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Anche l’Istituto demoscopico Ipsos, guidato da Nando Pagnoncelli, non ha dubbi: la Lega continua nella sua “scalata” raccogliendo il 30,1 per cento dei consensi contro il 29,9 del movimento cinquestelle. Già in un nostro articolo avevamo pubblicato i dati elaborati da Swg, che davano il M5S sorpassato dal partito di Salvini Era il 18 giugno e adesso, ad appena 5 giorni di distanza, la forbice si è allargata ancora di più. Il sondaggio è stato commissionato dal Corriere della Sera.

Le ragioni dell’effetto “S”, ossia effetto Salvini, come viene definito dagli analisti, consisterebbero, secondo il loro ragionamento, nell’avere “recepito al meglio il sentire degli italiani ed aver mantenuto, fino adesso, ciò che aveva promesso”. E lo stesso  direttore de La7, Enrico Mentana, in un post su facebook, ha analizzato la strategia di Salvini e il suo modo di approcciarsi con la gente: “Non fate l’errore di sottovalutarlo, da odiatori e ammiratori (e soprattutto i primi). Lui non improvvisa e sa quel vuole. La sua agenda raccoglie a colpo sicuro pulsioni e passioni di una parte corposa dell’opinione pubblica che aspettava solo la figura che avesse forza (o la spregiudicatezza) di rappresentare ciò che a lungo è stato considerato indicibile o politicamente troppo scorretto”.

Quindi secondo Mentana, tutto sapientemente costruito in ogni specifico aspetto. E in effetti è così, come, ad esempio, l’aver saputo, sin dall’inizio, mantenere la “scena” senza mai perdere colpi e, soprattutto, mettendo nell’ombra i cinquestelle che fino adesso sono rimasti sempre in “difesa”, senza mai riuscire a superare la metà del campo e arrivare in area di “rigore”.

E, oggi, più in difficoltà di ieri, dopo la doccia fredda del ministro all’Economia, Giovanni Tria, sul reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del M5S, che ora rischia di sciogliersi come neve al sole. Il ministro, infatti, avrebbe “innervosito” parecchio Di Maio dicendo che “nel 2018 ci saranno solo provvedimenti a costo zero”. Ovviamente è chiaro che Di Maio e i cinquestelle si giocano tutto su questo provvedimento e un eventuale slittamento o addirittura “congelamento” avrebbe effetti devastanti per i pentastellati.

I retroscenisti, infatti, parlano del pontiere Roberto Fico, come l’uomo che starebbe riannodando i fili con il Pd. Nelle stanze grilline si teme che Salvini, forse immediatamente dopo le europee del 2019, forte magari di una vittoria schiacciante, potrebbe staccare la spina al governo e tentare la strada delle elezioni o fare un governo con il centrodestra con lui premier.

Intanto, il consenso di Salvini, come confermato da questo sondaggio, sembra inattaccabile e i cinquestelle dovranno affrettarsi ad inventarsi qualcosa per non vedere ancora di più eroso il loro consenso che, se dovesse crollare al sud, loro roccaforte di voti, li vedrebbe condannati ad essere subalterni alla Lega. E in quel caso, chissà, il movimento potrebbe implodere, con la conseguente resa dei conti, che vedrebbe Di Maio immolato come agnello sacrificale.

 

“Un presidente della Camera con le mani in tasca durante l’Inno d’Italia è semplicemente INDEGNO“. Parole durissime quelle della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che stigmatizza il gesto del presidente della Camera, Roberto Fico, durante la cerimonia in memoria di Giovanni Falcone. Il video è stato postato sui suoi profili social.

In Italia siamo tutti dottori: buongiorno dotto’, tranquillo dotto’, apposto dotto’. Per distinguersi, qualcuno vuole essere più dottore degli altri. È la trappola della vanità. Il mio curriculum è più lungo del tuo, quindi sono più bravo. Viene la tentazione di aggiungere qualcosa, di abbellire con un corso di perfezionamento, di ornare con un master qualsiasi, meglio se all’estero, per allontanare i sospetti di provincialismo e anche le possibilità di verifica. A parte che il curriculum non si misura in lunghezza ma in prestigio, è raro che il taroccatore non venga beccato.

Pare che questo sia il caso del professore Giuseppe Conte, indicato come presidente del Consiglio dal Movimento 5
stelle e dalla Lega. Se il professore non ribatterà in modo convincente al New York Times, che lo accusa di avere millantato la frequenza a misteriosi corsi di perfezionamento, resterà come il premier in pectore uscito più rapidamente di scena nella storia.

Un record per lui e una figuraccia per l’Italia, grazie ai partiti che l’hanno scelto. Un inedito assoluto, anche perché Conte avrebbe perfezionato la sua conoscenza del diritto in mezzo mondo, da Cambridge all’Austria, da Yale alla Sorbona. A proposito, il record farà curriculum? C’è da dire che, eventualmente, il prof. Giuseppe Conte si troverà in buona compagnia tra i pentastellati.

C’è Roberto Fico con il suo master fantasma svolto ai Politecnici di Milano, Napoli e Palermo. Peccato non esistano i politecnici di Napoli e Palermo. Peccato che a Milano non ci sia notizia del master in questione. Uno così dove lo mandi? A fare il presidente della Camera. Rocco Casalino, capo della comunicazione grillina, avrebbe invece ottenuto un master alla Shenandoah university dove non l’hanno mai sentito nominare. Lui ha gridato al complotto. Tarocco Casalino?

L’autogol più spettacolare resta quello di Oscar Giannino, leader di “Fare – per fermare il declino”, rovinato da
uno dei suoi compagni di partito, Luigi Zingales, professore all’università di Chicago, alla vigilia delle elezioni. Giannino sosteneva di avere conseguito un master proprio a Chicago, dove Zingales verificò che si trattava di pura fantasia. Da lì in poi non ci fu nulla da fare per fermare il declino di Giannino: non solo non esisteva il master ma neppure la laurea in giurisprudenza.

In un crescendo surreale, Giannino dovette ammettere di non avere mai partecipato allo Zecchino d’oro. L’autogol più grave invece è stato segnato in Parlamento. Quando Valeria Fedeli venne nominata ministro dell’Istruzione, la reazione generale fu: Valeria chi? Qualcuno andò a rovistare nel suo curriculum. La Fedeli dovette ammettere di non essere laureata. Ma ci sono dubbi perfino sul diploma. Ecco spiegati gli sfondoni storici e grammaticali…

Potremmo proseguire. I politici inciampano sul titolo di studio per pura vanità o per facilitare l’accesso a una poltrona. Che sciocchezza. Per governare, e per riuscire in altri campi, non è detto che la laurea sia indispensabile. Ma il «pezzo di carta» resta un mito e i narcisisti si sentono inferiori se non sventolano qualche master fantasma.

(Tratto da “Il Giornale” di Alessandro Gnocchi)

I soldi non hanno odore come recitava una famosa citazione latina: “pecunia non olet”. E il potere ne segue sempre la stessa sorte: quando ne senti il vento non ne puoi fare più a meno.

Una brezza che i cinquestelle prima disprezzavano in ogni forma. Erano i giorni dei vaffa, delle dichiarazioni forti. Un movimento che professava, senza se e senza ma, di essere orgogliosamente diverso: fuori dal sistema e contro il sistema. Ma quando sei dentro la politica, nei palazzi e nei meccanismi che governano quel pianeta la catarsi è ad un passo.

Ed è proprio in quel momento che diventi “democristiano”, rievocando quel lessico da politici in doppio petto di un tempo, ed entrando in quella casta che avevi sempre rinnegato.

“Salvini è uno che quando dice una cosa poi la mantiene e questa è una cosa rara”. Non sono parole pronunciate da Berlusconi, che già potrebbero far discutere all’indomani dello scacco leghista in salsa berniniana. Ma da Beppe Grillo che, davanti alle telecamere della Rai, ha lanciato oggi un chiaro messaggio al capo della Lega.

E continuando nel suo istrionismo, da deformazione professionale, parla di Roberto Fico “come persona straordinaria” e di Luigi Di Maio, come uno “statista”. Preludio di un accordo politico per il governo del paese già ratificato con Salvini e con il benestare di Casaleggio? Chissà!

Dimenticavo Mattarella! Al Presidente magari farebbe comodo aver levate le castagne dal fuoco, accelerando il processo per la formazione del governo. Ma ciò che sarebbe interessante è ascoltare i militanti grillini e quelli leghisti per capire se questo “matrimonio s’ha da fare”. Tanto per sapere se dobbiamo morire “democristiani” o ritornare a sentire i vaffa che tanto ci piacevano e, forse, anche quelli per cui Grillo & co sono imbattibili.