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Un progetto ispirato all’opera e alla figura dello scrittore e drammaturgo siciliano, Leonardo Sciascia, attraverso le riprese di un cortometraggio che si svolgerà nel prossimo mese di maggio tra Palermo e Racalmuto. Quest’ultima cittadina natia di Sciascia.

L’iniziativa è inserita nell’ambito del corso di regia promosso dalla scuola di cinema indipendente “Piano Focale” di Palermo, che prevede la realizzazione, da parte degli allievi, di 19 cortometraggi ispirati a diverse tematiche sociali e culturali. Il cortometraggio, scritto e diretto dal giornalista Fabio Bagnasco, in collaborazione con Filippa Gracioppo e Gaspare Buzzetta, è prodotto da Eikona film e cade in occasione del centenario della nascita dello scrittore siciliano celebrata dall’omonima fondazione con un ricco cartellone di eventi.

Si tratta di un racconto-fiaba calato in una atmosfera di realismo magico che, attraverso una modulazione narrativa lieve e fantastica, intende celebrare lo stupore infantile, la purezza dell’infanzia. Il cortometraggio sarà distribuito nelle principali piattaforme e nei festival nazionali e internazionali del cortometraggio. Il prodotto filmico si avvarrà delle musiche di Fabio Cinti, compositore già noto per diverse opere discografiche e per avere vinto il premio “Tenco” per la rilettura dell’album “La voce del padrone” di Franco Battiato.

Le indagini su quello che ormai tutti chiamano “Sistema Montante” svelano una sorta di pericolosa evoluzione del “professionismo dell’Antimafia” che qualche decennio fa contribuì a lanciare e consolidare carriere. Il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, a Messina, ieri parlava di “antimafia usata come brand”.

Niente di nuovo, Leonardo Sciascia lo denunciò con maggiore coraggio più di trent’anni fa. All’epoca della palude democristiana, a cavallo degli anni ’80 e ’90, qualcuno strepitando in salotti e talk show divenne un simbolo della lotta alla mafia. Anche senza fare nulla, se non, appunto, presenziare, scrivere articoli o libri, pieni di slogan o analisi sociologiche di scarso valore. Politici, giornalisti, preti, dirigenti dell’associazionismo, diventarono potenti, conquistarono spazi e poltrone. Ormai, però, il loro tempo è passato, loro sono per lo più superati. Soltanto qualcuno regge ancora; gli altri si limitano a comparire due volte all’anno, il 23 maggio e il 19 luglio.

Fatta la loro passerella, dette le due parole in fila, spariscono di nuovo. Quanto sta emergendo in questi giorni dice una cosa diversa, rivela un metodo nuovo, racconta di infiltrazioni nei gangli vitali del potere vero. Di poltrone conquistate con servi più o meno sciocchi, ma di stanze dei bottoni occupate da fedelissimi per fare affari. Mentre quelli, gli antimafiosi di facciata, urlavano i loro slogan al megafono, gli altri nei corridoi e nelle segreterie della politica, degli assessorati, a quanto pare, condizionavano, sceglievano assessori e burocrati, che poi redigevano decreti, bandi, emendamenti, assegnazioni. Con quel crisma, potevi fare di tutto, le operazioni più spregiudicate, le nomine più discutibili, le assegnazioni più controverse.

I magistrati nisseni parlano di controllo totale del governo della Regione. Tutto sotto le insegne della legalità, dell‘antimafia di facciata, usate come unzione divina, come distinzione fittizia e truffaldina tra “noi” e “loro”, propagandata in ogni occasione possibile, anche in tv. Chi alzava il dito, chi faceva notare le stranezze, voleva intralciare il cammino verso l’affermazione della legalità. Certe intercettazioni raccontano proprio questo. La voce sarebbe sempre quella di Antonello Montante, colui che avrebbe tirato i fili di tutto, ai quali fili, però sarebbero stati legati, dall’altro lato, politici, amministratori, imprenditori, burocrati, poliziotti e chissà cos’altro. E “loro” non erano necessariamente i mafiosi, ma chiunque non fosse con loro. Che diventava il nemico da bollare, da condannare, da ridurre ai margini, da escludere in ogni senso e con ogni mezzo. Nessuna pietà, specie con gli ex amici.

Un cerchio magico, un giro di relazioni che ora sta emergendo come un tumore, l’ennesimo, che sta consumando il corpo di una Sicilia martoriata, dove gli avvoltoi si sono affollati per divorare quel poco che resta ormai da spolpare.