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Le passerelle non mi sono mai piaciute. Tanto per essere chiari quelle che i politici sono soliti usare per costruirsi l’alibi perfetto. Un modo per pulirsi la coscienza, quando la presenza diventa soltanto la cartina di tornasole del problema. E nell’alchimia dei loro gesti c’è il peggio del peggio. E’ come rispolverare il vecchio stereotipo dell’eredità precedente.

Quel modello che si applica, con preciso e puntuale rigore, sempre all’indomani di una vittoria elettorale. Si rievoca il disastro creato dalle precedenti gestioni e il gioco è fatto. Come un’equazione matematica che non ha colore politico ma un risultato non opinabile, perchè fatta soltanto di numeri da comporre. Lo ha fatto Crocetta prima, Musumeci dopo e come in un rilancio da poker sia Cammarata che Orlando e non solo loro. Uno sport per il quale non si hanno rivali. E se si potesse trovare un modo per candidarli sarebbero tutti da premio Nobel.

Intanto gli “ultimi” rimangono sempre là, sospesi in un limbo. In quel precipizio fatto da false promesse, da costruzioni senza fondamenta. E in quei palazzi di carta ci si accorge solo del problema quando è troppo evidente che il problema stesso è percepibile a tutti. In quell’istante gli “esclusi” diventano preda e la “solidarietà” diventa per loro un obbligo morale. Perchè immaginare una politica a servizio di chi soffre è la “tempesta perfetta”. Quella che non vorresti mai vedere davanti ai tuoi occhi, ma che all’improvviso ti colpisce come un’onda anomala. E la protesta di Biagio Conte, che da giorni dorme sotto i portici del palazzo delle Poste di via Roma, ne è testimonianza.

Il “primato della politica” allora viene sotterrato come un’ascia da guerra. Si continua a renderlo inerme, a indebolirlo. E le passerelle, invece, sembrano essere perfette con tutta la loro ipocrisia. Nessuno potrebbe obiettare quell’atto nobile, quel contributo ideale, quella vicinanza. Momenti che poi si perdono nell’oblio. E gli “ultimi” rimangono sempre “ultimi”, non perchè lo vogliano, ma perchè uomini che vivono la loro dignità fino in fondo. Ma domani tutto continuerà con lo stesso ritmo e con gli stessi proclami, in una terra che definire “irredimibile” non significa essere qualunquisti, ma guardare quell’orizzonte che sembra inarrivabile.

Il sindaco Orlando in questi giorni è stato un intenso grafomane, cosa che certamente non fa notizia, in quanto da anni è una pratica che ha svolto e svolge sempre puntualmente. Parole durissime su un tema attualissimo e al contempo complesso: quello sui migranti e sulla “politica” messa in pratica dal neo ministro all’Interno Salvini, che a dire del primo cittadino, in un post su facebook, “può provocare effetti destabilizzanti per la democrazia”. Tutto legittimo, figuriamoci, in un dibattito, comunque, che ha creato un clima da guelfi e ghibellini, tra buonisti e sovranisti.

Orlando si è speso in prima persona, quasi quanto Salvini nell’altro versante arrivando a dire che “si comincia con proclami e con slogan, con l’utilizzo accorto della propaganda, per preparare il terreno culturale ai provvedimenti formali. La storia ci insegna che le dittature, quelle che di populista non hanno nulla perché sono contro tutti i popoli e contro tutti i deboli, cominciano sempre prima con le parole, con atteggiamenti populisti e poi con i provvedimenti legislativi”.

E tutto questo ci può stare perchè ognuno fa il proprio mestiere e Orlando sa bene che cavalcare l’onda polemica nei confronti di Salvini, può essere considerato un buon investimento. Ma vorremmo ricordare al primo cittadino che il sindaco di Palermo è lui. E la vergogna del caos e dei disagi insopportabili che i lavori del Ponte Corleone stanno creando ai cittadini palermitani non sono accettabili. Non possiamo predicare bene e razzolare male. Immaginare una città che si “definisce” Capitale italiana della cultura e poi diventare una sorta di girone dantesco.

A noi piacerebbe che il silenzio del Sindaco si tramutasse in un provvedimento immediato, costi quello che costi, per far sì che i lavori, che devono essere effettuati, possano svolgersi in notturna. Sicuramente i palermitani apprezzerebbero al di là di ogni ragionevole dubbio, anche se in politica non prevale mai la logica ma altri meccanismi. E confidiamo nel suo amore per questa città che non può essere soltanto valore dell’integrazione ma, soprattutto, rispetto per i suoi cittadini.

 

 

 

 

 

Nasce l’Inter club al Comune di Palermo, nella sede di Sinistra Comune a Palazzo delle Aquile, ma è subito polemica con i tifosi del Palermo. Sui tre consiglieri comunali, il presidente Sandro Terrani, il vice Giusto Catania e il segretario Paolo Caracausi, si è scatenata l’ira dei sostenitori rosanero che hanno riempito con la loro protesta i gruppi di Facebook.

L’apertura di un Inter Club all’interno di un gruppo consiliare è fatto insolito ma la trovata dei tre consiglieri è certamente goliardica e può servire per stemperare il clima incandescente della politica soprattutto in questo momento.  Ci saremmo aspettati una discussione sull’opportunità o meno di utilizzare quei locali e, invece, il popolo del Palermo si è scatenato.

Tutti hanno gridato al “tradimento” perché i tre politici, oltretutto palermitani doc in tutti i sensi, tifano Inter e dunque non sarebbero “degni” di rappresentare la città. “Senza vergogna”, “Palermo è Palermo, la sua squadra ce l’ha”, “Fate qualcosa per Palermo e per il Palermo”, scrivono nei post e chi più ne ha più ne metta. Potenza dei social. Il tifo per una squadra di calcio è diventato occasione per attaccare i politici per un motivo diverso. E sbagliato.

“C’è un luogo in questo Paese dove si è costruito uno spazio possibile, si chiama Palermo. Nel capoluogo siciliano Movimento Cinque Stelle e Centro Destra (alleati in consiglio comunale!) sono entrambi all’opposizione di una esperienza politica e amministrativa che, malgrado una temporanea fase di appannamento, continua a rappresentare un punto di resistenza e una possibile opzione per la costruzione di un’alternativa di società”.

Inizia così un lungo post che Giusto Catania, capogruppo in consiglio comunale di Sinistracomune ha scritto sul suo blog. Una sequenza di parole che partendo dalla vicenda legata all’accordo Lega-M5s per la formazione del governo, si incastra con quella che lui stesso definisce: “esperienza Palermo come luogo di resistenza”. 

E continua affermando che “Palermo senza ambiguità, non concederà al governo nazionale lo spazio urbano per la costruzione dell’hotspot e che continuerà a mantenere pubblici tutti i servizi locali, malgrado le forti pressioni politiche ed economiche. C’è evidentemente un’ulteriore responsabilità collettiva – chiosa il post – che abbiamo a Palermo: la periferia di un Paese a tinte fosche può diventare il centro di una nuova esperienza politica nazionale. Una responsabilità ascritta, oggi ancora di più, al sindaco e alla sua articolata maggioranza”. 

Sinceramente consiglierei al “compagno” Catania, prima di avventurarsi in voli pindarici di guardare com’è ridotta la città, cercando di non replicare non il solito refrain dell’eredità precedente. Pratica che anche il centrodestra era solito fare. Dopo il 61 a 0, quando conquistarono la città, era una litania continua e non serviva a nulla.

Ciò che serve, invece, è essere realisti riconoscendo che la fase di “appannamento” che lui stesso ha avuto il coraggio intellettuale di ammettere non diventi buio pesto. E questo da ex palermitano non posso accettarlo (intendo il buio pesto).

Guardano già al mese di agosto e hanno “staccato” un biglietto d’aereo per Buenos Aires, anzi è questo il premio che è stato consegnato ieri sera alla coppia lombarda formata da Marco Pasini e Mariana Alessandra Bettariga (Tango Escenario) e ai toscani Riccardo Pagni e Giulia del Porro (Tango de pista) che hanno vinto il Festival y Campionato di Tango, preliminare ufficiale ai Mondiali argentini, che si è svolto nel capoluogo siciliano e nell’ambito di Palermo capitale Italiana della Cultura. I campioni italiani sfideranno i tangueri di tutto il mondo, entrando di diritto alle semifinali, dal 9 al 22 agosto a Buenos Aires; inoltre gareggeranno anche ai Campionati europei di Cervia, in luglio.

Per la categoria Tango Escenario (la più scenografica), Alessandro Cavallaro e Mariella Monaco (Lazio) sono arrivati al secondo posto, Pierpaolo Pellegrini e Anna Maria Paradiso (Puglia) al terzo. La coppia Cavallaro-Monaco ha anche guadagnato il terzo posto nella categoria Tango de Pista, mentre la coppia seconda classificata è formata dagli emiliani Massimo Giarola e Michela Conti.

Un’inedita proposta di matrimonio. Non hanno vinto, ma la loro felicità è forse anche più palpabile: Stefano Arioli ha scelto questo momento per chiedere alla sua compagna di vita e di ballo, Chiara Luisi, di convolare a giuste nozze. Tutto come da copione in ogni proposta di matrimonio che si rispetti: tanguero inginocchiato e anello di brillanti d’ordinanza, tra gli applausi di centinaia di ballerini presenti. Ovviamente Chiara ha detto sì. Lasciando di lato passi e figure, per stringersi in un abraço ancora più entusiasmante.

Palermo ha dunque ospitato le selezioni preliminari ufficiali per l’Italia, le gare che hanno decretato i nomi dei campioni che partono per l’Argentina, scelti da una giuria eccezionale che ha riunito i maggiori campioni mondiali. A Palermo sono giunti infatti la campionessa del mondo Maria Ines Bogado, con il maestro e coreografo Roberto Zuccarino, il Campione del Mondo Gaspar Godoy con l’uruguayana Carla Mazzolini, il vice campione del mondo, nonché tris campione metropolitano Fernando Carrasco, con Carolina Giannini. E molte altre coppie, invitate da Barbara Cicero che, con la sua associazione sportiva European Tango, è l’unica riconosciuta dal Ministerio de Cultura del Gobierno de la Ciudad de Buenos Aires per l’organizzazione sul territorio italiano. Presenti a Palermo anche Gioia Abballe y Simone Facchini, di Sora (Frosinone) che l’anno scorso hanno guadagnato il titolo di vice campioni del mondo; e i cubani (ma residenti a Milano), e campioni italiani 2016, Julio Alvarez y Yailet Suarez.

Titolo del libro: “Malanottata” 

Autore

Giuseppe di Piazza

Categoria

Giallo-Thriller

Casa editrice

Un racconto tra pathos, trame misteriose per un delitto passionale in cui spunta anche una possibile pista mafiosa. “Malanottata” è l’ultimo libro del giornalista e scrittore palermitano Giuseppe di Piazza. Teatro del fatto è la Palermo del 1984. In un angolo di un quartiere residenziale della città viene trovata una donna in fin di vita, orribilmente sfigurata con l’acido e picchiata selvaggiamente.

Si chiama Veruska, cecoslovacca arrivata in Italia per far fortuna, con il mito di Raffaella Carrà. Bellissima, affascinante, seducente nelle curve del suo corpo e escort di professione. Leo Salinas, invece, è un giovane giornalista alle prime armi, unico presente nella redazione del quotidiano più importante della città quando arriva la notizia. Lui non perde tempo perchè vuole l’esclusiva. Monta sulla sua Vespa e corre in ospedale dove vede Veruska morire.

E’ solo l’inizio della storia e dei tanti arcani che Leo comincia a domandare a se stesso. Chi ha massacrato Veruska in quel modo? Tutti e nessuno. Lei che era stata l’amante di tanti uomini tra nobili, ricchi borghesi e boss mafiosi. Potrebbero essere loro i mandanti dell’omicidio?

Il giornalista inizia ad indagare, ma non è semplice. Le ultime ore di vita Veruska sono avvolte da una coltre di mistero e tutti gli indizi sembrano come svanire, senza portare alla soluzione del caso.

Un libro scritto con grande maestria descrittiva. Sembra proprio di vivere i luoghi narrati nella Palermo dei vicoli, ma anche delle bellezze che rappresenta. Come in una tela dove i nodi dei fili si intrecciano, l’autore rende sempre vivo il racconto e lascia al lettore, fino all’ultima pagina, l’emozione dell’intrigo.

Biografia autoreGiuseppe di Piazza, direttore dell’edizione romana del Corriere della Sera, è stato responsabile dal 2013 di “Corriere Innovazione”, sistema multimediale del Corriere della Sera, e direttore di “Sette” e “Corriere della Sera Magazine”. Comincia la sua carriera giornalistica nel 1979 a “L’Ora di Palermo” dove si occupa di cronaca. Nell’85 va a Roma, alla rivista del Ministero degli Esteri, poi al quotidiano “Reporter”. Dal 1986 al 2000 è al “Messaggero”. Nel quotidiano della Capitale è capocronista, capo di Interni e Giudiziaria, editorialista, caporedattore centrale. Dalla fine del 2000 è a Milano, in Rcs, dove è prima responsabile dei contenuti del portale internet del gruppo, poi direttore dell’agenzia radiofonica “Agr”, e dal 2003 direttore del mensile “Max”. Ha pubblicato tre romanzi e fatto diverse mostre fotografiche.

Ritorna il teatro spassoso, piacevole e farsesco della Compagnia Amatoriale Sicilia Teatro con il testo, “Cercasi tenore” (Lend me a Tenor nella versione originale), forse il più celebre e divertente lavoro di Ken Ludwig, drammaturgo e regista americano.

Il copione in due atti, con la regia di Antonella Messina, è considerato un vero cult della comicità. Sulle tavole del teatro di Broadway ha replicato per 14 mesi e si è aggiudicato due Tony, quattro Drama Desk e tre Outer Critics Circle. La commedia ha aperto la rassegna teatrale del Teatro Savio di via Evangelista di Blasi. Stagione che quest’anno è stata dedicata alla memoria di Pippo Spicuzza, regista, attore e “maschera” del teatro palermitano.

L’azione ruota attorno al personaggio di Tommaso (Massimo Barbagallo) aspirante cantante lirico che, in qualità di assistente, affianca un direttore di teatro d’opera senza scrupoli. Per l’allestimento dell’Otello il direttore ha deciso per il “colpo grosso”: ha scritturato un tenore di fama mondiale, Pedro Almador (Luca Tantino) e soprannominato “il meraviglioso”.

L’arrivo del divo suscita fermento negli animi che popolano quel teatro, dove si attende con curiosità la sua grande interpretazione. Tutto precipita in un divertente turbinio di fraintendimenti, scambi di persona, doppi sensi, vulcaniche gag.

Bravissimi gli attori dell’associazione culturale C.A.S.T, Massimo Barbagallo, Valeria Scaglione, Franco Natoli, Luca Tantino, Laura Carini, Ottavio Bottalla, Laura Zinni, Brigida Machì, (dietro le quinte Claudio Scarpaci, Ina Profilo e Michele Geraci), che riescono a strappare allo spettatore, aiutati da un testo “meraviglioso”, risate ed applausi a non finire.

Uno spettacolo coinvolgente che fa trascorrere due ore di pura ed esilarante comicità.

ferrandelli2Fabrizio Ferrandelli ci riprova e dopo la sconfitta nel 2012, contro Leoluca Orlando, si ricandida a sindaco di Palermo. Non una parola sul professore che al ballottaggio di quattro anni fa vinse con il 47 per cento di consensi, riconquistando la città dopo l’era Cammarata.

“Non sono il candidato del Pd, ma il mio progetto politico su Palermo è aperto a tutti quelli che hanno a cuore le sorti della città. I partiti non hanno più la capacità di ascolto”. E precisa che la sua “è una candidatura politica”.

Un messaggio chiarissimo che rispecchia quelli che sono i “rumours” sulla sua candidatura: creare un’ampia convergenza, con molta probabilità di liste senza simboli che potrebbero essere frutto di accordi trasversali su un fronte ampio. Esclude assolutamente la valenza civica del suo impegno, ribadendo l’importanza dell’azione etica e morale che la politica deve esercitare. Da qui parla delle sue dimissioni da deputato regionale un anno fa, dopo aver ascoltato le parole di Manfredi Borsellino.

“Io mi sento un uomo libero e la mia candidatura è una candidatura senza padrini e senza padroni”. Parla anche di padre Puglisi, il prete di Brancaccio ucciso dalla mafia, ricordandone la testimonianza di libertà.

E’ molto attento a non addentrarsi su programmi e su interventi da porre in essere per la città. In fondo, questo primo passaggio non è altro che un segnale lanciato all’interno di un agone politico complesso e allo stato attuale imprevedibile da decodificare. Due gli elementi che fanno da cornice a questo quadro: il referendum costituzionale di ottobre, che un eventuale vittoria del No farebbe deframmentare il Pd e non solo; e poi le leggi attualmente in discussione all’Ars sulla modifica delle norme elettorali per le comunali.

Norme in cui sarebbe prevista la possibilità del ritorno al trascinamento delle liste collegate al sindaco. Nei fatti, ne sarebbe avvantaggiato il candidato sindaco, perché il voto dato ad una lista (o anche partito) andrebbe anche al candidato Primo cittadino. Quindi la partita è assolutamente in divenire e nella “scacchiera politica”, almeno per questa estate, vedremo solo mosse tattiche. E quella di oggi è una di queste!