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giuseppe conte

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In Italia siamo tutti dottori: buongiorno dotto’, tranquillo dotto’, apposto dotto’. Per distinguersi, qualcuno vuole essere più dottore degli altri. È la trappola della vanità. Il mio curriculum è più lungo del tuo, quindi sono più bravo. Viene la tentazione di aggiungere qualcosa, di abbellire con un corso di perfezionamento, di ornare con un master qualsiasi, meglio se all’estero, per allontanare i sospetti di provincialismo e anche le possibilità di verifica. A parte che il curriculum non si misura in lunghezza ma in prestigio, è raro che il taroccatore non venga beccato.

Pare che questo sia il caso del professore Giuseppe Conte, indicato come presidente del Consiglio dal Movimento 5
stelle e dalla Lega. Se il professore non ribatterà in modo convincente al New York Times, che lo accusa di avere millantato la frequenza a misteriosi corsi di perfezionamento, resterà come il premier in pectore uscito più rapidamente di scena nella storia.

Un record per lui e una figuraccia per l’Italia, grazie ai partiti che l’hanno scelto. Un inedito assoluto, anche perché Conte avrebbe perfezionato la sua conoscenza del diritto in mezzo mondo, da Cambridge all’Austria, da Yale alla Sorbona. A proposito, il record farà curriculum? C’è da dire che, eventualmente, il prof. Giuseppe Conte si troverà in buona compagnia tra i pentastellati.

C’è Roberto Fico con il suo master fantasma svolto ai Politecnici di Milano, Napoli e Palermo. Peccato non esistano i politecnici di Napoli e Palermo. Peccato che a Milano non ci sia notizia del master in questione. Uno così dove lo mandi? A fare il presidente della Camera. Rocco Casalino, capo della comunicazione grillina, avrebbe invece ottenuto un master alla Shenandoah university dove non l’hanno mai sentito nominare. Lui ha gridato al complotto. Tarocco Casalino?

L’autogol più spettacolare resta quello di Oscar Giannino, leader di “Fare – per fermare il declino”, rovinato da
uno dei suoi compagni di partito, Luigi Zingales, professore all’università di Chicago, alla vigilia delle elezioni. Giannino sosteneva di avere conseguito un master proprio a Chicago, dove Zingales verificò che si trattava di pura fantasia. Da lì in poi non ci fu nulla da fare per fermare il declino di Giannino: non solo non esisteva il master ma neppure la laurea in giurisprudenza.

In un crescendo surreale, Giannino dovette ammettere di non avere mai partecipato allo Zecchino d’oro. L’autogol più grave invece è stato segnato in Parlamento. Quando Valeria Fedeli venne nominata ministro dell’Istruzione, la reazione generale fu: Valeria chi? Qualcuno andò a rovistare nel suo curriculum. La Fedeli dovette ammettere di non essere laureata. Ma ci sono dubbi perfino sul diploma. Ecco spiegati gli sfondoni storici e grammaticali…

Potremmo proseguire. I politici inciampano sul titolo di studio per pura vanità o per facilitare l’accesso a una poltrona. Che sciocchezza. Per governare, e per riuscire in altri campi, non è detto che la laurea sia indispensabile. Ma il «pezzo di carta» resta un mito e i narcisisti si sentono inferiori se non sventolano qualche master fantasma.

(Tratto da “Il Giornale” di Alessandro Gnocchi)

“Fratelli d’Italia conferma che non farà parte né sosterrà un governo, se fosse confermata, la guida del professor Giuseppe Conte. Lo facciamo per rispetto alla volontà popolare e ai nostri sostenitori. Non penso che la maggioranza dei cittadini, che ha votato centrodestra, sia contenta di ritrovarsi a Palazzo Chigi un altro tecnico, espressione del M5S, di sinistra, amico della Boschi e di Napolitano. Insomma che per il rispetto ai nostri cittadini non lo possiamo fare”.

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia in un video pubblicato su “Reptv”, attacca Matteo Salvini, reo di essersi consegnato ai grillini.

“Io non sono pentita di nulla. Sono una persona leale – conclude la Meloni – che ha mantenuto la propria parola con i cittadini e penso che Salvini sia caduto nella trappola del Movimento cinquestelle, di farsi isolare anche rispetto ai suoi alleati, di farsi indebolire per poi finire sostanzialmente in un governo a fortissima trazione pentastellata”.

E adesso il centrodestra rischia davvero di implodere, prima con gli attacchi di Berlusconi e adesso con quelli della Meloni. Chissà se le urne sono più vicine di quanto non si possa immaginare.

Una bella grana per Mattarella a poche ore dall’indicazione di Giuseppe Conte, quale premier del governo che dovrebbe nascere tra la Lega e il movimento cinquestelle. A quanto pare l’economista non avrebbe studiato presso la prestigiosa università americana, “New York University”, come, invece, ha scritto nel suo curriculum vitae.

“Una persona con quel nome non appare nei nostri registri, né come studente né come membro della facoltà”. Ad affermarlo è il quotidiano New York Times, attraverso Michelle Tsai, portavoce della New York University, che lo spiega anche con un post su twitter.

Un  vero e proprio mistero che si infittisce se se si pensa che in un altro curriculum, quello inviato alla Camera dei deputati per le elezioni a componente del Consiglio della presidenza amministrativa, Conte ha dichiarato di “aver trascorso, ogni estate, dal 2008 al 2012, almeno un mese nell’università americana”. Dichiarazione smentita dalla stessa università come si può leggere dalla comunicazione ufficiale. Il problema adesso è cosa farà il capo dello Stato. E il pericolo è che, questo “errore” così grossolano, possa di fatto bruciare il nome sponsorizzato da Di Maio e condiviso da Salvini. E il governo di tregua prende sempre più quota.

L’atmosfera che si respira è tesissima. Il giorno del governo è arrivato ma le incognite ci stanno tutte. Il capo dello Stato incontrerà la delegazione dei cinquestelle alle 17.30, poi sarà la volta di Salvini. Ma se tutti erano convinti e davano per scontato il nome del docente universitario Giuseppe Conte, 54 anni, quale figura spendibile per fare il premier, adesso una crepa sembra aprirsi su questa scelta. La famosa figura terza che tra i grillini trova, comunque, conferma e che lo stesso Di Battista, in questa fase giocoliere dietro le quinte, avrebbe detto: “Il nome del premier non vi stupirà, non viene da Marte”. Resta però la posizione di Mattarella che, da vari retroscena, non gradirebbe un nome imposto, ma solo se fosse nel solco della politica. Quindi nulla di scontato. E si fa anche il nome di Paolo Savona, 81 anni, economista, come riportato dal sito Dagospia, con una lunga esperienza in Banca d’Italia.

E poi c’è un Berlusconi che, come riportato dal Corsera, spera che il governo M5S-Lega non nasca. Si dice “rassegnato al peggio” e non vede luce, ma non vuole scartare del tutto l’ipotesi che alla fine qualcosa vada storto, che il meccanismo si inceppi, che Salvini “torni indietro e abbia uno scatto d’orgoglio.

“Questi vogliono eliminare la prescrizione, chi finisce nell’ingranaggio di un processo secondo loro deve rimanerci a vita, è un obbrobrio giuridico, una vergogna”. Insomma la paura, come si dice, fa 90 e Mr. B. in questo momento ne ha tanta e tifa per un No di Mattarella che porterebbe Salvini a sganciarsi e ritornare al refrain del voto ad ottobre, “perché ancora il centrodestra viene percepito come forza unitaria e vincente dagli elettori”.

Tra qualche ora ne sapremo di più e sapremo anche che se la “coppia di fatto” Di Maio-Salvini dovrà chiedere la “separazione” con annessi alimenti. Se succedesse, il quadro politico muterebbe e con molta probabilità Mattarella uscirebbe dal cassetto il suo governo di tregua.

 

E’ tutto in alto mare, malgrado in molti diano per chiusa la partita del governo. Tra i punti del contratto che trovano la quadra, il vero scoglio è la scelta del premier e su questo sembra che Luigi Di Maio abbia in serbo una trappola. Sul profilo twitter di Jacopo Jacoboni, giornalista esperto di cinquestelle (ha anche scritto un libro inchiesta sul movimento di Grillo), un post che sicuramente non può passare inosservato.

La strategia di Di Maioscrive Jacoboni – è provare fino alla fine a impallinare tutti i nomi di “premier terzo”, e farlo lui, il premier. E con la trattativa in corso, a quel punto spinta troppo in avanti, la Lega non potrebbe tirarsi indietro”. Ci aveva già provato con la Meloni, come vi abbiamo raccontato qui su Bloggando.

Quindi la partita si sta giocando al buio con tatticismi che rischiano di far implodere tutto. E il più gongolante non potrebbe che essere Silvio Berlusconi forte della riacquistata agibilità politica, se vogliamo usare un altro termine alla riabilitazione, che attende l’attimo propizio per ritornare a “dare carte”.

Intanto oggi alle 16.30 Di Maio salirà al Colle e alle 18 sarà il turno di Salvini. A parte i nomi che si fanno: Giulio Sapelli e Giuseppe Conte, entrambi tecnici, il primo in quota Lega, il secondo vicino ai pentastellati, non vi è alcuna certezza che si possa uscire con un nome condiviso. Se si considera. come ha marcato lo stesso Mattarella“il presidente non è un notaio”.

I rumours dicono che il nome c’è, ma potrebbe essere anche un modo per tentare di prendere ancora tempo, anche se per il Colle il tempo è davvero scaduto. Non dimenticando che costituzionalmente premier e ministri devono passare dal benestare del Capo dello Stato. Prerogativa che è l’unico punto fermo di questa “trattativa”.