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Basta girare per le strade della nostra città per rendersi conto che Palermo non è più, se mai lo è stata, una città normale. Le immagini dei cassonetti stracolmi di immondizia non possono più essere accettate. Una violenza inaudita che non può essere giustificata da pseudo colpe attribuibili soltanto ad una “macchina guasta” che, tra le altre cose, non essendo dotata di intelligenza artificiale non può neanche difendersi. Deve solo vedersi addossate tali colpe per aver spezzato i suoi ingranaggi e quindi il suo ciclo di lavoro. Perchè tutti sappiamo che il problema non è quello.

Troppo semplice, troppo facile rispetto ai cittadini che puntualmente pagano la tanta “odiata” tari e che si vedono derisi e violentati  da questo spettacolo, ogni giorno, mentre vanno a lavorare o per fare altro. E ancora più triste vedere i turisti immortalare lo scempio di quegli scatti, da conservare e mostrare come “trofeo” da grande caccia.

In tutto questo sia sui social che sul web i commenti sono impietosi. Una rappresentazione da commedia dell’arte, una farsa scenica che diventa ancora più farsa quando parallelamente, come in un passaggio ad un altro mondo o ad un’altra dimensione attraverso un immaginario “stargate”, Palermo all’improvviso diviene capitale italiana della cultura. E’ come se volessimo parlare ad un convegno del pensiero di Kant e invitassimo Lapo Elkann come moderatore (mi scuso con Lapo, ma penso che anche lui ne converrebbe).

Ma quello che sentiamo e vediamo di più, oltre alla triste fotografia che impressiona il nostro sguardo, è il silenzio del nostro sindaco, perchè ricordiamoci che Orlando piaccia o non piaccia è il sindaco di tutti. E’ il papà di Palermo che ama questa città, come ha sempre dichiarato.

Quindi vorremmo che da questo suo letargo si svegliasse in fretta. Non basta qualche dichiarazione o qualche atto firmato dalla Rap. Questa volta il professore deve andare oltre, anche se al suo ultimo mandato. E fare quello che deve essere fatto, magari chiedere lo stato di calamità nazionale. Perchè, come in un evento naturale, anche se questo non lo è, le carte da giocare sono poche. E l’effetto domino è sempre dietro l’angolo.

La nostra sarà pur sempre una provocazione, ma meglio essere ricordato per aver tentato con una fiche di prendere il piatto, che fare cip e passare la mano. Alla fine si perde sempre.

 

 

 

Una vicenda che si trascinava da tempo tra il Comune di Palermo e l’Apcoa, la società che gestisce alcuni stalli a pagamento, le cosiddette zone blu nel centro della città. La controversia è quella legata al pagamento della tari, la tassa sui rifiutidovuta al Comune e che, invece, per la commissione tributaria non dovrà essere pagata dalla società.

“Se il Comune non ha il diritto di riscuotere da Apcoa la tassa sui rifuti dal 2007 ad oggi, stando alla sentenza appena emessa –  afferma Giusto Catania, capogruppo di Sinistra Comune a sala delle Lapidi –  ci chiediamo che fine abbiano fatto i 1,4 milioni di euro dovuti dalla società Panormus2000/Apcoa”.

“La restituzione della somma di cui è debitrice Panormus2000/Apcoa è stata oggetto di un provvedimento già da tempo notificato ai destinatari –  continua Catania – senza riscontro alcuno. Gli importi devono essere rimborsati per il progetto di project financing grazie al quale è stato realizzato il parcheggio multipiano di piazza Vittorio Emanuele Orlando, che ha però determinato una abnorme distribuzione e gestione delle zone ‘blu’ a Palermo. Sono svariate, infatti, le criticità e le anomalie, a partire dalla convenzione novantennale per la gestione del parcheggio e di migliaia di stalli di sosta ‘blu’ in diverse zone della città”. 

E, quindi, il braccio di ferro tra Comune e Apcoa continua, ma nelle casse del Comune, intanto, manca all’appello qualcosa come un milione e 400 mila euro. Come dire: il danno oltre alla beffa.