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dispersione scolastica

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Dati drammatici sul versante della dispersione scolastica nella nostra regione, rapportati a quelli dell’intera penisola. La Sicilia raggiunge la percentuale più alta dell’1.3 per cento. A seguire Calabria, Campania e Lazio con l’1 per cento, mentre la percentuale più bassa si evidenzia in Emilia Romagna e Marche con lo 0,5 per cento. Per non parlare del tempo pieno che vede l’isola in “profondo rosso”.

I numeri sono stati presentati a Messina, nell’ambito di un seminario di studi organizzato dal Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’università dello stretto. L’analisi è stato condotta dalla Flc Cgil Sicilia, sulla base dei dati forniti dall’Istat e dal Miur.

“La scuola in Sicilia vive una situazione drammatica e a cinquant’anni dalla denuncia fatta da don Milani e dall’esperienza di Barbiana – spiega Graziamaria Pistorino della Flc Cgil Sicilia – possiamo dire che lo Stato italiano continua a negare a molti suoi cittadini il diritto all’emancipazione dall’ignoranza e dalla fragilità culturale. In Sicilia e nel mezzogiorno i giovani vivono una vera e propria discriminazione da questo punto di vista”.

Un dato quello siciliano nettamente superiore rispetto alla media nazionale dello 0.8% e a quella del mezzogiorno dell’1%. È evidente come una maggiore propensione all’abbandono scolastico si verifichi nelle aree più disagiate del Paese, mentre è decisamente più contenuta in quelle più ricche come il Nord Est, con una media pari allo 0,6%.

E se si considera il tempo pieno a 40 ore, che in Sicilia riguarda solo il 7% della scuola primaria, la situazione rimane grave. Dati che non possono essere rapportabili al 49% dell’Emilia Romagna o, addirittura, al 53% della Lombardia. Pensiamo che a Milano si registrano punte massime del 91% e a Monza dell’85%. Numeri che danno il senso dell’arretratezza nella quale si trovano tutte le città siciliane. Su tutte Palermo con il 5 per cento, Trapani con il 4% e Ragusa con il 2%. Al netto di quel misero 7% di minori che in Sicilia può fruire del tempo pieno a 40 ore, l’altro 93% frequenta 2,5 anni in meno nei cinque anni di scuola primaria. “Parliamo di 2.145 ore di tempo scuola negato solo perché lo Stato non eroga il servizio in questa parte del Paese”.

“Bisogna colmare questo divario tra Nord e Sud – conclude la Pistorino – per dare a tutti le stesse opportunità, recuperare l’insegnamento di don Milani e dare piena attuazione alla Costituzione. L’istruzione è il principale fattore di crescita e di sviluppo non solo delle persone, ma anche del Paese”.

E, infine, lo studio addebita gran parte della responsabilità agli enti locali che spesso non si adoperano per creare le condizioni infrastrutturali e di compartecipazione economica necessarie per ottenere il finanziamento e l’attivazione da parte del ministero. Senza i locali adatti, un accessibile servizio mensa e adeguati trasporti per gli studenti, non è possibile attivare classi a tempo pieno e i ragazzi siciliani rimangono vittime di un diritto negato. Morale: anche su questo versante siamo messi male, molto male.