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Assemblea regionale siciliana

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Il ginepraio di dichiarazioni incrociate, da parte di eminenti esponenti dell’area governativa che sostiene Crocetta, di fatto sembrano essere una vera e propria chiamata alle armi: “o si fa la Sicilia o si muore”. Detto di antica memoria che rende bene, comunque, il senso di quell’esperienza politica, nata appena un anno e mezzo fa con la tanto sbandierata rivoluzione dell’ex sindaco di Gela e che sembrerebbe, oggi, volgere al termine.

Ma sarà davvero così? Oppure ci ritroviamo ad assistere, come sempre, al solito gioco delle tre carte: tentativo subdolo per mettere sul tavolo “validi argomenti” o presunti “impegni” da assolvere, agitando come strumento di ricatto politico, da parte di ambedue contendenti, lo spettro di possibili dimissioni e, dunque, di ritorno alle urne?

In una Sicilia dove vivono e albergano i paradossi come quello di Termini Imerese, chiusa mentre la Fiat annuncia di aver acquistato la Chrysler americana (storie degne di un romanzo giallo); dove l’economia è paralizzata, con la conseguente morte delle realtà produttive medio-piccole; dove il turismo, invece di essere posto come volano finanziario dell’isola, viene ignorato dall’agenda di governo e dove i giovani, oltre a rinunciare al diritto di un lavoro, devono per forza di cose rinunciare ad essere padri, tutto è possibile, così come il delitto perfetto!

Un quadro spettrale per un elenco infinito che potremmo collezionare, come quei diabolik pagati a nostre spese all’esimio onorevole di turno, per non parlare delle altre regalie e di ciò che ancora non conosciamo. E se, invece, fosse proprio questo l’alibi per uscire di scena? Insomma il delitto perfetto di cui sopra! 

Una sorta di exit strategy bipartisan per dire che la rivoluzione c’era, si stava attuando, ma che per colpa di una cravatta Hermes, qualche panettone di troppo ed un regalo di nozze, tutto è stato rovinato. Solo per salvare la faccia.

A questo punto sarebbe  meglio resettare l’Ars, usando un termine moderno, riavviando l’hard disk del governo, nella speranza che non sia definitivamente danneggiato. Forse tutto ciò non accadrà perché anche i deputati e gli assessori tengono famiglia. La rivoluzione immaginaria vedrete non morirà ma continuerà a sventolare “bandiera bianca”.

Il presidente della Regione siciliana Musumeci non usa mezzi termini e sul suo profilo facebook, in un video, minaccia di dimettersi e mandare a casa i 70 deputati dell’Ars. Il “casus belli” è il collegato alla finanziaria presentato dalla giunta regionale che, oggi pomeriggio, era in discussione in Aula e per il quale è stato chiesto e votato il ritorno del testo in Commissione bilancio. Una mossa, grazie anche al voto delle opposizioni, che ha mandato su tutte le furie Musumeci.

“Con questo collegato si può dare l’avvio alla stagione delle riforme, ma si è voluto quasi affossarlo, rimandandolo in Commissione soltanto per perdere tempo e deciderne la fine. Perché in Sicilia le riforme non si devono fare. Quando dalle parole si passa ai fatti, te li trovi quasi tutti contro”.

Infine l’ultimatum: “Io aspetterò che il ‘collegato’ torni in Aula per essere serenamente esaminato da tutti i gruppi parlamentari, sia quelli della coalizione di governo e che dall’opposizione. Una cosa è certa, se il Parlamento, sin dalle prime battute, dovesse mettersi di traverso sulla strada delle riforme, perché nulla debba cambiare, non ci sarebbe un solo motivo per cui io debba restare al mio posto di Presidente della Regione. Non mi interessa che rendermi utile al cambiamento di questa terra. Ecco qual è la scommessa. La partitocrazia più famelica che ha devastato questa regione forse non è stata mai sconfitta”.

E il video si conclude rivolgendosi ai siciliani. “Sentivo stasera il dovere di informarvi perchè i siciliani sappiano da che parte stiamo noi e da che parte stanno gli altri”. E l’attaccamento alla “seggiola” porterà, sicuramente, a miti consigli i deputati regionali che troveranno, come all’improvviso, una soluzione. Perchè, oggi, uno stipendio mensile per cinque anni è un privilegio al quale è difficilissimo rinunciare.

 

“Io mi stupisco di un politico fine come Gianfranco Miccichè, che dovrebbe ascoltare il sentire dei siciliani e al di là del giusto o sbagliato, non lo fa. In nessuna regione d’Italia succede che ci sia un numero spropositato di portaborse”.

A parlare è Daniela Santanchè (Fdi) che intervenendo al programma “Non è l’Arena” di Giletti su La7, si è scagliata contro il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. Il tema è quello dei portaborse dell’Assemblea regionale siciliana che, nelle scorse settimane, aveva creato un caso politico, poi finito anche alla corte dei conti. All’inizio di questa legislatura l’Ars aveva messo a disposizione di ogni onorevole la somma di 58 mila euro da utilizzare per spese di consulenza e, quindi, anche per i portaborse. Da lì la polemica era stata servita.

“Per me politico, vedere questi dati mi fa capire – ha detto la Santanchè nel corso del programma – perchè gli italiani non hanno più fiducia nella politica e non vanno più a votare”.

“Mi dispiace davvero alzare bandiera bianca, ma per quanto suggestiva possa essere la figura di un ‘Don Chisciotte contro i mulini al vento’ in versione femminile, non intendo affatto interpretarla convinta come sono che mai il vertice siciliano di Forza Italia si assumerà la responsabilità delle proprie indiscutibili colpe e ne tragga le debite conseguenze. Nella migliore delle ipotesi si procederà ad un furbesco maquillage che lascerà però sostanzialmente le cose come stanno”.

Parole dure quelle di Marianna Caronia, che lascia il gruppo di Forza Italia all’Ars per “transitare” al gruppo misto, in attesa di un riposizionamento politico. Una decisione che avevamo prospettato proprio su BloggandoSicilia.

L’esponente, oggi ex azzurra, riconosce però al capogruppo del partito all’Assemblea regionale, Giuseppe Milazzo, “buona fede e bon ton istituzionale” a differenza dell’onorevole Miccichè. E rinnova la fiducia  e “il sostegno alla realizzazione del programma della coalizione che ha eletto il Presidente della Regione Nello Musumeci, al quale ribadisco la mia stima personale e politica. Sono certa che saprà utilmente, con equilibrio e fermezza, valorizzare e avvalersi delle prerogative e delle autonomie previste dallo Statuto Speciale della nostra depredata e martoriata Regione per realizzare il programma di governo scelto dagli elettori”.

Preludio di un possibile futuro passaggio al movimento di Musumeci “Diventerà bellissima?”. Vedremo.

Nonostante le mie insistenti richieste di un franco confronto politico con i vertici siciliani di Forza Italia – continua la Caronia – e dopo aver stoicamente sopportato le tante mancanze e le tante ingiustizie operate nei miei confronti e di alcuni colleghi di partito, già da sin dopo le elezioni regionali, nulla è cambiato e non vedo all’orizzonte nessuna volontà di rinnovamento”.

“Vedo al contrario un partito arroccato, rinchiuso in se stesso, lontano dai veri problemi della Sicilia e sconcertata assisto, invece, ai diversi tentativi di imbonire i cosiddetti ribelli, i quali altro non avevano chiesto se non un serio rinnovamento e l’istituzione di regole (del tutto assenti) democratiche di partecipazione, con illusorie e offensive promesse, che peraltro, così come è avvenuto subito dopo l’elezione dell’onorevole Gianfranco Miccichè, alla Presidenza dell’ARS, non sarebbero state dallo stesso mantenute”.

“Abbandono pertanto, seppur con amarezza – conclude la Caronia – il gruppo di Forza Italia all’ARS, all’interno del quale ho ritrovato vecchie amicizie e ne ho strette di nuove. Transiterò pertanto al gruppo misto. Ciò mi permetterà, non avendo più vincoli di partito, di riprendermi per intero la mia libertà di pensiero e di azione”. 

 

 

Rimane ferma sulle sue posizioni di dissenso e di critica nei confronti degli attuali vertici del partito forzista siciliano. Dissenso che aveva già manifestato e per il quale le era stato affibbiato l’appellativo di “ribelle”, assieme ad alcuni suoi colleghi, anche se quest’ultimi avevano manifestato posizioni più “morbide”.

A parlare è Marianna Caronia, deputato regionale all’Assemblea regionale siciliana, eletta nelle fila di Forza Italia alle elezioni che hanno portato la vittoria del centrodestra in Sicilia, e attuale consigliere comunale a Sala delle Lapidi, dopo aver militato nell’Mpa e nel Pid.

“Io, indipendentemente dai colleghi che hanno condiviso questo malumore – afferma l’esponente di Forza Italia all’Ars – continuo a contestare l’operato dei vertici siciliani di Forza Italia, le loro decisioni, i loro errori sulla composizione delle liste, le loro errate valutazioni sui risultati delle recenti elezioni nazionali, decisioni importanti assunte in solitario da 3 o 4 eletti”.

Un duro attacco che non può dare adito a fraintendimenti, entrando a gamba tesa in una partita che è tutta interna al partito berlusconiano siciliano e in modo particolare al suo leader storico e oggi presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè e al capogruppo di FI, Giuseppe Milazzo.

E il riferimento ai due esponenti di Forza italia, anche se non vengono citati, è assolutamente chiaro nelle parole. “Ho chiesto e continuo a chiedere le loro dimissioni e un radicale rinnovamento del partito – dice la Caronia – il quale anziché, come sinora ha fatto, parlare dei tetti degli stipendi dei dirigenti dell’ ARS , di abolire il doppio voto di genere o il voto segreto, che scopriamo essere, secondo la loro visione, il cancro della democrazia, mentre noi ingenuamente pensavamo che il vero cancro fossero la mafia, il malaffare, la corruzione, l’incapacità di dare risposte efficaci ai pressanti e drammatici problemi del popolo siciliano”.

Parla anche di “aver sposato in pieno il programma dell’allora candidato, presidente della Regione Nello Musumeci, e non sarà di sicuro la mia richiesta di democrazia e di regole all’interno del mio partito che potrà condizionare il mio voto sul bilancio e sulla legge finanziaria”.

Quindi dà l’assist al presidente della Regione, che non dimentichiamo è anche leader del Movimento #Diventerà Bellissima e che, in questi giorni, si trova impantanato nella vicenda del bilancio, dichiarando il suo voto favorevole nel caso di una “buona finanziaria”.

E lancia, infine, una provocazione chiedendo “a chi di competenza di  continuare, invece, a elencarmi magari evidenziando in rosso il mio nome, tra coloro i quali come me continuano, oltre che a dissentire sulla gestione del partito, anche a sperare che questa mia critica franca e anche dura possa convincere il vertice siciliano a far sì che Forza Italia si  riappropri del suo tradizionale ruolo di partito popolare e democratico”.

Sarà forse un messaggio subliminale in cui si cela un possibile passaggio ad un altro gruppo parlamentare? Chissà! In politica, in fondo, mai dire mai.