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Gaetano Càfici

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I fedelissimi parlano di un Berlusconi in profonda collera, intenzionato a “scatenare l’inferno”, come nel film “Il Gladiatore”, dove il generale romano, Massimo Decimo Meridio, interpretato dall’attore Russel Crowe, ordina l’attacco ai suoi soldati contro il nemico, con la frase epica: “Al mio segnale scatenate l’inferno”. 

La guerra tutta interna al centrodestra per la leadership della coalizione non è mai finita. E il lasciapassare dato a Matteo Salvini, all’indomani del risultato elettorale del 4 marzo, come da accordi pre-elezioni, per la guida della coalizione, era soltanto un atto dovuto.

Silvio immaginava, anche se ad oggi, al difficile puzzle del governo manca solo il nome che, l’operazione “contrattuale” tra Salvini-Di Maio, alla fine sarebbe naufragata. Lo ha detto sempre ai suoi nelle ultime settimane: “Vedrete che poi non se ne farà nulla e Salvini sarà costretto a venire a miti consigli per evitare il logoramento politico”. E la frase pronunciata proprio ieri: “sono pronto a fare il premier, credo che non c’è nessun candidato paragonabile a me”,  va letta sicuramente in due modi: il primo prettamente politico. Far capire e, soprattutto, dare un segnale all’esterno, in particolare agli elettori di centrodestra, che lui è ancora in partita, rispetto a quanti lo danno per spacciato e senza possibilità di “governare” questa fase di immobilismo e di incertezza. Il secondo, invece, un vero atto di ostilità, ma non dichiarato esplicitamente, con quell’ordine da “gladiatore” romanonei confronti del segretario della Lega. E continuando con questa strategia Berlusconi, durante un comizio, marca stretto il suo “alleato”: “Non ha mai parlato a nome della coalizione ha sempre soltanto parlato a nome proprio e della Lega. La coalizione con un programma comune è altra cosa e non ha nulla a che vedere con i Cinquestelle”.

A queste parole si sono, anche, aggiunti gli attacchi dei deputati vicini a Berlusconi mandati in avanscoperta: “Matteo Salvini si è posto fuori dal centrodestra”. Una “gragnola” di colpi verbali pesanti come chicchi di grandine che lo stesso leader leghista ha incassato, come un pugile all’ultimo round.

Ma al di là di tutti questi tatticismi lessicali, la vera preoccupazione dell’ex Cavaliere è che Salvini sia intenzionato a “saldare” definitivamente, con la fiamma ossidrica, questo patto contrattuale con Di Maio. E se pensiamo che tra i tanti punti del contratto di governo, c’è anche quello sul conflitto d’interessi, (tanto per capirci quello che riguarderebbe le sue aziende) e la riforma sulla giustizia, le notti di Berlusconi diventeranno sempre più insonni.  E magari serviranno a Mr. B. per preparare la battaglia finale e aspettare il momento propizio per risalire a “cavallo”, brandendo la spada del suo potere mediatico e gridando ai suoi: “Al mio segnale scatenate l’inferno”. 

 

E’ un fiume in piena Davide Faraone, leader siciliano del partito democratico e braccio destro di Renzi, in  un video postato sulla sua pagina FB che, ritornando sul tema del contratto di governoattacca Lega e M5S. 

“Noi abbiamo fatto tanto per il mezzogiorno e siamo stanchi di forze politiche che, invece, pensano che al sud ci siano accattoni a cui dare l’elemosina. Non mi stupisce affatto che Salvini abbia dimenticato il capitolo sul mezzogiorno, nel contratto di governo. Mi sarei meravigliato del contrario. Lui che ha cantato l’inno al Vesuvio contro i napoletani. Lui che ha tolto la parola nord al simbolo soltanto per rubare qualche voto al sud, ma del sud non se ne mai occupato e non gli interessa di occuparsene”.

E nei due minuti di video parla anche dei cinquestelle che “hanno dimenticato il capitolo del mezzogiorno proprio al sud dove hanno preso tanti voti e raccolto le speranze di tanti ragazzi e ragazze. Il M5S ha un’idea del sud sbagliata, così come del suo sviluppo. Le politiche che propongono sono in assoluta continuità con il passato: assistenzialismo, assistenzialismo, assistenzialismo“.

E siamo certi che se qualche grillino avesse incrociato Faraone, mentre registrava il video, sicuramente l’intonazione sarebbe stata: onestà, onestà, onestà, anche perchè, dobbiamo ammetterlo, la “campagna elettorale” non è mai finita e chissà se mai finirà.

Su 85 automezzi che dovrebbero garantire il servizio di raccolta differenziata, 41 sono risultati in avaria come dall’elenco che siamo riusciti ad avere e che potete leggere in basso. Dunque, il 50 per cento dei mezzi è praticamente fermo in officina e da quanto abbiamo appreso gli operai restano in rimessa a non fare niente.

La Rap, dunque, oltre all’emergenza che riguarda le casse dell’azienda, vive quella relativa al parco mezzi che, come potete vedere, non gode di buona salute.

“Durante il turno notturno, quasi la metà degli automezzi che escono dal deposito di Partanna Mondello è costretta a rientrare in sede perché si guasta. Una situazione non più tollerabile, che rischia di provocare disagi ancora maggiori per i palermitani, da troppo tempo costretti a fare i conti pure con un servizio di raccolta davvero pessimo”. A dirlo è la consigliera comunale, Sabrina Figuccia (Udc).

E lei stessa lancia l’allarme anche su ciò che potrebbe accadere nei prossimi giorni a Palermo. “Il concreto pericolo che la tanto decantata raccolta differenziata diventi l’ennesima pagina del libro dei sogni del sindaco Orlando, ma soprattutto che nelle prossime settimane le strade e piazze palermitani tornino a trasformarsi in mega discariche a cielo aperto”.

Una dura denuncia alla quale non si riescono a dare delle risposte, ma con una domanda ricorrente che la Figuccia pone: “Perché tutto questo? Perché automezzi anche nuovi si guastano con una frequenza davvero singolare? Misteri palermitani, ma nel fondo resta una domanda: cui prodest?”.

A questo punto non possiamo che attendere “fiduciosi” che il sindaco Orlando ci “illumini d’immenso”, prima che Palermo si riempia nuovamente di rifiuti, non che non lo sia adesso…ma come si dice, al peggio non c’è mai fine.

 

“Quello che doveva  essere l’IRSAP e cioè favorire lo sviluppo delle aree industriali sul territorio regionale, si è dimostrato inefficace nella messa in atto di politiche concrete a sostegno delle aziende, diventando, invece, il solito poltronificio e dando soltanto stipendi di tutto riguardo ad una classe dirigenziale inerte e disattenta alle necessità degli imprenditori”. A parlare è Giancarlo Cancelleri, leader dei pentastellati in Sicilia e già candidato alla poltrona di governatore, che dal suo blog lancia la proposta della messa in liquidazione dell’IRSAP.

“La nostra proposta è quella di procedere alla liquidazione dell’IRSAP e al trasferimento delle competenze dell’Istituto all’assessorato alle Attività produttive – scrive ancora Cancelleri – al fine di ridurre i costi di gestione e, soprattutto, realizzare un organo di reale promozione e sviluppo delle attività produttive e l’attrazione di investimenti esterni”.

E continua parlando della “necessità di nominare dei commissari liquidatori degli 11 ex consorzi ASI che possano definire tutte le liquidazioni, le controversie con i dipendenti già posti in quiescenza. E collocare il personale attualmente in servizio presso l’IRSAP in un ruolo ad esaurimento presso la Regione, da adibire alle operazioni di liquidazione, alla gestione delle aree industriali presso i Comuni competenti territorialmente o alla mobilità presso gli uffici centrali e periferici dell’Amministrazione regionale”.

Un vero e proprio smantellamento dell’IRSAP, quindi, che nei mesi scorsi è già stato oggetto di dure polemiche sindacali, con uno stato di agitazione dei dipendenti, legato ai vecchi consorzi ASI, messi in liquidazione. E se prima era Crocetta a dover trovare una soluzione al problema, adesso la palla passa Musumeci e mandarla in rete per lui non sarà certamente facile.

 

E’ tutto in alto mare, malgrado in molti diano per chiusa la partita del governo. Tra i punti del contratto che trovano la quadra, il vero scoglio è la scelta del premier e su questo sembra che Luigi Di Maio abbia in serbo una trappola. Sul profilo twitter di Jacopo Jacoboni, giornalista esperto di cinquestelle (ha anche scritto un libro inchiesta sul movimento di Grillo), un post che sicuramente non può passare inosservato.

La strategia di Di Maioscrive Jacoboni – è provare fino alla fine a impallinare tutti i nomi di “premier terzo”, e farlo lui, il premier. E con la trattativa in corso, a quel punto spinta troppo in avanti, la Lega non potrebbe tirarsi indietro”. Ci aveva già provato con la Meloni, come vi abbiamo raccontato qui su Bloggando.

Quindi la partita si sta giocando al buio con tatticismi che rischiano di far implodere tutto. E il più gongolante non potrebbe che essere Silvio Berlusconi forte della riacquistata agibilità politica, se vogliamo usare un altro termine alla riabilitazione, che attende l’attimo propizio per ritornare a “dare carte”.

Intanto oggi alle 16.30 Di Maio salirà al Colle e alle 18 sarà il turno di Salvini. A parte i nomi che si fanno: Giulio Sapelli e Giuseppe Conte, entrambi tecnici, il primo in quota Lega, il secondo vicino ai pentastellati, non vi è alcuna certezza che si possa uscire con un nome condiviso. Se si considera. come ha marcato lo stesso Mattarella“il presidente non è un notaio”.

I rumours dicono che il nome c’è, ma potrebbe essere anche un modo per tentare di prendere ancora tempo, anche se per il Colle il tempo è davvero scaduto. Non dimenticando che costituzionalmente premier e ministri devono passare dal benestare del Capo dello Stato. Prerogativa che è l’unico punto fermo di questa “trattativa”.

 

 

Continua la polemica sulla vicenda che riguarda il reintegro degli ex lavoratori autostradali del Cas (Consorzio Autostrade Siciliane) i “casellanti” tanto per capirci. Ne avevamo parlato nei giorni scorsi su BloggandoSicilia.

“In atto c’è un continuo rimpallo di date alle richieste di partecipazione al tavolo di crisi istituito dall’assessorato regionale alle infrastrutture con le parti sociali. L’aspetto gravissimo è che il nostro sindacato Orsa non risulterebbe tra i soggetti convocati all’incontro previsto per mercoledì 16”. La denuncia è del segretario regionale del sindacato, Mariano Massaro che attacca l’assessore regionale, Marco Falcone.

“L’assessorato Regionale non è azienda ma autorevole parte politica che non ha obbligo al rispetto delle relazioni industriali richiamate nella richiesta tattica di esclusione dell’ORSA dal tavolo politico regionale”. E continua affermando che “siamo a conoscenza di una presa di posizione di altre organizzazioni sindacali che avrebbero intimato all’assessorato regionale di escluderci perché non firmatari di contratto”. Come dire: l’assessore Falcone non può farsi condizionare.

E anche il segretario confederale dell’ORSA di Palermo, Giuseppe Prestigiacomo, parla di “esclusione dal tavolo delle relazioni aziendali legittimata da ‘lor signori’ per il fatto che l’ORSA non e ancora firmataria di contratto. L’assessorato non è il CAS (consorzio autostrade siciliane) e questa esclusione ha tutto il sapore del solito atteggiamento ostativo a trattare le problematiche del personale ex lavoratori trimestrali come da sempre. Una discriminazione sociale a cui l’assessore Falcone non può in nessun modo sottostare”. E la polemica è bella e servita.

 

Doveva essere un “cambio merce”, un baratto quello che Luigi Di Maio, candidato premier per i cinquestelle ha di fatto proposto a Giorgia Meloni. E postando un video su twitter la leader di Fratelli d’Italia, ha detto: “Di Maio è venuto a chiedere il sostegno alla premiership M5S in cambio dell’ingresso di FDI nel governo M5S-Lega. Di fronte al mio NO ha detto che avrebbe messo il veto su FDI perché troppo di destra. in quello che tutti già chiamano governo giallo-verde non ci sarà il TRICOLORE!“. Ma arriva la smentita di Di Maio che parla solo di “un incontro nel quale abbiamo parlato di tante cose, ma non ho chiesto alcun sostegno”. E la polemica è bella e servita.

 

“C’è un luogo in questo Paese dove si è costruito uno spazio possibile, si chiama Palermo. Nel capoluogo siciliano Movimento Cinque Stelle e Centro Destra (alleati in consiglio comunale!) sono entrambi all’opposizione di una esperienza politica e amministrativa che, malgrado una temporanea fase di appannamento, continua a rappresentare un punto di resistenza e una possibile opzione per la costruzione di un’alternativa di società”.

Inizia così un lungo post che Giusto Catania, capogruppo in consiglio comunale di Sinistracomune ha scritto sul suo blog. Una sequenza di parole che partendo dalla vicenda legata all’accordo Lega-M5s per la formazione del governo, si incastra con quella che lui stesso definisce: “esperienza Palermo come luogo di resistenza”. 

E continua affermando che “Palermo senza ambiguità, non concederà al governo nazionale lo spazio urbano per la costruzione dell’hotspot e che continuerà a mantenere pubblici tutti i servizi locali, malgrado le forti pressioni politiche ed economiche. C’è evidentemente un’ulteriore responsabilità collettiva – chiosa il post – che abbiamo a Palermo: la periferia di un Paese a tinte fosche può diventare il centro di una nuova esperienza politica nazionale. Una responsabilità ascritta, oggi ancora di più, al sindaco e alla sua articolata maggioranza”. 

Sinceramente consiglierei al “compagno” Catania, prima di avventurarsi in voli pindarici di guardare com’è ridotta la città, cercando di non replicare non il solito refrain dell’eredità precedente. Pratica che anche il centrodestra era solito fare. Dopo il 61 a 0, quando conquistarono la città, era una litania continua e non serviva a nulla.

Ciò che serve, invece, è essere realisti riconoscendo che la fase di “appannamento” che lui stesso ha avuto il coraggio intellettuale di ammettere non diventi buio pesto. E questo da ex palermitano non posso accettarlo (intendo il buio pesto).

Buchi neri, incongruenze, criticità. Parole pesanti che nei fatti sono un vero è proprio atto d’accusa della sezione di controllo per la Regione siciliana della Corte dei conti che, con una dettagliata relazione (potete leggerla e scaricarla cliccando qui), ha messo a nudo i bilanci comunali 2015 e 2016 del Comune di Palermo, dai quali emergerebbero una serie di anomalie.

Si tratta di 26 pagine che analizzano l’attività dei Palazzo delle Aquile e fanno uscire fuori un quadro in chiaroscuro sui conti del Comune. Una lunga “lista” di rilievi snocciolati punto per punto. Uno tra tutti, il tema del personale precario e delle procedure selettive per l’assunzione di 13 dirigenti fra cui tecnici e contabili, per i quali occorrerebbe chiarire come sono stati utilizzati i fondi dello Stato. Anche sulle aziende partecipate (per capirci Amat, Rap, Amap) la corte afferma: “ci troviamo di fronte a gravi criticità gestionali già evidenziate più volte, ma che, attualmente, non sono state superate”.

E il magistrato che ha redatto il testo, parla anche del fondo crediti, sul quale c’è il rischio di esigibilità. Un particolare di non poco conto se consideriamo che le incongruenze sono risultate sulle quote riferite all’accantonamento per le entrate provenienti da sanzioni del codice della strada (le multe). E con la perplessità, per chi legge la nota della magistratura contabile, sulla reale destinazione finale di tali somme. Un vero buco nero che tanto somiglia a quello dei quasi 30 milioni di euro, di cui avevamo ampiamente parlato sul nostro giornale, riferito a somme destinate ai vigili urbani per i servizi svolti per strada, mai percepiti e con un contenzioso in corso.

Molte le perplessità anche sul fondo pluriennale vincolato, nato per tutte quelle risorse accertate, destinate al finanziamento di obbligazioni passive, giuridicamente perfezionate ed esigibili in esercizi successivi, ma stando alla relazione sembrerebbero essere, invece, confluite nelle stesse voci non coerenti con quanto prescritto dai principi contabili. Si tratterebbe di proposte per manifestazioni natalizie e rimborsi di vario genere come quelli previsti per i consiglieri di circoscrizione. E si prosegue con quelle che vengono definite operazioni i cui importi non collimano con i dati ufficiali dell’ente e i profili problematici già segnalati nei precedenti controlli.

Il magistrato, in sintesi, definisce le prassi contabili, messe in atto dal Comune in questi anni, come “scorrette e censurabili” e anche per ciò che concerne i debiti parla di mancata corrispondenza e di perduranti inottemperanze.

“E questa volta a metterlo nero su bianco non è un valido esponente dell’opposizione o un nemico giurato del sindaco Orlando – afferma la consigliera dell’Udc Sabrina Figuccia – ma un magistrato istruttore responsabile del controllo della gestione degli Enti locali per la Corte dei conti, che definisce particolarmente difficile l’istruttoria condotta nei confronti del Comune di Palermo per via di tardivi e non integrali riscontri. Una vicenda decisamente preoccupante – conclude la Figuccia – che bisogna studiare dettagliatamente, e per la quale ho chiesto espressamente l’istituzione di una commissione d’inchiesta”.

Orlando, quindi, sembra essere sempre più in difficoltà e “l’attacco” al quale è sottoposto, ormai da mesi, sembra inarrestabile. Proprio ieri sul versante dei rifiuti la Corte dei conti lo ha citato per danno erariale, si parla di diversi milioni di euro, accusandolo di essere stato inadempiente nell’avvio della raccolta della differenziata per gli anni 2012-2014. Un’altra tegola che si stacca dal tetto ormai “pericolante” di Palazzo delle Aquile. E le europee sono ancora lontane.

 

 

Questi non sono altro che  dei “Mandrake” della politica. Hanno fatto promesse da far tremare i polsi, voglio vedere come se la caveranno con la flat tax, con la Fornero, con l’immigrazione, con il reddito di cittadinanza e con tutti gli impegni che hanno preso”. Con un post su FB, Davide Faraone, uomo di punta del Pd siciliano e renziano di ferro prende una posizione netta sull’accordo di governo Salvini-Di Maio.

“Il governo che nascerà, sarà un governo lontano anni luce da noi. Si è aperta questa discussione sulla “felicità” del Pd – ricordate la canzone di Albano e Romina? – per la sua scelta di stare all’opposizione che è assurda. Nessuna felicità, chi si candida alle elezioni lo fa per vincere, soprattutto se è stato al governo. Certo, siamo un “partito governo”, ma è cosa assai diversa dall’essere un “partito sempre al governo”. 

E continua la sua analisi critica sul risultato elettorale. “Gli elettori hanno premiato il M5S e la Lega, purtroppo dico io, ma gli elettori questo hanno deciso e quella volontà va rispettata. Perché quando gli italiani ti mandano all’opposizione, devi accettare questo ruolo e svolgerlo con serietà e determinazione. Nel merito ma senza sconti, soprattutto quando pensi che un governo degli irresponsabili possa fare danno all’Italia e agli italiani”.

Intanto dal versante interno della minoranza del partito democratico, interviene Antonio Rubino dei partigianidem: “Mentre Faraone studia mitologia e ara campi, io mi auguro che il 19 maggio il pd imbocchi la strada giusta per tornare ad essere punto di riferimento dei riformisti di questo Paese a cominciare dai tanti elettori che hanno dato fiducia ai grillini e che oggi si ritrovano al governo con Salvini”.

Per quella data, infatti, si svolgerà l’assemblea nazionale del Pd e, con molta probabilità Renzi annuncerà, come ha già fatto a ‘Di martedì’ su La7, la candidatura di Gentiloni a premier, sempre che il governo nascente non serri le fila e chiuda il cerchio, facendo decadere il già improbabile ritorno, a breve, alle urne.