(di redazione). Ci sono luoghi che raccontano pezzi ormai dimenticati di vita quotidiana ancora legati a quella cultura contadina che in Sicilia è sopravvissuta sino a qualche decennio fa all’affermarsi dei modelli imposti dalla realtà urbana. 

Uno di questi luoghi è “u Canali” di Acate, la cittadina in provincia di Ragusa al centro di un territorio un tempo coltivato per lo più a vigne, ulivi ed agrumi e più recentemente ricoperto da decine di serre. “U Canali” è la storica denominazione locale di un lavatoio costruito nel 1911 nella zona di contrada Canale, su progetto del perito agronomo di Niscemi Rosario Cavalieri Iacono.

Ciò che resta della struttura testimonia ancora un tipico esempio di edilizia idraulica di servizio per la popolazione locale; il lavatoio era infatti utilizzato dalle donne della zona per lavare i propri panni, oppure per pulire – a pagamento – quelli di altre famiglie. L’opera, costruita in pietra da taglio, cemento e con rubinetteria in ottone, come ricorda Gaetano Masaracchio, “era costituita da venti vaschette di lavaggio poste in due filari, fra i quali si trovavano la canaletta che ripartiva l’acqua per la lavatura della biancheria e quella che raccoglieva le acque di lavaggio”.  
Lo stesso Masaracchio aggiunge che “l’intero lavatoio” – dagli anni Sessanta ai nostri giorni dapprima abbandonato e poi andato in rovina – “era coperto da una tettoia, al fine di salvaguardarne le lavandaie dal sole e dalle intemperie”. La struttura del lavatoio di Acate era la testimonianza della ricchezza dei materiali da costruzione di una serie di paesi e città del circondario: la calce comune da Vittoria, quella idraulica da Caltagirone, la pietra da taglio da Ragusa. 
Ciò che oggi resta del lavatoio – un tempo luogo di lavoro ma anche di socializzazione per donne, pastori e bambini di Acate – è l’ennesima testimonianza del degrado di tanti poco conosciuti beni culturali della Sicilia: manufatti che magari non compaiono nelle guide turistiche e nei libri di storia dell’arte, ma che raccontano la storia delle comunità locali dell’isola.