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La crisi economica morde l’Italia e le previsioni sono tutt’altro che rosee. Per quest’anno di ripresa del Pil, a causa della crisi ucraina, non se ne parla: “il ritorno dell’Italia ai livelli pre-pandemia slitta dal secondo trimestre di quest’anno al primo del prossimo”. A denunciarlo è Confindustria nel rapporto di previsione del Centro studi di viale dell’Astronomia, sottolineato anche dal presidente dell’associazione industriali, Carlo Bonomi.

Il rapporto spiega che “nei primi due trimestri l’economia italiana entrerebbe in una “recessione tecnica”, seppur di dimensioni limitate, non pienamente compensata dalla ripresa attesa nella seconda metà dell’anno. A ciò farebbe seguito una crescita di +1,6% nel 2023, grazie a un profilo del Pil interamente crescente nel corso dell’anno”. 

Guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina le speculazioni e l’aumento dei prezzi energetici e dell’inflazione strozzano nella culla quel poco di ripresa economica dopo la devastazione delle restrizioni anti Covid. “L’andamento del Pil italiano nel 2022 risulta molto meno favorevole di quanto precedentemente stimato: quest’anno si registrerebbe un incremento del +1,9%, con un’ampia revisione al ribasso (-2,2 punti) rispetto allo scenario delineato lo scorso ottobre, prima dei nuovi shock, quando tutti i previsori erano concordi su un +4,0%”. Confindustria precisa che “la variazione positiva nel 2022, peraltro, è interamente dovuta a quella già acquisita a fine 2021 (+2,3%) grazie all’ottimo rimbalzo dell’anno scorso”. 

“Gli effetti della crisi a livello globale sono fortemente diseguali tra aree e settori, in base alla vicinanza al conflitto, alle dipendenze da petrolio, gas e altre commodity e, in generale, alle connessioni produttive e finanziarie con i paesi direttamente coinvolti nella guerra (Russia, Ucraina e Bielorussia). Tra le principali macroaree, l’Unione europea è quella più colpita, come segnalano il deprezzamento dell’euro e le perdite registrate nelle principali piazze finanziarie nei primi giorni del conflitto”. Tra i settori, secondo Confindustria, “sono più coinvolti quelli energivori, come metallurgia, chimica, ceramica e vetro, e altri comparti fortemente internazionalizzati come i mezzi di trasporto (autoveicoli, aeromobili, imbarcazioni)”.

“Lo scenario globale è dominato dalle estreme tensioni e incertezze generate dall’invasione russa in Ucraina. L’impatto sull’attività economica agisce come uno shock di offerta profondo, al momento difficilmente quantificabile, perché il quadro è in continua evoluzione”, evidenzia Confindustria. La crisi militare, precisa il rapporto, “si innesta su un quadro già reso difficile dal perdurare della pandemia, delle pressioni al rialzo sui prezzi di varie commodity e dei colli di bottiglia in alcune catene di fornitura globali”.

(fonte il primatonazionale.it e serenissimoveneto.it)

E’ una notizia che già da tempo girava nel web, ma che ancora non trovava conferma da una fonte ritenuta attendibile. Questa volta è il sito indipendente russo Proekt ad affermare che Vladimir Putin è seriamente malato.

Abbiamo promesso di svelarvi il segreto principale del Cremlino. Certo, stiamo parlando della salute di Putin. Il ‘progetto’ ha trovato un elenco di medici personali che accompagnavano il presidente russo nei suoi viaggi. I dettagli sono nella nostra indagine”, scrive proprio Proekt nel lanciare la notizia: Putin soffre di cancro alla tiroide.

Sul portale appare quindi un dettagliato articolo scritto in russo. Adesso sarà importante capire se la notizia verrà confermata da altre fonti investigative, ma questa volta l’attacco al presidente russo arriva direttamente dal suo Paese e non dall’Ucraina.

Nell’articolo di Proekt si elencano i medici che hanno assistito Putin. I medici tra cui Alexei Shcheglov, Yaroslav Protasenko e Yevgeny Selivanov, avrebbero visitato in passato Putin per un lungo periodo, quando “apparentemente aveva problemi alla schiena“, e in tempi più recenti lo zar avrebbe chiesto il supporto di “uno specialista in cancro alla tiroide che è andato a trovarlo 35 volte in quattro anni a Sochi, nella sua residenza”. Si tratta appunto del medico endocrinologo del Central Clinical Hospital di Mosca, Evgeny Selivanov. Il Cremlino, si legge ancora nell’articolo, avrebbe iniziato a nascondere informazioni sulla salute del presidente da anni, anche quando si ferì alla schiena dopo una caduta da cavallo.

La notizia è rilanciata anche da Radio Svoboda: il presidente russo Putin è spesso visitato da un medico specializzato nel trattamento chirurgico del cancro alla tiroide.  Non è servito molto perché il Cremlino negasse tutto. Mosca ha subito smentito le indiscrezioni sul fatto che Putin avrebbe un cancro alla tiroide. Il portavoce del Cremlino, Dmytry Peskov, secondo quanto riporta la Pravda Russa, ha detto che “il fatto non è vero: Putin non è malato“.

(fonte leggo.it e proekt.media)

Quanto accaduto a Roman Abramovich, il magnate russo da sempre vicino a Putin, l’uomo che si muove nell’ombra per tentare di ottenere la fine della guerra, sembra essere rimasto “vittima” del modus operandi che lo zar del Cremlino destina ai suoi oppositori.

Secondo quanto scritto dal  “Wall Street Journal” il miliardario russo e i negoziatori di pace ucraini hanno sofferto sintomi di sospetto avvelenamento dopo l’incontro tra il 3 e il 4 marzo scorsi che si è svolto al confine tra Ucraina e Bielorussia. Abramovich e altri due negoziatori, che durante le trattative hanno fatto la spola tra Mosca, Lviv e altre sedi negoziali, hanno sviluppato sintomi che includevano occhi rossi, lacrimazione costante e dolorosa e desquamazione pelle dei loro volti e delle mani.

Il quotidiano newyorkese ha affermato che le condizioni delle persone coinvolte sono poi migliorate e che non sarebbero più in pericolo di vita. Gli esperti occidentali che si sono occupati del caso hanno detto che è difficile determinare se i sintomi siano riconducibili ad un agente chimico o biologico o da una sorta di attacco da radiazioni. Secondo alcune ipotesi l’avvelenamento sarebbe stato progettato da ambienti moscoviti che volevano boicottare le trattative e porre fine al conflitto.

(fonte Il Fatto Quotidiano e agenzia Ansa)

L’antica cultura giapponese raccontata attraverso una miscellanea di antico e moderno, dove tradizioni ancestrali convivono in perfetto equilibrio con influenze contemporanee. Il Paese del Sol Levante, isolato per secoli dal resto del mondo, poggia le sue fondamenta su un insieme di valori che attribuiscono la massima importanza all’armonia sociale, al rispetto e all’educazione verso il prossimo. Infatti, non a caso la gentilezza dei giapponesi è famosa in tutto il mondo.

Il Giappone è custode di una cultura molto antica, le cui origini risalgono addirittura al 13.000 a.C. e tuttora influenzata dalla religione shintoista locale, dal buddismo e dal confucianesimo. Ma non è una terra che guarda solo al passato. Sebbene legata ai suoi usi e costumi tipici, è estremamente proiettata verso il futuro e l’avanguardia tecnologica. Ed è proprio questo incontro tra due mondi che rappresenta il cuore della cultura giapponese moderna, capace di rendere il Giappone un luogo affascinante e unico nel suo genere.

Il rito della cerimonia del tè

Per capire quali sono le caratteristiche della cultura giapponese c’è una parola che occorre assolutamente conoscere: omotenashi, ovvero “prendersi cura degli ospiti con tutto il cuore”. Il termine è un microcosmo del Paese stesso, che rappresenta la mentalità giapponese dell’ospitalità incentrata sulla cura piuttosto che sull’aspettativa. Girovagando per il il Paese del Sol Levante sarà normale avere a che fare con sorrisi e inchini (più profondo è l’inchino, maggiore è il rispetto che si prova per l’altra persona), specialmente in occasione di esperienze culturali come i ryokan (locande in stile giapponese), kaiseki (banchetto giapponese) e sado (cerimonia del tè). L’ omotenashi incarna l’essenza dell’accoglienza tipica giapponese che punta a garantire la migliore esperienza possibile per l’ospite. Questo incredibile senso di ospitalità inizia ad ogni porta. Quando entrate nei negozi o nei ristoranti, aspettatevi di sentire il caloroso benvenuto in giapponese: “Irasshaimase”. Un educato cenno del capo o un sorriso è tutto ciò che dovete offrire in cambio.

Tipica accoglienza giapponese (omotenashi) 

Sebbene lo stile di vita giapponese sia stato occidentalizzato di recente, i giapponesi fanno ancora tutto il possibile per preservare il loro ricco patrimonio culturale praticando la cerimonia del tè, indossando kimono e studiando arti e mestieri tradizionali fin dalla prima infanzia.

L’arte giapponese di disporre i fiori, detta kado, o, come è più comunemente nota, ikebana, implica un calcolo meticoloso e un profondo senso artistico. Ikebana significa letteralmente “rendere vivi i fiori” o “dare vita ai fiori”. Durante il periodo Heian, i sacerdoti che si occupavano della sistemazione degli altari erano chiamati ikebono e sono i primi maestri conosciuti ad aver sviluppato il modo migliore di disporre i fiori. L’ikebana ha regole basilari influenzate dalla semplicità e dal minimalismo del buddismo. C’è anche un aspetto spirituale coinvolto quando si sente la connessione con la natura nell’atto, fornendo relax per il corpo, la mente e l’anima. L’arte di creare un “mondo” o una “storia” all’interno dell’opera è straordinariamente profonda, ed è qui che risiede il fascino dell’ikebana.

L’arte giapponese di disporre i fiori (Ikebana)

La cerimonia del tè giapponese consiste nel preparare e bere il tè matcha in modo cerimoniale utilizzando utensili tradizionali. Un rito raccontato in moltissimi libri in Giappone, che va ben oltre il semplice consumo della bevanda, in quanto segue un codice di comportamento molto preciso. Lo scopo della cerimonia del tè giapponese è infatti creare un legame tra il padrone di casa e l’ospite ma anche ottenere un momento di pace interiore nella frenetica vita quotidiana. Durante la cerimonia, infatti, i partecipanti praticano silenzio, rispetto, consapevolezza e purificazione simbolica: obiettivi che vengono raggiunti anche durante la realizzazione e la contemplazione dei tipici giardini Zen giapponesi. Sebbene alcuni giapponesi ad oggi eseguano la cerimonia del tè solo come un hobby, la maggior parte delle persone la considera ancora una forma di arte tradizionale, conosciuta come l’arte del tè.

L’arte giapponese del Kimono

L’indumento tradizionale giapponese è il kimono, caratterizzato da maniche ampie e lunghe per far passare il vento e raffreddare il corpo nei caldi giorni d’estate. Realizzato tradizionalmente in seta e indossato da oltre 1000 anni, ogni kimono presenta un motivo ispirato ai simboli della cultura giapponese. Qualche esempio? Le gru rappresentano la longevità, i pini simboleggiano il nuovo anno, mentre il fiore di crisantemo indica la famiglia imperiale. Consiglio: per chi ha voglia di portare un pizzico di oriente nella propria vita, il kimono rappresenta certamente un capo super versatile da tenere sempre nell’armadio.

(fonte Elle.com)

Da lunedì 14 marzo, in 18 città italiane, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza verranno dotati di 4.482 armi a impulso elettrico: i cosiddetti Taser.

“L’utilizzazione dell’arma a impulsi elettrici da parte degli operatori delle forze dell’ordine, costituisce un passo importante per ridurre i rischi per l’incolumità del personale impegnato nelle attività di prevenzione e controllo del territorio”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, sottolineando come “grazie all’adozione del dispositivo, potranno essere gestite in modo più efficace e sicuro le situazioni critiche e di pericolo”.

La titolare del Viminale, Luciana Lamorgese

“L’operatività del nuovo strumento – ha aggiunto la titolare del Viminale – segue uno specifico periodo di sperimentazione e un ciclo di formazione degli operatori in grado di garantire che la sua utilizzazione avvenga nel rispetto delle condizioni di sicurezza tenuto conto dei soggetti coinvolti e del contesto ambientale”.

(fonte askanews – foto lanotiziagiornale – fanpage)

“Viviamo in una situazione drammatica e non possiamo più permetterci di produrre in perdita, non ce la facciamo più. Inevitabilmente dovremo ricorrere alla cassa integrazione”. E’ il duro monito lanciato dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, dall’assembla di Confindustria Salerno, sulle materie prime e costi dell’energia esploso con la guerra in Ucraina.

E sulla stima di 400 milioni di ore di cig e in merito alla politica energetica, parla di “decenni di errori, senza guardare qual era realmente l’obiettivo del Paese”. Un attacco, dunque, a tutto tondo contro la politica “che ci ha spinto in quella direzione. Il conto lo paghiamo noi, lo paga sempre l’impresa italiana, lo pagano sempre gli imprenditori”.

“Intanto in Russia, dice il leader degli industriali parlando alla platea di imprenditori, operano 447 imprese italiane. Un fatturato di 7,4 miliardi, uno stock di investimento di oltre 11 miliardi, di cui nessuno parla. Imprese abbandonate a se stesse. Nessuno sta pensando a loro”.

Bonomi ribadisce anche come oggi, di fronte a nuove sfide, la dipendenza dal gas dalla Russia, la crisi dei prezzi delle materie prime, vanno messe in campo “misure necessarie ma che non sono coperte dall’attuale Pnrr.”

“Bisogna varare un Pnrr aggiuntivo. Forse lo dobbiamo sfruttare in maniera diversa, dobbiamo cambiare gli obiettivi. E dobbiamo cambiare anche la scadenza temporale. Perché è impensabile realizzare il Pnrr, anche mantenendone l’impianto attuale, se non abbiamo le materie prime o ci costano di più, se non abbiamo l’energia e quella che arriva costa di più. E’ inutile persistere su obiettivi – conclude il presidente di Confindustria – che oggi non sono più funzionali al paese, bisogna avere il coraggio di cambiare”.

(fonte ansa – foto rai news)

“Nessun rischio recessione per l’Italia e, dunque, per l’economia del nostro paese che continua a crescere”. E’ quanto ha dichiarato il premier italiano Mario Draghi, in apertura del vertice Ue a Versailles.

“Quel che ho detto in consiglio dei ministri è che noi dobbiamo affrontare queste mancanze, queste strozzature nell’offerta di materie prime subito, in tutti i settori, sostenendo le famiglie, sostenendo le imprese ma anche diversificando le fonti di approvvigionamento”.

“La risposta al dramma della crisi ucraina – ha aggiunto Draghi – non può che essere europea, come la risposta alla Russia. Ho avuto un lungo incontro con il presidente Macron. Italia e Francia sono allineate al resto della Ue sia nella risposta sulle sanzioni sia nel sostegno per i nostri paesi che queste sanzioni comporteranno”.

“L’economia europea cresce ancora, ma c’è stato un rallentamento – ha detto ancora Draghi – per la mancanza di materie prime e problemi non soltanto nel campo energetico, ma anche nel campo agroalimentare. E’ una situazione italiana ma anche europea. Dobbiamo sostenere le imprese e il potere d’acquisto delle famiglie con la stessa convinzione e con la stessa rapidità con cui abbiamo sostenuto la risposta alla Russia”.

“Poco fa ho avuto un lungo incontro con il Presidente Macron – ha sostenuto infine il premier italiano – nel quale abbiamo discusso della guerra e delle conseguenze per l’Europa e per l’Italia. Italia e Francia sono allineate con il resto dell’Unione Europea, sia nella risposta alle sanzioni sia nel sostegno per i nostri Paesi che queste sanzioni necessariamente comporteranno. Abbiamo chiesto tutti insieme tante volte al presidente Putin di cessare le ostilità, in particolare i bombardamenti sui civili e continueremo a farlo”.

IL VIDEO

(fonte agenzia agi – foto ansa- video agenzia vista)

“Sono un realista e, dunque, non vedo una soluzione diplomatica nelle prossime ore”. Lo ha dichiarato il presidente francese, Emmanuel Macron, al suo arrivo al vertice Ue di Versailles. “Ma dobbiamo continuare ad impegnarci e a dialogare per arrivare a questa soluzione”, ha aggiunto. “Dobbiamo ottenere il cessato il fuoco e la fine della guerra, per proteggere gli ucraini e l’Europa”.

Il presidente francese e di turno dell’Ue, quando aveva fissato sul calendario il vertice informale, che si svolge oggi e domani, pensava anche alla ‘Difesa europea’, ma mai avrebbe immaginato che il summit si sarebbe tenuto con una guerra in corso. I pilastri sono tre: rafforzare la capacità di difesa dell’Unione, ridurre le dipendenze energetiche e costruire una base economica più solida”.

“Siamo tutti inorriditi dalle immagini provenienti da Mariupol dove un reparto di maternità in pieno centro città è stato bombardato” e la Francia condanna con fermezza questo atto di guerra indegno e immorale in quanto non destinato a neutralizzate basi armate o capacità militari, ma il cui chiaro obiettivo era quello di uccidere civili, donne e bambini in particolare”. Ha aggiunto ancora Macron.

“Donne e bambini – ha detto inoltre il premier francese – sono stati nuovamente uccisi. Dico nuovamente perché, come ho già detto ai miei concittadini la scorsa settimana, è dall’inizio di questa guerra che drammi umanitari di questi tipo vengono compiuti”.

(fonte agenzia agi e afp)

“L’Impero delle luci” di Renè Magritte battuto da Sotheby’s

Un vero e proprio record, quello della vendita dell’opera “L’Impero delle luci” del grande pittore Renè Magritte per 71,5 milioni di euro. L’iconico paesaggio è stato battuto all’asta da Sotheby’s, stabilendo il nuovo record per un’opera del maestro del Surrealismo. Al tempo stesso ha conquistato anche il primato del dipinto di maggior valore mai venduto all’asta in Europa.

Il precedente record per un Magritte era di 26.830.500 di dollari (circa 23 milioni di euro) per il dipinto “Le Principe du plaisir”, un ritratto di Edward James del 1937, venduto da Sotheby’s a New York nel 2018.

“L’impero delle luci” fu dipinto nel 1961 per la baronessa Anne-Marie Gillion Crowet, la figlia del mecenate dell’artista, il collezionista belga Pierre Crowet, e da allora è sempre rimasto nella raccolta di famiglia. Il soggetto potrebbe essere stato ispirato dalla poesia “L’Aigrette” di André Breton, che Magritte conosceva bene, con il verso che apre: “Si seulement il faisait du soleil cette nuit” (“Se solo il sole uscisse stasera”). La combinazione inquietante di una strada buia e notturna sotto un cielo blu brillante è tipica dell’inquietante immaginario surrealista di Magritte.

Esposto in tutto il mondo a Bruxelles, Roma, Parigi, Vienna, Milano, Seoul, Edimburgo e San Francisco, il dipinto “L’empire des lumières” è stato recentemente in prestito al Musée Magritte di Bruxelles dal 2009 al 2020, circondato dalla più bella collezione di dipinti dell’artista al mondo.

Il pittore Renè Magritte (1898 – 1967)

Magritte iniziò a lavorare per la prima volta su una versione di questo soggetto nel 1948, tornando sull’idea numerose volte nel decennio successivo, reimmaginando e arricchendo accuratamente ogni nuova composizione. Il gruppo risultante di diciassette oli, intitolato “L’empire des lumières”, costituisce l’unico vero tentativo di Magritte di creare una “serie” all’interno della sua opera. I dipinti si sono evoluti nel tempo pur continuando a parlare l’uno con l’altro, proprio come le notti stellate di Vincent van Gogh e le ninfee di Claude Monet.

La serie fu un successo immediato sia per il pubblico che per i collezionisti, con la prima versione acquistata da Nelson Rockefeller ed esemplari ora conservati nella Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, il Museum of Modern Art di New York, The Menil Collection di Houston e il Royal Museums of Fine Arts di Bruxelles.

(fonte adnkronos – foto Magritte: dueminutidiarte.com)

Giovane donna con cappello piumato, 1534-1536 circa (opera di Tiziano Vecellio)

“Quando un proprietario chiede la restituzione delle proprie opere mi pare evidente che queste debbano essere restituite”. Chiude così nel nascere, ogni ipotetica polemica, il ministro della Cultura, Dario Franceschini, che ha risposto alla richiesta della Russia di riavere indietro tutte le opere prestate alle Gallerie D’Italia e a Palazzo Reale.

Nella lettera inviata dal direttore del museo di San Pietroburgo, a Domenico Paraina, direttore del Palazzo Reale a Milano e al presidente di Skira editore, Massimo Vitta Zelman era stata chiara la richiesta dei capolavori prestati per la mostra di Tiziano.

“Sulla base della decisione del ministero russo della Cultura, tutti i prestiti in essere devono essere restituiti dall’estero alla Russia e l’Ermitage è un museo statale che dipende dal ministero della Cultura”, viene scritto nella domanda ufficiale. A rispondere poche ore dopo il ministro della Cultura italiano: “Il ministero non ha competenze in materia, si tratta di mostre organizzate dal Comune di Milano e dalle Gallerie d’Italia ma mi pare evidente che a richiesta fatta bisogna rispondere con la restituzione ai proprietari“.

(fonte open.online)