Davide Faraone, braccio destro di Matteo Renzi in Sicilia, ha un chiaro obiettivo: serrare le fila del Pd nell’isola, nel tentativo estremo di arginare l’eventuale “scissione” di una parte della dirigenza del partito democratico, fatta fuori dal puzzle delle liste.

Le parole, pronunciate stamattina nel corso di un incontro con la stampa, sono la chiave di lettura del suo pensiero che tuona come un avvertimento: “Mi aspetto da tutti un impegno pieno e diretto per i candidati del Pd e del centrosinistra. La sfida è per la guida del Paese e non dentro il Pd”. 

Come dire che in caso di dèbacle, sarà facile individuare il capro espiatorio e cercare di rendere meno dolorosa l’eventuale sconfitta. Parla anche di Crocetta che nei giorni scorsi aveva incarnato il ruolo di “masaniello”, cercando volutamente lo scontro per alzare il volume della polemica.

L’ex presidente della Regione aveva definito Renzi come “un premier medievale e il Pd un partito di cortigiani che ha distrutto il partito in Sicilia e ora lo farà anche a livello nazionale”. E Faraone oggi gli ha mandato a dire che della “promessa di una candidatura alle politiche ne ha sempre parlato solo lui, a Renzi non ne ha mai fatto cenno in questi mesi”.

Tiene un profilo basso con Crocetta, forse nel tentativo di gettare acqua sul fuoco. L’ex sottosegretario renziano si rende conto che, in questo momento, alzare ancora il tiro contro Saro sarebbe come sdoganarlo e dargli la possibilità di aprirsi un varco. Meglio mettere, per adesso, la cenere sotto il tappeto e sperare che resti a lungo là.

Ma Crocetta, non dimentichiamolo è l’uomo della rivoluzione. Ricordate le sue parole di qualche anno fa? Sono un combattente e non tradirò mai il mio popolo, o vinco, o morirò sul campo di battaglia”. E chissà se all’orizzonte, come in molti a lui vicini dicono, il rivoluzionario di Gela non abbia in mente di costruire un nuovo progetto politico.

In fondo la “rivoluzione” è stata sempre il suo pallino. Non resta che aspettare il 4 marzo e vedere se Crocetta potrà osservare il passaggio di qualche “cadavere” sul fiume o farà, politicamente parlando, la fine del Generale Custer.