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Aveva detto: “in caso di vittoria alle nazionali manterremo la legge sulle unioni civili”. Silvio Berlusconi riesce a fare voli pindarici e, come fulminato sulla “via di Damasco”, a virare di 360 gradi e ribaltare ogni suo pensiero.

Oggi, in una dichiarazione che ha fatto saltare dalla seggiola le comunità gay e non solo, Mr. B. ha cambiato idea sul tema delle tante discusse unioni civili. Forse i sondaggi e il voler recuperare voti sull’unico competitor della coalizione di centrodestra e cioè Matteo Salvini, lo hanno “costretto” a smentire se stesso.

Penso che la legge sulle unioni civili sia sbagliata -ha detto ai microfoni di radio Lombardiama abolire una legge non significa tornare alla situazione precedente, non vogliamo togliere diritti a nessuno ma siamo convinti che la famiglia è una cosa diversa, una unione stabile di un uomo e di una donna orientata alla procreazioneNon diamo giudizi morali su nessuno, lo Stato non deve mai entrare nelle scelte di vita personale, ma difendiamo l’unicità della famiglia”.

Quindi la sua posizione si articola nel voler affermare che la famiglia è quella tradizionale. Una bella grana però per il centrosinistra che di questa legge ne aveva fatto un vessillo. Prima tra tutti il presidente della Camera, Laura Boldrini sostenitrice anche delle adozioni alle coppie omosessuali e che poi, in seguito ad una lunga mediazione, aveva dovuto cedere alle stepchild. E anche dura la presa di posizione di Nicki Vendola, “sposato”da poco con il suo compagno Tobia, che si scaglia contro Berlusconi affermando che “non potendo surclassare leghisti e Fratelli d’Italia sul terreno sdrucciolevole della xenofobia, rimette in campo l’antica pulsione omofoba e ammicca all’ideologia della famiglia che non solo c’è se è rigorosamente eterosessuale….”

In fondo, se vogliamo, l’ex Cavaliere di famiglie se ne intende, avendone avute diverse nella sua lunga vita. E quindi può essere considerato il più “deputato” ed esperto in materia.

Ma mettendo da parte l’ilarità e ogni giudizio, l’elemento che salta agli occhi è come, tra antifascismo ad orologeria e l’utilizzo di temi così delicati, anche seppur discutibili, in questa campagna elettorale non si parla dei problemi della gente. Perchè cari candidati o pseudo tali ricordatevi che alle urne gli italiani dovranno andarci o, almeno, speriamo che lo facciano. E il rischio, purtroppo, è quello di vedere uscire dalle schede un solo vincitore: l’astensionismo.

Ho sempre ritenuto Berlusconi un maestro di ingegno. Di quelli sagacemente abili nel trasformare i tanti ranocchi del suo stagno in principi da corte. Dote direi rarissima, ma indiscutibilmente vera. Nessuna possibilità di smentita o di dubbio. Quasi come un dogma da filiazione estrema.


Il suo ego autocelebrativo non ha eguali, anche se io sostengo che se si cerca bene, nelle pieghe di questo nostro Paese, qualche altro Mr. B. in fasce lo troveremmo sicuramente. Ma mi spiego meglio. In tempi diciamo non sospetti, cioè quando l’uomo di Arcore era ancora lontano dalla politica, lui era già un incredibile venditore di se stesso e delle sue aziende. Uno straordinario calumet, un cerimoniere che ammaliava le platee di tutta Italia dispensando consigli e segreti ai suoi venditori. Publitalia docet. Diceva sempre: “Ricordate che ai clienti bisogna parlare per immagini piuttosto che per concetti. La logica convince ma viene presto dimenticata, invece l’immagine colpisce e viene sempre ricordata”. Insegnamenti “sacri” di cui gli italiani hanno fatto tesoro per quasi un ventennio.
Però, c’è sempre un però nella storia di ognuno di noi. Silvio, l’uomo dalla statura del rialzo, l’Araba fenice del secondo millennio, ci sorprende ancora e ci lascia trasecolati anche nei suoi riti epistolari a noi conosciuti: dal contratto con gli italiani fino agli opuscoli elettorali puntualmente recapitati ai nostri domicili a qualche giorno dal voto. Ed è proprio nella lettera che ho trovato nella mia cassetta postale il manifestarsi di tutto il mio stupore. 
Lui, il venditore di Arcore, che scrive per ricordarmi tutto ciò che ha fatto e farà per il nostro bene chiedendo, infine, il mio sostegno alla sua battaglia politica. Leggo e rileggo le righe. Ma all’improvviso mi accorgo che il “Caro Francesco” a cui lui si rivolgeva non potevo essere io. Guardo bene la busta e mi accorgo che il destinatario era mio padre che, nell’aprile del 2008, aveva lasciato la vita terrena per l’eterno riposo. Sorrido e per un attimo il mio pensiero va al mio caro papà riportato in vita, per qualche istante, da Berlusconi. Se non è questo il vero miracolo italiano: riuscire a scrivere e a parlare persino ai morti.