “tiepido” sull’Euro e sostiene la Flat tax anche a costo di aumentare l’Iva. Agli Esteri arriva Enzo Moavero Milanesi, una vita nelle istituzioni europee e già ministro all’Ue con Monti e Letta. Affiancherà Conte a Palazzo Chigi, con il delicato incarico di sottosegretario alla presidenza, il leghista Giancarlo Giorgetti. Salvini sarà ministro all’Interno, Di Maio prenderà il super-dicastero di Lavoro e Sviluppo Economico (dovrebbe chiamarlo “Welfare”). Alla Difesa Elisabetta Trenta, Alla Giustizia Alfonso Bonafede (M5s), Giulia Grillo (M5s) alla Sanità, Riccardo Fraccaro (M5s) ai Rapporti con il Parlamento, alle Infrastrutture Danilo Toninelli (M5s), Marco Bussetti (M5s) all’Istruzione, Alberto Bonisoli (M5s) ai Beni Culturali e Giulia Bongiorno alla Pubblica Amministrazione.

E proprio Bonafede, Bongiorno e Giulia Grillo sono i tre siciliani dell’Esecutivo. Alfonso Bonafede, 42 anni, è nato a
Mazara del Vallo ma è fiorentino di adozione. Avvocato civilista, ha sfidato Renzi nel 2009 a sindaco di Firenze, è uno dei parlamentari più vicini a Di Maio e attivista della prima ora del M5S., in Parlamento dal 2016 ha ricoperto il
ruolo di vicepresidente della commissione Giustizia.

La “leghista” Giulia Bongiorno, 52 anni, è avvocato penalista. Diventata avvocato nel 1992 e a soli 27 anni, ha fatto parte del collegio difensivo di Giulio Andreotti, accusato di associazione mafiosa. Come legale ha difeso molti volti celebri
dello sport e dello spettacolo, da Gianna Nannini a Francesco Totti. In Parlamento è arrivata nel 2006 eletta alla Camera con Alleanza nazionale. Nel 2008 è stata riconfermata con il Popolo della Libertà. È stata una grande sostenitrice delle battaglie in favore delle unioni civili e dei diritti delle donne tanto da sostenere l’introduzione del reato di stalking e la proposta di legge di aggravante di femminicidio.

Giulia Grillo è catanese, medico legale e volto storico del Movimento 5 Stelle. È stata lei a fondare il meet up etneo, il primo circolo grillino dove è iniziata la sua scalata ai vertici del Movimento. Nel 2012 grazie alle primarie è diventata
capolista alla Camera della circoscrizione Sicilia Orientale. In Parlamento è stata componente della commissione permanente Sanità e nel 2016 capogruppo del M5S. Grillo è stata al centro delle polemiche sul tema delle vaccinazioni: si è detta favorevole ma contraria all’obbligo.

Continua l’attacco concentrico nei confronti di Giuseppe Conte, il premier incaricato, voluto da Lega e Cinquestelle, che si trova in mezzo ad un guado, colpito ripetutamente come in un tiro a bersaglio. Adesso è la prestigiosa testata americana, New York Times, che lo attacca pesantemente.

 “Sconosciuto professore di legge, la cui principale qualifica è la sua disponibilità ad eseguire gli ordini dei leader di Lega e M5S”, si legge nell’articolo del quotidiano statunitense, come riportato oggi da “Il Giornale”, edito dalla famiglia Berlusconi.

E non è altrettanto “tenero” sulla maggioranza formata dai due partiti vincitori delle elezioni, quello di Salvini e di Di Maio: “Non è chiaro quanti danni potrà fare la coalizione ma è un duro colpo ai progetti di rafforzamento dell’integrazione europea portati avanti da Merkel e Macron”.

E continua scrivendo che se “se l’Italia, la quarta economia dell’Ue, inizia a sfidare le regole dell’Unione e chiede di rinegoziare i termini della sua adesione, sarà più difficile tenere gli altri membri in riga”.

Poi arriva una sorta di profezia sul futuro del governo Conte: “È troppo presto perché Bannon e i suoi alleati possano celebrare o i campioni dell’Unione si facciano prendere dal panico. Il fascino dei populisti potrebbe presto svanire se non troveranno soluzioni concrete al risentimento che li ha portati al potere”.  Infine il Nyt lancia un appello a Macron e Merkel perché tengano unita l‘Unione Europea e ben saldi i suoi valori. Insomma dopo i tedeschi, arrivano “lezioni” anche dagli Usa.

Ma nelle ultime ore sembra proprio che sia anche in bilico lo stesso Conte. Una manovra di Salvini per andare alle elezioni, vincere e fare il il premier con la coalizione di centrodestra. Un’opzione che piacerebbe a Berlusconi, che potrebbe ricandidarsi sebbene in una condizione politica ridimensionata, ma lontano dal “pericolo grillino” al governo, soprattutto per le sue aziende. E al “povero” professore di legge che aveva “odorato” il profumo del potere non resterebbe che ritornare a fare l’avvocato. Lui usato come agnello sacrificale e con  gli unici perdenti, se lo scenario sarà questo, che saranno inevitabilmente i cinquestelle.

Oggi il premier designato, Giuseppe Conte, non andrà da Mattarella e se ci andrà, sicuramente non per portare la lista dei ministri. Sembra proprio che la “quadra” sul governo sia ancora in alto mare. Oltre al nodo Savona al Tesoro, che di fatto sta creando una vera e propria incrinatura nei rapporti con il Quirinale, Salvini e Di Maio sono alle prese con le altre deleghe. Almeno otto i dicastri sui quali non si è raggiunto l’accordo, anche se lo stesso Conte ha gettato acqua sul fuoco. Ma a decidere, ovviamente, non è lui.

E in tutto questo giunge puntuale la “tempesta perfetta” da Piazza Affari. Oggi pomeriggio nella piazza milanese a  soffrire sono stati i titoli i bancari, con un serie di sospensioni e perdite pesanti che riguardano il Banco Bpm, Fineco e Mps. Per non parlare dello spread che, mentre scriviamo, sarebbe giunto alla soglia dei 217 punti. Quindi mercati ballerini che risentono dello stallo della formazione del governo.

Si era detto che Conte tra martedì e mercoledì sarebbe potuto andare alle Camere per chiedere la fiducia. Ma sembra proprio che i tempi siano destinati ad allungarsi notevolmente e, questo, potrebbe essere un elemento ancora più destabilizzante quando la borsa riaprirà battenti lunedì prossimo.

Infine, nei corridoi di Montecitorio, come riportato, oggi, dall’Huffinghton Post alla domanda rivolta a esponenti leghisti e pentastellati, “quanto durerete”, la risposta è stata sempre la stessa: se le cose si mettessero male e il governo fosse costretto all’immobilità dalle circostanze o dalle ostilità, il momento di fermare tutto e tornare al voto sarebbe proprio l’indomani del voto europeo”.

Uno scenario non poco ortodosso che fa anche immaginare un accordo “segreto” tra le due forze politiche (LegaCinquestelle) che hanno vinto le elezioni, con la speranza di giocarsi la carta, in chiave elettorale, per battere “banco”, gridando al complotto, e ritornare alle elezioni, secondo loro, per “stravincere”.

Una sorta di “contratto a tempo determinato”, come lo definisce il giornale dell’Annunziata, che secondo noi, invece, sarebbe già stato firmato a “margine” di quello ufficiale e doverosamente messo sotto chiave.

Aggiornamento ore 22.00

E un’ora fa Matteo Salvini, ha postato un messaggio su FB:  “Sono davvero arrabbiato” e sul quale c’è anche il “mi piace” di Luigi Di Maio. La reazione di Salvini allo stallo sul nome di Paolo Savona, che vorrebbe ministro del Tesoro. Adesso il rischio che il governo possa cadere, prima di nascere, è reale.

“Prescindendo dalle specifiche valutazioni tematiche – dice il direttore di Demopolis, Pietro Vento un’ampia maggioranza di cittadini vuol vedere all’opera le due forze politiche uscite vincitrici nel voto del 4 marzo. Infatti, il 61% degli italiani si è dichiarato favorevole alla nascita di un governo Lega-M5S. Contrario, invece, è il 39%”. L’indagine è stata condotta dal 22 al 23, su un campione di 1.500 intervistati.

Quasi un italiano su due, invece, valuta positivamente il contratto sottoscritto nei giorni scorsi dal M5S e dalla Lega per il Governo del Paese. Di parere differente è il 37%, mentre 15 cittadini su 100 non esprimono un’opinione in merito. È uno dei dati che emerge sempre dal sondaggio Demopolis, alla vigilia della formazione del nuovo esecutivo. 

Nelle linee generali, gli italiani sembrano condividere nei contenuti il programma stilato dalle due forze politiche. Con una differenza non irrilevante: Il 35% ritiene il programma del tutto condivisibile ed attuabile. Una percentuale superiore, il 38%, lo apprezza ma lo considera non del tutto realizzabile sul piano economico. Poco più di un intervistato su quattro non lo condivide affatto.

Quindi alla maggioranza degli italiani piace l’idea di un governo Lega-M5S ma, con le dovute cautele, sempre di sondaggio si tratta. E se consideriamo che, allo stato attuale, l’iter relativo all’indicazione dei ministri sta creando in queste ore qualche malumore dalle parti del Quirinale, irritato per i diktat di alcuni esponenti di partito, il finale di partita è ancora lontano.

Una bella grana per Mattarella a poche ore dall’indicazione di Giuseppe Conte, quale premier del governo che dovrebbe nascere tra la Lega e il movimento cinquestelle. A quanto pare l’economista non avrebbe studiato presso la prestigiosa università americana, “New York University”, come, invece, ha scritto nel suo curriculum vitae.

“Una persona con quel nome non appare nei nostri registri, né come studente né come membro della facoltà”. Ad affermarlo è il quotidiano New York Times, attraverso Michelle Tsai, portavoce della New York University, che lo spiega anche con un post su twitter.

Un  vero e proprio mistero che si infittisce se se si pensa che in un altro curriculum, quello inviato alla Camera dei deputati per le elezioni a componente del Consiglio della presidenza amministrativa, Conte ha dichiarato di “aver trascorso, ogni estate, dal 2008 al 2012, almeno un mese nell’università americana”. Dichiarazione smentita dalla stessa università come si può leggere dalla comunicazione ufficiale. Il problema adesso è cosa farà il capo dello Stato. E il pericolo è che, questo “errore” così grossolano, possa di fatto bruciare il nome sponsorizzato da Di Maio e condiviso da Salvini. E il governo di tregua prende sempre più quota.

L’atmosfera che si respira è tesissima. Il giorno del governo è arrivato ma le incognite ci stanno tutte. Il capo dello Stato incontrerà la delegazione dei cinquestelle alle 17.30, poi sarà la volta di Salvini. Ma se tutti erano convinti e davano per scontato il nome del docente universitario Giuseppe Conte, 54 anni, quale figura spendibile per fare il premier, adesso una crepa sembra aprirsi su questa scelta. La famosa figura terza che tra i grillini trova, comunque, conferma e che lo stesso Di Battista, in questa fase giocoliere dietro le quinte, avrebbe detto: “Il nome del premier non vi stupirà, non viene da Marte”. Resta però la posizione di Mattarella che, da vari retroscena, non gradirebbe un nome imposto, ma solo se fosse nel solco della politica. Quindi nulla di scontato. E si fa anche il nome di Paolo Savona, 81 anni, economista, come riportato dal sito Dagospia, con una lunga esperienza in Banca d’Italia.

E poi c’è un Berlusconi che, come riportato dal Corsera, spera che il governo M5S-Lega non nasca. Si dice “rassegnato al peggio” e non vede luce, ma non vuole scartare del tutto l’ipotesi che alla fine qualcosa vada storto, che il meccanismo si inceppi, che Salvini “torni indietro e abbia uno scatto d’orgoglio.

“Questi vogliono eliminare la prescrizione, chi finisce nell’ingranaggio di un processo secondo loro deve rimanerci a vita, è un obbrobrio giuridico, una vergogna”. Insomma la paura, come si dice, fa 90 e Mr. B. in questo momento ne ha tanta e tifa per un No di Mattarella che porterebbe Salvini a sganciarsi e ritornare al refrain del voto ad ottobre, “perché ancora il centrodestra viene percepito come forza unitaria e vincente dagli elettori”.

Tra qualche ora ne sapremo di più e sapremo anche che se la “coppia di fatto” Di Maio-Salvini dovrà chiedere la “separazione” con annessi alimenti. Se succedesse, il quadro politico muterebbe e con molta probabilità Mattarella uscirebbe dal cassetto il suo governo di tregua.

 

“Più di attaccano, più ci insultano, più ci minacciano, meno ci spaventano”, dice Salvini e come all’improvviso Di Maio, telepaticamente lo imita.  Ma come avranno fatto? Un “siparietto” realizzato nel corso di una puntata del programma di Myrta Merlino, “l’Aria che tira (diario)” e tratto da facebook, dal quale noi di BloggandoSicilia, per i nostri lettori, abbiamo tratto uno spezzone davvero esilarante.

Quasi sicuramente Di Maio e Salvini si saranno fatti “impiantare” un chip sottopelle per comunicare direttamente tra di loro. In confronto la Spectre o la potente Bilderberg sono dei dilettanti allo sbaraglio (potete vedere qui sotto il VIDEO).