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Uno spaccato sociale devastante al tempo del coronavirus, dove migliaia di italiani sono costretti a fare la fila al Monte dei Pegni per avere liquidità. E’ quello che accade in giro per il nostro Paese e testimoniato, oggi, dal Corriere.it in un video.

“Non è vero che il funerale lo paga lo Stato. Mio marito è da un mese che aspetta nel deposito. È morto il 23 marzo, è stato cremato, ma adesso mi chiedono 400 euro. Aspetterà un altro mese la sepoltura e intanto sono costretta a pignorare i ricordi di una vita insieme“.

Concetta ha 78 anni e vive a Torino da 55, ma il nervosismo le fa tornare il suo accento di origine, quello siciliano: “Me l’hanno ucciso: andava in ospedale a fare la dialisi, ma stava bene: è lì che ha preso sto virus, l’ultima volta è entrato e dopo otto giorni non c’era più”, dice piangendo, in coda dall’alba insieme a decine di altre persone davanti alla porta del monte di pietà di Torino.

Ci siamo ormai abituati negli ultimi mesi alle lunghe file davanti ai supermercati. Ora a crescere sono quelle al Banco dei Pegni, fatte anche da liberi professionisti che hanno bisogno urgente di liquidità per riaprire le attività o per le spese di messa in sicurezza. Si porta di tutto, soprattutto oro e gioielli.

In coda c’è poca voglia di parlare. Dopo giorni di confusione per stabilire dove iniziasse e finisse la fila, un signore si arrangia e distribuisce dei fogliettini numerati: “Qui prima delle nove non aprono”. La prima è una signora di 86 anni, è arrivata alle sei del mattino, è avvolta in grosso piumino che la ripara dal freddo della notte: “È la quinta volta che ci provo, non ho figli sono sola, pignoro qualcosa per avere dei soldini“, racconta. Un altro distanziato dagli altri aspetta in silenzio: “Lavoro come operatore sociosanitario in una di quelle Rsa di cui si parla tanto, lì è una strage”, racconta Julio, originario del Perù, da 22 anni in Italia: “Sono da un mese a casa. Quando ho capito la faccenda ho chiamato il mio medico e sono risultato positivo al covid: non ci sono più infermieri, non ci danno le protezioni adeguate. Ogni giorno muore un mio amico”, dice pensando agli anziani che ha assistito.

La tensione è tangibile, c’è sconforto e disperazione. Ma questa è una soluzione veloce: si entra e nel giro di 15 minuti si ha un prestito, senza grossi problemi: si può scegliere una polizza per tre, sei o nove mesi, con un TAN del 7% su base annua. Nessuno chiede che lavoro si fa, se si hanno debiti, quale situazione si vive: clienti che difficilmente avrebbero un prestito bancario. In coda gli accenti si mischiano: Nord, Sud, da fuori Italia. Metà donne e metà uomini, tutti con la mascherina, l’età è medio alta. C’è chi ha perso il lavoro per il coronavirus, chi faticava già prima e a malapena arrivava alla fine del mese. Molti sono qui anche per rinnovare il prestito, non per riscattare: “Non è un bel periodo per portare via le cose, non c’è lavoro, come facciamo?”, racconta una signora del centro Africa che si è dovuta fare 30 chilometri. Ma sono tanti i nuovi clienti.

È così in tutta Italia, lo confermano gli stessi gruppi che se ne occupano, si parla di un + 30%: “Ci stiamo accorgendo negli ultimi giorni dell’aumento di clienti: alla nostra sede principale al Monte di pietà di Roma abbiamo la coda già prima dell’apertura“, dice Rainer Steger, codirettore generale di Affide, la più grande società di Credito su Pegno in Italia: “Dopo un primo momento di flessione abbiamo avuto il picco negativo nella seconda metà di marzo, causa la limitata mobilità. Ora stiamo recuperando i numeri precovid, ma evidenziamo l’arrivo di persone nuove e immaginiamo saranno sempre di più nei prossimi mesi”.

Secondo uno studio Doxa per Affide gli italiani posseggono fino a sette gioielli in casa, ma ne utilizzano uno o due: un tesoretto fermo da cui attingere, ma con la crisi degli ultimi anni si è ristretto sempre di più. Al momento l’oro 750 è dai 19 euro ai 20 euro grammo, l’oro 999 dai 24 ai 26 al grammo, una valutazione che cambia ogni settimana. E chissà quanti andranno ai ComproOro quando riapriranno. Da sempre nei periodi di crisi economica, anche durante la peste, gli italiani si sono rivolti al credito a pegno. Pensare che proprio in Italia è nato nel 1462 a Perugia, per togliere gli usurai dalle strade: un mercato che oggi vale 900 milioni di euro l’anno. “Si rivolgono a noi perché hanno sentito dire che il tutto avviene in modo facile, senza valutazioni patrimoniali, si esce con i soldi in mano, è un prodotto indicato in questo periodo”, conclude Steger. Solo il 5% dei beni in pegno va all’asta, ma con la crisi in corso la percentuale potrebbe aumentare.

“Si è avuto un duplice cambiamento: è aumentato il numero di operazioni con nuovi prestiti, e sono diminuiti i rinnovi», spiega Giuseppe Gentile, direttore generale ProntoPegno spa, con sei sportelli in Italia. Un aspetto evidente anche nell’utilizzo delle richieste di valutazioni tramite app, invece che recarsi agli sportelli: +15%, prima era fermo al 3%. Il gruppo ha uno sportello anche a Rimini, lì di solito l’estate è un periodo calmo, la gente lavora, il denaro gira e il pegno è fermo: ma quest’estate, annunciano, forse sarà diverso. Sono sempre di più poi anche i liberi professionisti che si rivolgono al credito su pegno: molti aspettano i soldi dallo Stato, che però non arrivano, e hanno bisogno di liquidità per riaprire le attività, anche per affrontare le spese di messa in sicurezza.

(Fonte Corriere.it – foto: ilprimatonazionale.it)