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Il presidente della Regione siciliana Musumeci non usa mezzi termini e sul suo profilo facebook, in un video, minaccia di dimettersi e mandare a casa i 70 deputati dell’Ars. Il “casus belli” è il collegato alla finanziaria presentato dalla giunta regionale che, oggi pomeriggio, era in discussione in Aula e per il quale è stato chiesto e votato il ritorno del testo in Commissione bilancio. Una mossa, grazie anche al voto delle opposizioni, che ha mandato su tutte le furie Musumeci.

“Con questo collegato si può dare l’avvio alla stagione delle riforme, ma si è voluto quasi affossarlo, rimandandolo in Commissione soltanto per perdere tempo e deciderne la fine. Perché in Sicilia le riforme non si devono fare. Quando dalle parole si passa ai fatti, te li trovi quasi tutti contro”.

Infine l’ultimatum: “Io aspetterò che il ‘collegato’ torni in Aula per essere serenamente esaminato da tutti i gruppi parlamentari, sia quelli della coalizione di governo e che dall’opposizione. Una cosa è certa, se il Parlamento, sin dalle prime battute, dovesse mettersi di traverso sulla strada delle riforme, perché nulla debba cambiare, non ci sarebbe un solo motivo per cui io debba restare al mio posto di Presidente della Regione. Non mi interessa che rendermi utile al cambiamento di questa terra. Ecco qual è la scommessa. La partitocrazia più famelica che ha devastato questa regione forse non è stata mai sconfitta”.

E il video si conclude rivolgendosi ai siciliani. “Sentivo stasera il dovere di informarvi perchè i siciliani sappiano da che parte stiamo noi e da che parte stanno gli altri”. E l’attaccamento alla “seggiola” porterà, sicuramente, a miti consigli i deputati regionali che troveranno, come all’improvviso, una soluzione. Perchè, oggi, uno stipendio mensile per cinque anni è un privilegio al quale è difficilissimo rinunciare.

 

“Io mi stupisco di un politico fine come Gianfranco Miccichè, che dovrebbe ascoltare il sentire dei siciliani e al di là del giusto o sbagliato, non lo fa. In nessuna regione d’Italia succede che ci sia un numero spropositato di portaborse”.

A parlare è Daniela Santanchè (Fdi) che intervenendo al programma “Non è l’Arena” di Giletti su La7, si è scagliata contro il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. Il tema è quello dei portaborse dell’Assemblea regionale siciliana che, nelle scorse settimane, aveva creato un caso politico, poi finito anche alla corte dei conti. All’inizio di questa legislatura l’Ars aveva messo a disposizione di ogni onorevole la somma di 58 mila euro da utilizzare per spese di consulenza e, quindi, anche per i portaborse. Da lì la polemica era stata servita.

“Per me politico, vedere questi dati mi fa capire – ha detto la Santanchè nel corso del programma – perchè gli italiani non hanno più fiducia nella politica e non vanno più a votare”.

Polemica al vetriolo dopo le parole del Presidente della Regione Musumeci che in aula, sui contributivi ai disabili gravissimi, ha dichiarato: “Se non ci fossero stati i disabili gravissimi, molte famiglie non avrebbero dovuto subire un colpo in fronte e avremmo avuto la disponibilità di qualche milione di euro in più da collocare in altri settori carenti di risorse finanziarie”.

Una frase che ha profondamente indignato l’associazione dei disabili che, attraverso il gruppo facebook, “Siamo Handicappati No Cretini”, sì è scagliata contro Musumeci e alla fine, con un post scriptum, è stata ancora più pesante: “Ci scusi se abbiamo la colpa di esistere e se siamo così numerosi. Ma non siamo disposti ad accettare soluzioni finali”.

Uno scivolone, quello di Musumeci, al quale lui stesso ha tentato di mettere una pezza con una dichiarazione di replica, affermando che “si tratta solo di speculazioni e che stiamo dando risposte certe rispetto alle risorse da destinare proprio ai disabili”. Ma le parole sono come le pietre e le giustificazioni possono risultare anche più dolorose.

E’ un fiume in piena Gianfranco Miccichè che, con un post su FB, prima si scusa per “aver esagerato in alcune affermazioni, spesso vengo frainteso, a volte non riesco a spiegarmi bene e forse, col mio modo di essere, posso avere offeso qualcuno anche senza volerlo”. E poi, invece, sferra un attacco durissimo contro coloro che definiscono “la politica un magna magna. Questi non sono altro che dei meschini”. Un’esternazione similare l’aveva già fatta nel 2104, (leggete questo articolo) dove diceva che  “con 4.000 mila euro non puoi vivere bene”. 

A loro non chiedo affatto scusa. Persone che illudono la gente, perché il loro consenso non vive di meriti, ma si nutre di sfiducia e calunnia. La politica è bellezza, è emozione, o almeno, così è per me. 

E continua affermando che non si scuserà mai, anche con quelli che hanno “inventato la favola per cui la politica si deve fare gratis. Non si può far politica ed esercitare pienamente, seriamente il proprio mandato e al contempo trovare il tempo di continuare ad esercitare la propria professione, vivendo solo di quest’ultima. Chi dice il contrario mente a se stesso e agli altri, strumentalizza le polemiche, alimenta esclusivamente l’astio e l’odio sociale. Fare politica è un lavoro a tempo pieno. Esattamente come per le altre professioni, si può essere un buon politico o uno scarso, un buon medico o uno superficiale, un bravo idraulico o uno incompetente. Dovrebbe semmai vigere un principio: un idraulico incompetente a fine mese non ha fatturato, così come un politico scarso a fine mandato resta a casa”.

E non si scusa ancora “con tutti quelli che, finché riguarda gli altri sono privilegi, ma se riguarda loro stessi allora sono diritti. Ipocriti, ipocriti, ipocriti; con tutti coloro che stanno distruggendo ogni briciolo di autorevolezza nella nostra società, gettando discredito sulle istituzioni democratiche, sul sistema scolastico e universitario, sul sistema sanitario, in nome di un nuovismo ad ogni costo”.  E alla fine scomoda pure Dostoevskij: “Tagliar teste è la cosa più facile, avere un’idea è la più difficile! 

Il presidente dell’Ars si rivolge anche a quelli che chiama professionisti dell’indignazione: “Ne vorrei vedere di meno e più, invece, gente che si emoziona perchè chi non è più in grado di meravigliarsi – e qui cita Albert Einstein – è come una candela spenta da un soffio”.

Certo tutte belle parole, in alcuni passaggi condivisibili, ma resta il fatto che la politica, a 360 gradi, è sotto scacco e la gente, purtroppo, alla canna del gas. E lo sforzo per essere credibile (mi riferisco sempre alla politica) è da numero algebrico.

 “Con 4.000 mila euro non puoi vivere bene”. A dirlo nel 2014 (ne avevamo parlato in questo articolo) era Gianfranco Miccichè, ex ministro di Forza Italia e oggi presidente dell’Ars, che proprio quell’anno fu candidato alle elezioni europee, senza poi essere eletto, non nascondendo che la sua candidatura nasceva anche da problemi economici: “Con tre figli, di cui due da far studiare lontano da casa, non è facile…”. Oggi, invece, intervistato ad un forum organizzato dall’agenzia Italpress il suo “mantra” è sul tema dei vitalizi.

“Siamo di fronte a un’altra follia assoluta aggiunge Miccichè -. Se non avessi avuto il vitalizio, nel periodo in cui non sono stato deputato, probabilmente sarei stato costretto a tornare a vivere con mio padre che ha 97 anni, in attesa di maturare i 67 anni per la pensione. E sarei stato costretto a chiedere l’elemosina davanti a una chiesa. E’ questo che si vuole oggi dalla politica? E’ questo quello che vogliono i cinquestelle?”. 

“Credo che i deputati pentastellati stiano studiando un sistema per cui il vitalizio gli arriverà comunque, non dall’Assemblea Regionale Siciliana ma dalle assicurazioni. Con la minore contribuzione dovuta dal deputato in caso di taglio dei vitalizi stipuleranno delle assicurazioni. Ho detto al vicepresidente dell’Ars, esponente grillino,  Giancarlo Cancelleri,  di spiegarmi come faranno, possibilmente tornerà utile a tutti”.

“Finché il costo della politica sarà considerato uno spreco, fino a quando non si ricomincerà a capire che il costo della politica è un bene per il paese forse la finiremo con questo assurdo babbìo (scherzo, in dialetto siciliano) del taglia taglia… Una cosa è certa: se le condizioni fossero state quelle di oggi io non avrei lasciato il mio lavoro per fare politica. Non mi sarebbe convenuto… Mia moglie mi avrebbe lasciato”.

“Insomma bisogna capire che la politica ha una sua utilità e che i manager e i dirigenti più bravi vanno pagati di più. Sono le regole del mercato. Però, conclude Miccichè, se certa politica e certi giornali continuano a fare demagogia e ad attaccarmi io mi adeguo. Ieri sera mi trovavo in un locale e un signore mi ha aggredito verbalmente accusandomi di essere responsabile degli alti stipendi dell’Ars. Io mi adeguo, ma botte per strada non ne voglio prendere”. 

Un attacco durissimo con il quale addirittura vengono chieste le dimissioni del Presidente della Regione siciliana.

“Musumeci si vergogni. Prende in giro i siciliani facendo passare il messaggio che sul fronte rifiuti la situazione è sotto controllo”. A dirlo è il deputato regionale del M5S Giampiero Trizzino, smentendo l’approvazione da parte della giunta del piano regionale dei rifiuti.

“Musumeci sostiene di aver approvato il piano rifiuti? Nulla di più falso. In Sicilia non esiste alcun piano regionale dei rifiuti – attacca Trizzino – E’ stato adottato, ma non approvato, un provvedimento di carattere temporaneo, definito erroneamente per semplificare ‘piano dei rifiuti’, che non sblocca nemmeno un euro di fondi comunitari”.

“Addirittura – aggiunge il deputato pentastellato – questo provvedimento prima di cominciare a produrre i propri effetti, dovrà ottenere i pareri del Cga, dei Comuni e della commissione Ambiente dell’Ars. Insomma siamo all’anno zero, ci vorranno almeno otto mesi prima di un eventuale via libera”. “Musumeci si dimetta e smetta di prendere in giro i siciliani”.

“Mi dispiace davvero alzare bandiera bianca, ma per quanto suggestiva possa essere la figura di un ‘Don Chisciotte contro i mulini al vento’ in versione femminile, non intendo affatto interpretarla convinta come sono che mai il vertice siciliano di Forza Italia si assumerà la responsabilità delle proprie indiscutibili colpe e ne tragga le debite conseguenze. Nella migliore delle ipotesi si procederà ad un furbesco maquillage che lascerà però sostanzialmente le cose come stanno”.

Parole dure quelle di Marianna Caronia, che lascia il gruppo di Forza Italia all’Ars per “transitare” al gruppo misto, in attesa di un riposizionamento politico. Una decisione che avevamo prospettato proprio su BloggandoSicilia.

L’esponente, oggi ex azzurra, riconosce però al capogruppo del partito all’Assemblea regionale, Giuseppe Milazzo, “buona fede e bon ton istituzionale” a differenza dell’onorevole Miccichè. E rinnova la fiducia  e “il sostegno alla realizzazione del programma della coalizione che ha eletto il Presidente della Regione Nello Musumeci, al quale ribadisco la mia stima personale e politica. Sono certa che saprà utilmente, con equilibrio e fermezza, valorizzare e avvalersi delle prerogative e delle autonomie previste dallo Statuto Speciale della nostra depredata e martoriata Regione per realizzare il programma di governo scelto dagli elettori”.

Preludio di un possibile futuro passaggio al movimento di Musumeci “Diventerà bellissima?”. Vedremo.

Nonostante le mie insistenti richieste di un franco confronto politico con i vertici siciliani di Forza Italia – continua la Caronia – e dopo aver stoicamente sopportato le tante mancanze e le tante ingiustizie operate nei miei confronti e di alcuni colleghi di partito, già da sin dopo le elezioni regionali, nulla è cambiato e non vedo all’orizzonte nessuna volontà di rinnovamento”.

“Vedo al contrario un partito arroccato, rinchiuso in se stesso, lontano dai veri problemi della Sicilia e sconcertata assisto, invece, ai diversi tentativi di imbonire i cosiddetti ribelli, i quali altro non avevano chiesto se non un serio rinnovamento e l’istituzione di regole (del tutto assenti) democratiche di partecipazione, con illusorie e offensive promesse, che peraltro, così come è avvenuto subito dopo l’elezione dell’onorevole Gianfranco Miccichè, alla Presidenza dell’ARS, non sarebbero state dallo stesso mantenute”.

“Abbandono pertanto, seppur con amarezza – conclude la Caronia – il gruppo di Forza Italia all’ARS, all’interno del quale ho ritrovato vecchie amicizie e ne ho strette di nuove. Transiterò pertanto al gruppo misto. Ciò mi permetterà, non avendo più vincoli di partito, di riprendermi per intero la mia libertà di pensiero e di azione”. 

 

 

Rimane ferma sulle sue posizioni di dissenso e di critica nei confronti degli attuali vertici del partito forzista siciliano. Dissenso che aveva già manifestato e per il quale le era stato affibbiato l’appellativo di “ribelle”, assieme ad alcuni suoi colleghi, anche se quest’ultimi avevano manifestato posizioni più “morbide”.

A parlare è Marianna Caronia, deputato regionale all’Assemblea regionale siciliana, eletta nelle fila di Forza Italia alle elezioni che hanno portato la vittoria del centrodestra in Sicilia, e attuale consigliere comunale a Sala delle Lapidi, dopo aver militato nell’Mpa e nel Pid.

“Io, indipendentemente dai colleghi che hanno condiviso questo malumore – afferma l’esponente di Forza Italia all’Ars – continuo a contestare l’operato dei vertici siciliani di Forza Italia, le loro decisioni, i loro errori sulla composizione delle liste, le loro errate valutazioni sui risultati delle recenti elezioni nazionali, decisioni importanti assunte in solitario da 3 o 4 eletti”.

Un duro attacco che non può dare adito a fraintendimenti, entrando a gamba tesa in una partita che è tutta interna al partito berlusconiano siciliano e in modo particolare al suo leader storico e oggi presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè e al capogruppo di FI, Giuseppe Milazzo.

E il riferimento ai due esponenti di Forza italia, anche se non vengono citati, è assolutamente chiaro nelle parole. “Ho chiesto e continuo a chiedere le loro dimissioni e un radicale rinnovamento del partito – dice la Caronia – il quale anziché, come sinora ha fatto, parlare dei tetti degli stipendi dei dirigenti dell’ ARS , di abolire il doppio voto di genere o il voto segreto, che scopriamo essere, secondo la loro visione, il cancro della democrazia, mentre noi ingenuamente pensavamo che il vero cancro fossero la mafia, il malaffare, la corruzione, l’incapacità di dare risposte efficaci ai pressanti e drammatici problemi del popolo siciliano”.

Parla anche di “aver sposato in pieno il programma dell’allora candidato, presidente della Regione Nello Musumeci, e non sarà di sicuro la mia richiesta di democrazia e di regole all’interno del mio partito che potrà condizionare il mio voto sul bilancio e sulla legge finanziaria”.

Quindi dà l’assist al presidente della Regione, che non dimentichiamo è anche leader del Movimento #Diventerà Bellissima e che, in questi giorni, si trova impantanato nella vicenda del bilancio, dichiarando il suo voto favorevole nel caso di una “buona finanziaria”.

E lancia, infine, una provocazione chiedendo “a chi di competenza di  continuare, invece, a elencarmi magari evidenziando in rosso il mio nome, tra coloro i quali come me continuano, oltre che a dissentire sulla gestione del partito, anche a sperare che questa mia critica franca e anche dura possa convincere il vertice siciliano a far sì che Forza Italia si  riappropri del suo tradizionale ruolo di partito popolare e democratico”.

Sarà forse un messaggio subliminale in cui si cela un possibile passaggio ad un altro gruppo parlamentare? Chissà! In politica, in fondo, mai dire mai.

 

Che la Sicilia sia ormai un malato terminale è forse fin troppo ripetitivo. Lo abbiamo più volte denunciato, analizzato, gridato con forza ma l’irresponsabilità di una politica cieca, che spera soltanto di arrivare indenne alla fine della corsa, (mandato elettorale per intenderci!) ci ha resi tutti inesorabilmente sfiduciati e forse anche indifferenti. Il rito dell’espianto, forse l’unica cura possibile.

Da una parte vi è il fallimento personale del “rivoluzionario” Saro da Gela, che è riuscito nell’abile impresa di farsi “commissariare” da Renzi evitando la resa delle armi, che forse sarebbe stata la soluzione più onorevole (vince invece sempre la tasca e non il cuore), ma sicuramente da futura lista di disoccupazione! o in extremis da lista “italicum”; dall’altra, invece, il mero calcolo politico del Pd, dei suoi deputati e dell’intero centrodestra (quest’ultimi giocano da sempre la carta della mozione di sfiducia, ma ormai come un’arma spuntata!), che non potevano in alcun modo trovarsi senza paracadute.

E non parlatemi di scelta “responsabile” per le sorti della Sicilia. Non ci crede più nessuno. Meglio tacere. Quindi far passare “l’elefante Regione” attraverso la cruna dell’ago, con una finanziaria azzoppata (mancano appena 500 milioni di euro all’appello) e l’accordo o pseudo tale sulla cancellazione dei crediti che la nostra regione avanza dallo Stato, è stata impresa davvero opera titanica, ma tutto ancora in divenire.

E così, lui che doveva essere l’uomo dei miracoli, (l’assessore al Bilancio Baccei tanto per intenderci) dopo l’uomo della rivoluzione, si è accorto che il salvataggio dell’Impresa Palazzo d’Orleans era e rimane tanto difficile, da essere costretto a lanciare un’OPA, guarda caso proprio di 500 milioni di euro. Tentativo estremo per riannodare i fili del discorso con Roma e farsi dare la moneta! I conti devono quadrare, come si dice in matematica: comuni in dissesto, ex province al collasso, forestali e consorzi senza ossigeno. Insomma, un quadro che si fa sempre più nebuloso e pericolosamente instabile, finanziariamente parlando.

Chissà, a questo punto forse saranno i “libri” interstellari del 2.200 a studiarne gli effetti e i “jedi siculiani” di quell’Era, invece, a pagarne, con molta probabilità, le conseguenze per chissà quanti “millenni”.

Viviamo, dunque, in una realtà che ricorda molto la “Corte dei miracoli”, quella della Parigi del 1600, dove in alcuni quartieri borderline, uomini, donne e bambini da storpi e mendicanti chiedevano di giorno l’elemosina per poi improvvisamente la sera, quasi da “miracolati”, ritornare ad essere prodigiosamente guariti. Ma qui di miracolati veri vediamo solo coloro che si sono assicurati i vitalizi e altri privilegi. Per i siciliani, tutto al più, resta l’elemosina che vi ricordo nella nostra legislazione ravvede anche alcuni casi di reato. Per dirla pragmaticamente: “cornuti e mazziati”.