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Davide Faraone

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Dai banchi del Pd è Davide Faraone ad alzare la voce. Prepara anche un foglio, un minicartello che vorrebbe esporre, sul quale c’è scritto: “Cetto La Qualunque”. Una critica esplicita al premier ConteLaura Bottici, senatrice del M5S e questore del Senato, gli si avvicina e lo fa rientrare nei ranghi. Di piu’: lo avrebbe filmato, intimandogli di ritirare il cartello. Faraone abbozza. Qualche banco più in basso ci sono Marcucci e Simona Malpezzi che scalpitano. Bottici va a parlare anche con loro. Matteo Renzi, invece, segue il discorso di Conte in silenzio, ogni tanto frena anche i rumori di protesta che vengono dai banchi del suo partito.

Andrea Marcucci (Pd) affronta la senatrice Laura Bottici del M5S a brutto muso: E quando eravate voi a esporre i cartelli?”, ricorda il capogruppo dem. Quando la seduta finisce, mentre i senatori defluiscono e in tanti della maggioranza si avvicinano a Conte per stringergli la mano, Marcucci parte spedito verso i banchi del governo. Si rivolge, visibilmente arrabbiato, ai grillini Riccardo Fraccaro e Giulia Grillo. I tre però non si intendono. Marcucci è furibondo e continua a inveire rivolto ai pentastellati. Qui inizia, a distanza, lo scambio di battute con Saverio De Bonis (cinquestelle) che si conclude con Marcucci che esplode: “Che fai mi minacci? Ma vattene a fan…”. La tenzone si chiude con le scuse reciproche.

(fonte agenzia Dire)

E’ un fiume in piena Davide Faraone, leader siciliano del partito democratico e braccio destro di Renzi, in  un video postato sulla sua pagina FB che, ritornando sul tema del contratto di governoattacca Lega e M5S. 

“Noi abbiamo fatto tanto per il mezzogiorno e siamo stanchi di forze politiche che, invece, pensano che al sud ci siano accattoni a cui dare l’elemosina. Non mi stupisce affatto che Salvini abbia dimenticato il capitolo sul mezzogiorno, nel contratto di governo. Mi sarei meravigliato del contrario. Lui che ha cantato l’inno al Vesuvio contro i napoletani. Lui che ha tolto la parola nord al simbolo soltanto per rubare qualche voto al sud, ma del sud non se ne mai occupato e non gli interessa di occuparsene”.

E nei due minuti di video parla anche dei cinquestelle che “hanno dimenticato il capitolo del mezzogiorno proprio al sud dove hanno preso tanti voti e raccolto le speranze di tanti ragazzi e ragazze. Il M5S ha un’idea del sud sbagliata, così come del suo sviluppo. Le politiche che propongono sono in assoluta continuità con il passato: assistenzialismo, assistenzialismo, assistenzialismo“.

E siamo certi che se qualche grillino avesse incrociato Faraone, mentre registrava il video, sicuramente l’intonazione sarebbe stata: onestà, onestà, onestà, anche perchè, dobbiamo ammetterlo, la “campagna elettorale” non è mai finita e chissà se mai finirà.

“Io vedo che i due leader in questo momento preparano le cannonate, ma non hanno più alibi. Altro che temi, non si mettono d’accordo su premier e poltrone. Uno convoca i gazebo e l’altro il voto online: magari con l’obiettivo reciproco di bocciarsi a vicenda i propri punti. I militanti leghisti voteranno sì ai punti della Lega e no a quelli dei cinquestelle e viceversa”.

Un Davide Faraone, leader siciliano del Pd e renziano di ferro che, nel corso del programma “Coffee break” su La7, sulla possibilità che Salvini e Di Maio diano vita ad un governo dà una risposta lapidaria: “Vedo questo governo sempre più lontano”.

“Ci avevano spiegato che il problema era prima Berlusconi, poi  il Pd, e infine Mattarella. Ma solo loro due non riescono a trovare un accordo e ci tengono bloccati senza alcuna soluzione”.

Questi non sono altro che  dei “Mandrake” della politica. Hanno fatto promesse da far tremare i polsi, voglio vedere come se la caveranno con la flat tax, con la Fornero, con l’immigrazione, con il reddito di cittadinanza e con tutti gli impegni che hanno preso”. Con un post su FB, Davide Faraone, uomo di punta del Pd siciliano e renziano di ferro prende una posizione netta sull’accordo di governo Salvini-Di Maio.

“Il governo che nascerà, sarà un governo lontano anni luce da noi. Si è aperta questa discussione sulla “felicità” del Pd – ricordate la canzone di Albano e Romina? – per la sua scelta di stare all’opposizione che è assurda. Nessuna felicità, chi si candida alle elezioni lo fa per vincere, soprattutto se è stato al governo. Certo, siamo un “partito governo”, ma è cosa assai diversa dall’essere un “partito sempre al governo”. 

E continua la sua analisi critica sul risultato elettorale. “Gli elettori hanno premiato il M5S e la Lega, purtroppo dico io, ma gli elettori questo hanno deciso e quella volontà va rispettata. Perché quando gli italiani ti mandano all’opposizione, devi accettare questo ruolo e svolgerlo con serietà e determinazione. Nel merito ma senza sconti, soprattutto quando pensi che un governo degli irresponsabili possa fare danno all’Italia e agli italiani”.

Intanto dal versante interno della minoranza del partito democratico, interviene Antonio Rubino dei partigianidem: “Mentre Faraone studia mitologia e ara campi, io mi auguro che il 19 maggio il pd imbocchi la strada giusta per tornare ad essere punto di riferimento dei riformisti di questo Paese a cominciare dai tanti elettori che hanno dato fiducia ai grillini e che oggi si ritrovano al governo con Salvini”.

Per quella data, infatti, si svolgerà l’assemblea nazionale del Pd e, con molta probabilità Renzi annuncerà, come ha già fatto a ‘Di martedì’ su La7, la candidatura di Gentiloni a premier, sempre che il governo nascente non serri le fila e chiuda il cerchio, facendo decadere il già improbabile ritorno, a breve, alle urne.

 

 

Non è sicuramente piaciuta a “Liberi e Uguali” l’operazione politica del sindaco Orlando diventato, nei fatti, l’amministratore delegato del Pd a Palermo. E la dichiarazione al vetriolo di Nadia Spallita, neo esponente in città del partito di Grasso, ha le caratteristiche di una resa dei conti tutta a sinistra.

“Il sindaco Orlandodice Nadia Spallitacontinua a tradire la fiducia che negli ultimi 40 anni la maggioranza dei cittadini palermitani gli ha rinnovato. Nessuno dei servizi di competenza della città funziona, dalla raccolta differenziata, ingiustificatamente ferma al 9 percento in città e al 12 per cento in provincia, con danni all’erario e ai cittadini, oltre che all’ambiente”.

 

Un attacco che apre le danze di una campagna elettorale dura e prefigura uno scontro già in atto all’interno del Pd, reo di aver ceduto al professore le chiavi del partito per paura che quel famoso 61 a 0 del centrodestra, potesse aleggiare come un fantasma nella stanze di via Bentivegna.

Come dire che di alternative non c’erano e Davide Faraone, braccio destro di Renzi in Sicilia, doveva trovare un escamotage per isolare la sinistra e dare al malato Pd una cura. E questa cura si chiama Leoluca Orlando.

Ma la Spallitta non si ferma e parla della  gestione delle risorse idriche in città “inadeguata a tal punto che dopo trent’anni, si torna al razionamento dell’acqua. Nessuna programmazione, nessun investimento sulle dighe, sulle reti obsolete e nessuna azione di prevenzione che il Sindaco avrebbe dovuto garantire”.

E’ un fiume in piena l’ex portavoce dei Verdi che continua dicendo che a “Palermo i servizi sono inesistenti e l’economia è ferma anche per le disfunzioni e i ritardi degli uffici tecnici. L’amministrazione comunale ha avuto ben 5 anni per bandire il concorso pubblico per l’assunzione dei dirigenti, invece ha preferito fare ricorso ad incarichi esterni a tempo determinato”.

E infine, cita la Ztl e la vicenda paradossale delle multe ai disabili. “Non ho visto alcuna forma di opposizione né dal centro destra né dalla sinistra, in merito a delle scelte, evidentemente errate, visto che oggi Palermo, si trova agli ultimi posti delle statistiche nazionali ed europee per istruzione, livelli occupazionali, disoccupazione, emigrazione giovanile”.

Ma la sciabolata finale la riserva al partito democratico che “ha consegnato la città ad un uomo solo. Orlando rinunci alle competizioni elettorali e dimostri con comportamenti concreti, l’amore che ha sempre dichiarato per la sua città”. 

Un appello, sembra quello della Spallita, che conferma come, dopo la candidatura alla Camera per il Pd di Fabio Giambrone, uomo di Orlando da sempre, si ha la sensazione che il professore voglia essere contrattualmente forte per giocarsi la carta delle europee e, come da noi scritto, lasciare Palermo.

Se così sarà, l’accordo tra Faraone e Orlando, che in molti vociferano, sarà per la successione di Palazzo delle Aquile. Tutto comunque passerà dal 4 marzo perchè, se il centrodestra sarà la coalizione che prenderà più voti, l’accordo per il candidato sindaco passerebbe anche da lì. E, quindi, non resta che aspettare meno di un mese e, forse, l’arcano potrà essere svelato.

Davide Faraone, braccio destro di Matteo Renzi in Sicilia, ha un chiaro obiettivo: serrare le fila del Pd nell’isola, nel tentativo estremo di arginare l’eventuale “scissione” di una parte della dirigenza del partito democratico, fatta fuori dal puzzle delle liste.

Le parole, pronunciate stamattina nel corso di un incontro con la stampa, sono la chiave di lettura del suo pensiero che tuona come un avvertimento: “Mi aspetto da tutti un impegno pieno e diretto per i candidati del Pd e del centrosinistra. La sfida è per la guida del Paese e non dentro il Pd”. 

Come dire che in caso di dèbacle, sarà facile individuare il capro espiatorio e cercare di rendere meno dolorosa l’eventuale sconfitta. Parla anche di Crocetta che nei giorni scorsi aveva incarnato il ruolo di “masaniello”, cercando volutamente lo scontro per alzare il volume della polemica.

L’ex presidente della Regione aveva definito Renzi come “un premier medievale e il Pd un partito di cortigiani che ha distrutto il partito in Sicilia e ora lo farà anche a livello nazionale”. E Faraone oggi gli ha mandato a dire che della “promessa di una candidatura alle politiche ne ha sempre parlato solo lui, a Renzi non ne ha mai fatto cenno in questi mesi”.

Tiene un profilo basso con Crocetta, forse nel tentativo di gettare acqua sul fuoco. L’ex sottosegretario renziano si rende conto che, in questo momento, alzare ancora il tiro contro Saro sarebbe come sdoganarlo e dargli la possibilità di aprirsi un varco. Meglio mettere, per adesso, la cenere sotto il tappeto e sperare che resti a lungo là.

Ma Crocetta, non dimentichiamolo è l’uomo della rivoluzione. Ricordate le sue parole di qualche anno fa? Sono un combattente e non tradirò mai il mio popolo, o vinco, o morirò sul campo di battaglia”. E chissà se all’orizzonte, come in molti a lui vicini dicono, il rivoluzionario di Gela non abbia in mente di costruire un nuovo progetto politico.

In fondo la “rivoluzione” è stata sempre il suo pallino. Non resta che aspettare il 4 marzo e vedere se Crocetta potrà osservare il passaggio di qualche “cadavere” sul fiume o farà, politicamente parlando, la fine del Generale Custer.