di redazioneSono un combattente  e non tradirò mai il mio popolo. O vinco, o morirò sul campo di battaglia”. Come dire: il generale Custer mi fa un baffo e gli indiani non avranno mai il mio scalpo ! Parole tonanti che abbiamo ascoltato tantissime volte, quasi come una nenia ripetitiva ma che racchiudono, tristemente, l’abbecedario dislessico del governatore Crocetta.

Il naturale assalto al fortino in fiamme, da parte di quella politica esclusa ed emarginata dalle stanze dorate della “rivoluzione”, non è tardato ad arrivare. Il funambolismo di un accordo politico tra le varie componenti, che ancora sorreggono  la compagine governativa, ha persino costretto l’assessore al Bilancio Bianchi a gettare la spugna.

Dimissioni irrevocabili le sue, ma forse anche rito liberatorio per una vicenda tutta interna al Pd, condita da una dichiarazione al vetriolo dell’interessato: la politica è in un pantano”.

In tutto questo il prode rivoluzionario di Gela, colui che ha costruito il “sogno” di rinascita della Sicilia, divenuto presto un “incubo”, fa da avvocato del diavolo approcciando una flebile difesa nei confronti dell’assessore “epurato”: “contro di lui gruppi di potere”.

Un anatema, che più che da testa sotto la sabbia in stile struzzo, sembra proprio essere da profonda “immersione” in apnea alla Maiorca. In effetti poteva fare di più ma la rivoluzione, si sa, ha un prezzo!  Un consiglio però è doveroso darlo. Caro governatore le dimissioni, si ricordi, non si annunciano, ma si danno. Capisco il suo legittimo timore nel pensare: “e se alla fine in preda ad un delirio di onnipotenza dovessi accettare (non nel senso di tagliare!) le mie dimissioni ?


Il rischio esiste ed è concreto Presidente, ma le assicuro che i siciliani la perdonerebbero volentieri. Noi, comunque, confidiamo che lei, come sempre, ci deluderà! Intanto un biglietto di sola andata per Gela lo offriamo noi. Non si sa mai.

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