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Articolo del 5 febbraio 2018 – Erano i tempi del mondiale Italia ’90, quelli del grande Totò Schillaci per intenderci e, a Palermo, oltre al problema del traffico, aleggiava sempre quello dell’emergenza idrica. Come dire che nella nostra amata città le lezioni sono servite a poco. Sempre rimandati a settembre, come a scuola.

Anche a quei tempi il sindaco di Palermo era Leoluca Orlando. Un evento che doveva essere curato nei particolari con un’operazione di “maquillage” per la città. L’emergenza, almeno all’apparenza, era quella dei parcheggi di cui la città era sprovvista. Palermo sarebbe stata “invasa” da migliaia di persone. E la necessità di avere questi spazi era la priorità. Si pensò addirittura di costruirne uno che potesse arrivare fino allo Stadio della Favorita attraverso un tunnel in sotterranea, che avrebbe dovuto percorrere via Libertà. Ma ovviamente l’idea fu subito accantonata.

Ma non si sarebbe mai immaginato che il vero pericolo, da lì a qualche anno, non sarebbe stato quello dei parcheggi, ma quello dell’acqua in una Palermo dove i silos erano diventati simboli e specchio di un’emergenza eterna. Ve li ricordate? Quelle “installazioni” collocate nei quartieri palermitani, dove la gente si metteva in coda per riempire l’acqua. La città era a secco.

Ma ritorniamo ai mondiali. Quell’estate era calda a Palermo. Gran parte della città viveva il dramma del razionamento dell’acqua e in alcune zone la mancanza era totale. Con i rubinetti a secco fu un attimo e le proteste si fecero sentire. Tra blocchi stradali e cassonetti bruciati, proprio quando il mondiale stava prendendo il via. Una vero danno d’immagine per la città.

E adesso, come in una macchina del tempo, la scena di quel “film” si ripropone tra scarica barile, assist trasversali e varie dichiarazioni. Oggi parla anche Giusto Catania, capogruppo di Sinistra Comune, di una “Palermo restata a secco a causa della gestione fallimentare di questi ultimi anni e le disastrose politiche della Regione”. E anche la pentastellata in consiglio comunale, Concetta Amella, che non si spiega come “l’acqua raccolta nelle circa cinquanta dighe presenti in Sicilia ed affidate a Sicilacque, nella stragrande maggioranza dei casi, vengano svuotate in mare, emulando la follia che va in scena nel depuratore di Palermo, ad Acqua dei Corsari, che  getta in mare 500 litri di acqua al secondo”. Di tenore diverso il sindaco Orlando, che chiede, in raccordo con il presidente della Regione Musumeci e del presidente del Consiglio Gentiloni, lo “stato di calamità naturale per Palermo e nella intera Sicilia”.

Tutto, ovviamente, come da copione. Sono passati trent’anni, ma i problemi sono sempre là e quando escono fuori dal cilindro come conigli, non resta che tentare di farli scomparire attraverso una “magia”. Intanto Palermo, che in questi giorni ha vissuto l’avvio ufficiale del conferimento di città italiana “Capitale della cultura 2018”, rimane al palo. Di chi siano le colpe forse è il male minore. La paura, invece, è che lo spettro dei Silos possa ritornare.

(Foto di Franco Lannino Studio Camera)