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“Da questo nuovo fontanello si potrà bere gratuitamente acqua corrente naturizzata, anche ghiacciata e/o gasata e resterà funzionante 24 ore su 24 per tutti i cittadini che potranno utilizzarlo, sempre gratuitamente e (si spera) rispettosamente”.

Così si leggeva in un comunicato stampa dell’ottobre del 2011, che annunciava l’installazione di un fontanello, voluto dall’Amap di Palermo (società che gestisce la distribuzione dell’acqua in città) e realizzato da un’azienda italiana del settore. Questo prodigioso strumento venne collocato proprio davanti la sede dell’Amap in via Volturno, dove ancora si trova, ma forse con una diversa utilità!

Non più quello di offrire, oltre che ai cittadini, un servizio ai turisti assetati in visita nella nostra città, ma una vera e propria “installazione artistica”, nel marzo del 2016 con bottiglia di birra di marca annessa (come da foto), quale sponsor di tale immaginifica opera da lasciare ai posteri e, oggi, con sacchetto di plastica (sempre come da foto), quale simbolo forse della raccolta “differenziata”.

Il fontanello venne inaugurato 7 anni fa, in pompa magna (presenti i vertici della precedente amministrazione), con la partecipazione straordinaria della medaglia d’oro di atletica leggera Pietro Mennea, testimonial d’eccezione dell’evento, scomparso purtroppo nel marzo del 2013. Un’iniziativa legata alla “Staffetta dell’acqua”: progetto a carattere nazionale, che doveva promuovere iniziative sui territori, in favore dell’acqua di rubinetto e responsabilizzare i cittadini ad un uso corretto e consapevole dell’acqua. Noi di BoggandoSicilia ne avevamo parlato già due anni fa e pare nulla sia cambiato.

Oggi, come un desiderio irrefrenabile, il fontanello ha deciso di cambiare “ancora” abiti, smettendo la sua “noiosa” routine giornaliera di offrire acqua gratis.
In fondo, in periodo di spending review ci si inventa tutto! E comunque qualcuno lo dica a chi “responsabilmente” dovrebbe controllare il funzionamento di un servizio e in questo caso non lo fa. Perché magari un fontanello non è per sempre, ma l’acqua sì!

“Per quello che mi riguarda personalmente anticipo che non voterò Liberi e Uguali. Una scelta maturata con delusione e amarezza, dopo i metodi adoperati per la composizione delle liste e per il silenzio che ha accompagnato le critiche che abbiamo mosso in questo passaggio politico”.

E’ la dichiarazione di “non voto” di Ninni Terminelli, presidente dell’associazione Sinistra delle idee, approdato ad Articolo1 e vicino al movimento di Piero Grasso, “Liberi Uguali”, da cui nei giorni scorsi aveva preso le distanze per il metodo di selezione dei candidati alle politiche del 4 marzo. L’esponente storico della sinistra palermitana, come scritto dal nostro magazine, aveva lanciato una nuova proposta politica: “Gli Scontenti”. Una sorta di contenitore che raccoglierebbe uomini e donne di sinistra, figli di quel malumore che ha portato, nei fatti, ad una spaccatura di quell’area politica.

Una lacerazione in cui non sono mancate le faide e le lacerazioni interne, causate anche dall’ingresso, nel Partito democratico, del sindaco Orlando.

E proprio ad Orlando, come si legge nel profilo FB, Terminelli dà un assist che, tradotto dal politichese ad una lingua più convenzionale, potrebbe far presagire il ritorno dell’ex retino nelle fila del Pd? Fantapolitica. Chissà?

Un segnale nei confronti del professore, confermato anche dalle parole dello stesso Terminelli, che alle scorse comunali si era candidato in una lista coalizzata con Orlando, che dice: “Auspico tuttavia che come a Palermo con Leoluca Orlando e nel Lazio con Zingaretti possa presto nascere un nuovo centrosinistra italiano che riunisca tutti, inclusa la forza politica di Liberi e Uguali”.

Anche se, va detto, che le posizioni del neo movimento “Gli Scontenti”, lanciato da Terminelli, non si identificherebbero con un singolo partito: “Nei prossimi giorni annunceremo ufficialmente la posizione dell’area politica de Gli Scontenti per le elezioni Politiche del prossimo 4 marzo. Sarà una posizione trasversale, proprio perché la nostra intende essere un’area di indipendenti di coalizione e non di un singolo soggetto politico”.

In politica, comunque, mai dire mai anche perchè lo stesso Orlando aveva dichiarato: “ve lo devo dire in aramaico che non mi ricandido”. E, invece, poi lo ha fatto. Quindi tutto è possibile anche sotto l’ala e la benedizione dell’ex fondatore delle Rete.

 

Non è sicuramente piaciuta a “Liberi e Uguali” l’operazione politica del sindaco Orlando diventato, nei fatti, l’amministratore delegato del Pd a Palermo. E la dichiarazione al vetriolo di Nadia Spallita, neo esponente in città del partito di Grasso, ha le caratteristiche di una resa dei conti tutta a sinistra.

“Il sindaco Orlandodice Nadia Spallitacontinua a tradire la fiducia che negli ultimi 40 anni la maggioranza dei cittadini palermitani gli ha rinnovato. Nessuno dei servizi di competenza della città funziona, dalla raccolta differenziata, ingiustificatamente ferma al 9 percento in città e al 12 per cento in provincia, con danni all’erario e ai cittadini, oltre che all’ambiente”.

 

Un attacco che apre le danze di una campagna elettorale dura e prefigura uno scontro già in atto all’interno del Pd, reo di aver ceduto al professore le chiavi del partito per paura che quel famoso 61 a 0 del centrodestra, potesse aleggiare come un fantasma nella stanze di via Bentivegna.

Come dire che di alternative non c’erano e Davide Faraone, braccio destro di Renzi in Sicilia, doveva trovare un escamotage per isolare la sinistra e dare al malato Pd una cura. E questa cura si chiama Leoluca Orlando.

Ma la Spallitta non si ferma e parla della  gestione delle risorse idriche in città “inadeguata a tal punto che dopo trent’anni, si torna al razionamento dell’acqua. Nessuna programmazione, nessun investimento sulle dighe, sulle reti obsolete e nessuna azione di prevenzione che il Sindaco avrebbe dovuto garantire”.

E’ un fiume in piena l’ex portavoce dei Verdi che continua dicendo che a “Palermo i servizi sono inesistenti e l’economia è ferma anche per le disfunzioni e i ritardi degli uffici tecnici. L’amministrazione comunale ha avuto ben 5 anni per bandire il concorso pubblico per l’assunzione dei dirigenti, invece ha preferito fare ricorso ad incarichi esterni a tempo determinato”.

E infine, cita la Ztl e la vicenda paradossale delle multe ai disabili. “Non ho visto alcuna forma di opposizione né dal centro destra né dalla sinistra, in merito a delle scelte, evidentemente errate, visto che oggi Palermo, si trova agli ultimi posti delle statistiche nazionali ed europee per istruzione, livelli occupazionali, disoccupazione, emigrazione giovanile”.

Ma la sciabolata finale la riserva al partito democratico che “ha consegnato la città ad un uomo solo. Orlando rinunci alle competizioni elettorali e dimostri con comportamenti concreti, l’amore che ha sempre dichiarato per la sua città”. 

Un appello, sembra quello della Spallita, che conferma come, dopo la candidatura alla Camera per il Pd di Fabio Giambrone, uomo di Orlando da sempre, si ha la sensazione che il professore voglia essere contrattualmente forte per giocarsi la carta delle europee e, come da noi scritto, lasciare Palermo.

Se così sarà, l’accordo tra Faraone e Orlando, che in molti vociferano, sarà per la successione di Palazzo delle Aquile. Tutto comunque passerà dal 4 marzo perchè, se il centrodestra sarà la coalizione che prenderà più voti, l’accordo per il candidato sindaco passerebbe anche da lì. E, quindi, non resta che aspettare meno di un mese e, forse, l’arcano potrà essere svelato.

Leoluca Orlando è un animale politico. Riesce sempre a cogliere l’attimo, quel “carpe diem” che gli ha permesso di essere perfettamente puntuale, come un metronomo, quello usato dai musicisti per misurare il tempo della musica, nell’evoluzione degli scenari politici. E’ una spanna sopra gli altri. Nessuno puo’ dimostrare il contrario. Il suo passaggio nel Pd assieme al suo fido Fabio Giambrone è un’opera d’arte che già da qualche tempo era diventata meno leggenda e più realtà. Mancava solo la cornice, ma è bastato brandire il “pericolo del populismo targato cinquestelle e la paura del ritorno del berlusconismo” e il gioco è stato bello e pronto.

Il sindaco della primavera di Palermo, fondatore del movimento politico la Rete, che scardinò il potere della Dc di Lima e Andreotti nel 1985, riuscendo a battere nel 1997 Gianfranco Miccichè, l’allora plenipotenziario di Berlusconi in Sicilia e poi sconfitto nel 2007 dal forzista Diego Cammarata, rivincendo nel 2012 e nel 2017 contro Fabrizio Ferrandelli, ha calato l’asso. Quello che tutti aspettavano.

La sua è una fine strategia di distrazione di massa, con un obiettivo chiaro, quanto semplice: trovare una via di fuga alla sindacatura per candidarsi nel 2019 alle elezioni europee. Troppi i problemi che il Comune di Palermo ha annotati nel suo libro e che difficilmente, passata la “sbornia” per la nomina a “Capitale italiana della cultura”, riuscirà ad affrontare e risolvere. Per non parlare della situazione finanziaria che non naviga in buone acque.

E poi, la dice tutta la dichiarazione in cui ha voluto puntualizzare: Resto convinto che il mio partito si chiama Palermo”. Forse come a tranquillizzare soprattutto consiglieri e assessori che lo sfratto ancora è lontano. Ma sarà veramente così? Di certo Orlando è riuscito a sorprendere anche questa volta, dimostrando che il mazziere è sempre lui e al tavolo verde del Pd la fiche sul numero, sia esso nero o rosso, sa dove metterla.

Adesso la roulette del partito democratico gira. Un partito che dopo aver gettato strali su Orlando, nel periodo in cui si doveva decidere l’alleanza per l’elezione a sindaco senza simboli di partito, adesso plaude all’ingresso nelle sue fila. Quasi come una boccata d’ossigeno per un partito lacerato che ha dovuto, anche questa volta, fare atto di sottomissione al professore. In fondo in politica i numeri sono numeri e Orlando in questo è bravissimo maestro e giocoliere.


La “partita” delle comunali a Palermo è appena iniziata. Potrebbe apparire come un paradosso, ma a tre mesi o poco più dall’appuntamento elettorale, che dovrà esprimere il nuovo sindaco, “pedoni” e “alfieri” sono là a guardarsi, in attesa delle mosse da fare. Un ginepraio tattico, che si muove felpato come da tradizione prettamente nostrana. Ne rivendichiamo con orgoglio il copyright.
Ad oggi, a meno di prodigiose alchimie alla mago Merlino, i nomi dei candidati, che potrebbero andare al ballottaggio, sembrano già delinearsi. Sì, perché, rispetto agli analisti e ai politologi che nel web declamano le proprie certezze in materia, il secondo turno è sicuro come le equazioni che ai tempi di scuola mi facevano impazzire!
Le due recenti aperture di campagna elettorale: quella dell’uscente Orlando e l’altra del suo mancato figliol prodigo, Ferrandelli e i posizionamenti delle aree politiche di riferimento, che ufficialmente sembrano essere al di fuori dei partiti, ma che nei fatti stanno costruendo una cornice (ciascuno la sua) di un quadro che prende forma, ne sono la prova provata.
Il terzo incomodo, ossia il M5s, con il suo candidato Forello, non sembra, a meno di eclatanti avvenimenti, poter essere da disturbo ai due blocchi. Poi c’è il Pd o quello che ne resta, diviso tra chi vorrebbe appoggiare il sindaco della fu primavera di Palermo (ndr. Leoluca Orlando) e una parte dichiaratamente schierata con Ferrandelli. Infine, “dulcis in fundo”, quei Democratici che rivendicano l’orgoglio di esprimere un proprio candidato sindaco. Una summa degna di un film thriller, o per gli amanti di altro genere: un horror in salsa siciliana.
Dimenticavo la sinistra. Quella sinistra però che in città ha sempre vinto, ma quando in sella c’era un democristiano. Anzi per dirla tutta solo quando quel democristiano era, anzi è Leoluca Orlando. Perché, realisticamente, Palermo non è mai stata di sinistra, così come non è lo è mai stata di destra nell’accezione etimologica del termine. E i forzisti, che non avendo trovato l’agnello sacrificale, alla fine hanno deciso di “svoltare” dalle parti di Ferrandelli.
Quindi, considerando i “resti”, tanto per usare un termine a caratura di legge elettorale, lo scenario numerico dei candidati a sindaco potrebbe salire a nove! Una frammentazione che inciderà, inevitabilmente, escludendo una vittoria piena al primo giro di “boa”.
Malgrado ciò, il “secondo tempo” lo giocheranno gli stessi giocatori di cinque anni fa, con una piccola differenza che in quelle del 2012, furono determinanti, per la rielezione di Orlando, i voti del centrodestra.
E adesso che il centrodestra appoggerà Ferrandelli, cosa accadrà? Forse all’attuale primo cittadino non resta che sperare nel voto disgiunto, anche se l’effetto trascinamento reintrodotto per legge, di fatto, premia le liste forti.
E su questo attenderei i nomi dei candidati al consiglio comunale di ambedue gli “schieramenti”. Perché saranno questi a fare vincere il prossimo sindaco, in una battaglia che non è soltanto la “presa” di Palazzo delle Aquile, ma la resa dei conti tra il “maestro” e il proprio “allievo”.