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Partiamo dall’inizio. I fratelli Caputo non hanno raggirato gli elettori. In pratica, secondo il Tribunale del Riesame, non hanno “attentato ai diritti politici dei cittadini” durante le elezioni regionali di novembre 2017.

Per chi non ricordasse la vicenda, l’ex parlamentare regionale ed ex sindaco di Monreale di An, Salvatore Caputo, detto Salvino, venne arrestato dai carabinieri con l’accusa di voto di scambio insieme al fratello Mario, anche lui avvocato, e candidato alle ultime elezioni all’Ars con la Lega. L’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari venne emessa dal Gip di Termini Imerese su richiesta della Procura. In quell’occasione, oltre a 20 arresti, vennero indagati nella stessa inchiesta anche l’onorevole Alessandro Pagano e l’ex senatore Angelo Attaguile, coordinatori del partito in Sicilia.

Bene, ora si scopre quello che il buon senso e la logica gridavano dal primo minuto. E cioè che quegli arresti non andavano fatti e che tutte le accuse contro i vertici della Lega – diciamo così – sono praticamente “evaporate”.  Se c’è stata malizia, se si è giocato sull’equivoco, la questione rientrerebbe nel campo dell’etica e non in quello della giustizia. In pratica dicono così gli altri magistrati, quelli del Tribunale del Riesame: “Va però sottolineato che la candidatura di Mario Caputo era stata portata a conoscenza dei cittadini sia attraverso i mass media che i socialnetwork e che entrambi i fratelli Caputo si erano impegnati nella campagna elettorale del candidato Mario, partecipando a comizi e incontrando gli elettori”. E ancora: “Non appare in alcun modo condivisibile né invero comprensibile l’affermazione della Procura, secondo cui le testate giornalistiche on line sarebbero state lette solo da coloro a cui non si poteva nascondere la verità”. Insomma mettere solo il none sul manifesto elettorale, scrivere “detto Salvino” oltre a Mario, si poteva fare. Anzi si può fare perché anche altri candidati lo hanno fatto nel passato e nelle elezioni più recenti.

Tanto rumore per nulla. Tanto che Pagano ora tuona: “Le motivazioni rese pubbliche dal Tribunale del Riesame di Palermo sono state letteralmente ignorate dai media, se non da qualche sito online. Eppure per giorni i vari giornali, da quelli nazionali ai locali, ci sguazzarono quando lo scorso 4 aprile uscì la notizia che i vertici regionali della Lega erano stati indagati, guarda caso lo stesso giorno in cui Salvini salì al Quirinale la prima volta per le consultazioni. Vennero sollevate, strumentalmente, forti polemiche mediatiche e politiche, causando un danno di immagine e politico a me e al partito. Chi – ha concluso Pagano- mi ripagherà di tutto ciò: del torto subito? Venni letteralmente seguito e inseguito da alcuni giornalisti per intere giornate. Ora scommetto che nessuno di loro si presenterà da me per chiedere un’intervista riparatrice. Questa è giustizia? Questo è giornalismo o solo ricerca di pseudo scoop per colpire e provare ad affossare il politico di turno? Naturalmente non è stata la prima e non sarà neppure l’ultima volta che si verificheranno casi di malagiustizia e di questo tipo di informazione. È chiaro che, per quanto potrò, mi opporrò e lavorerò affinché questo sistema della Giustizia malato sia cambiato”.

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