di Gaetano Càfici. La nuova legge elettorale che verrà partorita dal sempre eterno patto del Nazareno tra Berlusconi e Renzi, segna inesorabilmente la fine della legislatura. Modello tedesco con sistema proporzionale puro e sbarramento al 5 per cento. Senza voler fare voli pindarici, all’indomani del voto sarà inevitabile un governo di coalizione tra Pd e Forza Italia che tenteranno di mettere fuori gioco l’armata grillina. Ma il dilemma è un altro. Che farà Angelino Alfano oggi l’unico ad avere manifestato pubblicamente il proprio dissenso per una legge che, nei fatti, lo vede fuori dai giochi?

Il 5 per cento non gli permetterebbe di rientrare in parlamento e nel dubbio amletico l’unica strada percorribile sarebbe quella di un ritorno alla “casa madre”, anche se lui nega questa possibilità.

Ma come si dice: anche Angelino tiene famiglia, non dimenticando però che  Forza Italia in Sicilia si è letta e si è sempre scritta Miccichè. Piaccia o non piaccia, ma la storia politica del partito di Berlusconi in Sicilia, è racchiusa proprio in quel 61 a zero. Correva l’anno 2001 e Miccichè l’ex bancario e poi venditore di Pubblitalia, per volontà di Marcello dell’Utri, fece il miracolo. Praticamente l’allora Casa delle Libertà vinse tutti i 61 collegi in Sicilia, facendo un “cappotto” epico al centrosinistra. Il credito di Miccichè divenne come un assegno in bianco, ma di quelli a zeri infiniti, e all’uomo di Arcore poteva chiedere anche l’impossibile. Fu incoronato Viceré e la pletora di cortigiani non gli fece mancare la propria “vicinanza”.

Lui, che aveva potere di vita e di morte su tutto e su tutti, ovviamente politicamente parlando, dispensò “gloria”al suo cerchio magico. Chi stava fuori era spacciato. Anni di “splendore”, ma anche sbagli da scuola serale. Primo fra tutti quello chiamato Diego Cammarata. “Il sindaco che vi stupirà” disse Miccichè, ma non fu così. E il secondo mandato permise all’Orlando furioso di ritornare sulla scena politica e vivere di “eredità”. Il passo fu breve e l’idillio tra “padre” e “figlio” si tramutò prima in indifferenza e poi in definitiva “separazione”, ma senza alimenti.

Intanto, in un altro luogo della nostra cara amata Sicilia, ad Agrigento tanto per essere chiari, stava nascendo un altro “astro” politico. Un giovane avvocato, uno “yesman”, perfetta icona e ritratto per un partito come Forza Italia. Poco carisma, ma sicuramente con doti genetiche che nulla avevano a che fare con il miccicheiano pensiero. La nota stonata forse il nome: Angelino, ma con un cognome sicuramente “pesante”. Elemento questo che lo accomunava a Miccichè. Alfano padre, antico notabile siciliano e Miccichè padre, un pezzo di storia del Banco di Sicilia.

La scalata alla vetta per Angelino è facile. L’errore per Miccichè è dietro l’angolo: presenta il futuro “dispensatore di perle di saggezza” al Cavaliere. Il “suicidio” è servito e da lì a breve Angelino entra nelle grazie di Berlusconi, defenestrando Miccichè. Ma come tutte le commedie alla Goldoni il finale è imprevedibile.

Angelino molla Berlusconi dato in caduta libera e fonda un partito che somiglia più ad un sigla di un farmaco (Ncd per l’esattezza) e con numeri da prefisso telefonico per buttarsi poi tra le braccia di Renzi, riuscendo così ad ottenere scorte di ossigeno fino al 2018 e un posto a sedere di Ministro. Ma non basta. Trasforma Ncd e lo fa diventare Alternativa popolare nel tentativo di creare un contenitore centrista con la sponda di Casini. Oggi però, la variabile imprevista di possibili elezioni anticipate e di una legge contrapersonam (partitini compresi), cambia lo scenario. E come in una macchina del tempo l’ombra di Angelino riappare all’improvviso dalle parti di Forza Italia.

Ma anche adesso è Miccichè a guidare Forza Italia in Sicilia dopo la gestione non proprio “esaltante” del catanese Gibiino. E quindi per la sua sopravvivenza Angelino dovrà interpretare il ruolo di figliol prodigo e venire a “miti consigli” con lo stesso Micichè  o tentare, in extremis, di incassare da Renzi un’improbabile ricompensa per un’improbabile candidatura nel Pd. Per lui si tratta vita o di morte o politicamente sarà spacciato.