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Le passerelle non mi sono mai piaciute. Tanto per essere chiari quelle che i politici sono soliti usare per costruirsi l’alibi perfetto. Un modo per pulirsi la coscienza, quando la presenza diventa soltanto la cartina di tornasole del problema. E nell’alchimia dei loro gesti c’è il peggio del peggio. E’ come rispolverare il vecchio stereotipo dell’eredità precedente.

Quel modello che si applica, con preciso e puntuale rigore, sempre all’indomani di una vittoria elettorale. Si rievoca il disastro creato dalle precedenti gestioni e il gioco è fatto. Come un’equazione matematica che non ha colore politico ma un risultato non opinabile, perchè fatta soltanto di numeri da comporre. Lo ha fatto Crocetta prima, Musumeci dopo e come in un rilancio da poker sia Cammarata che Orlando e non solo loro. Uno sport per il quale non si hanno rivali. E se si potesse trovare un modo per candidarli sarebbero tutti da premio Nobel.

Intanto gli “ultimi” rimangono sempre là, sospesi in un limbo. In quel precipizio fatto da false promesse, da costruzioni senza fondamenta. E in quei palazzi di carta ci si accorge solo del problema quando è troppo evidente che il problema stesso è percepibile a tutti. In quell’istante gli “esclusi” diventano preda e la “solidarietà” diventa per loro un obbligo morale. Perchè immaginare una politica a servizio di chi soffre è la “tempesta perfetta”. Quella che non vorresti mai vedere davanti ai tuoi occhi, ma che all’improvviso ti colpisce come un’onda anomala. E la protesta di Biagio Conte, che da giorni dorme sotto i portici del palazzo delle Poste di via Roma, ne è testimonianza.

Il “primato della politica” allora viene sotterrato come un’ascia da guerra. Si continua a renderlo inerme, a indebolirlo. E le passerelle, invece, sembrano essere perfette con tutta la loro ipocrisia. Nessuno potrebbe obiettare quell’atto nobile, quel contributo ideale, quella vicinanza. Momenti che poi si perdono nell’oblio. E gli “ultimi” rimangono sempre “ultimi”, non perchè lo vogliano, ma perchè uomini che vivono la loro dignità fino in fondo. Ma domani tutto continuerà con lo stesso ritmo e con gli stessi proclami, in una terra che definire “irredimibile” non significa essere qualunquisti, ma guardare quell’orizzonte che sembra inarrivabile.

Essere cronisti vecchia maniera nell’era del web è come nuotare in un mare senz’acqua, ma a volte, non peccando di superbia, le vecchie regole servono sempre. Un incontro per caso, alla fine di un pranzo, e le conversazioni diventano come un buon vino che vorresti non finisse mai, assieme alla disponibilità dell’interlocutore. E noi di BloggandoSicilia non potevamo che cogliere l’attimo, rivolgendo alcune domande al segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo.

La Sicilia vive un momento drammatico tra lavoro che non c’è e economia da “profondo rosso”

La nostra isola è una delle punte di maggiore difficoltà del mezzogiorno d’Italia. Mezzogiorno che si è esteso quasi fino al fiume Po. Perchè anche le Marche, pezzi della Toscana, dell’Emilia Romagna soffrono una crisi dalla quale ancora non si sono ripresi.  Io ho fatto una riflessione. Quando avevo 13 anni lavoravo in una cooperativa di pescatori erano gli anni ’60, quelli della famosa cassa del mezzogiorno, di cui non ho nostalgia sinceramente. Ma grazie a quello strumento, si potè rifare la flotta peschereccia di Termini Imerese.  Il 65 per cento dei contributi venne dato a fondo perduto. E’ vero si gonfiavamo un pò le fatture. E poi per un certo periodo si disse che il fenomeno era corruttivo, perchè così era in effetti. Nessuno ci metteva una lira e paradossalmente il mezzogiorno si avvicinava di più, dal punto vista dello sviluppo economico, al resto d’Italia. Ma il fenomeno corruttivo ha generato l’abolizione dello strumento di finanziamento, con il risultato finale di aumentarlo. Sarebbe bastato fare il contrario: Eliminare la corruzione e mantenere gli strumenti.

E quale soluzione potrebbe essere attuata oggi per aver un cambio radicale di passo?

Il problema è come ridurre il differenziale tra nord e sud. Se non rimettiamo in moto gli strumenti straordinari non c’è possibilità di sviluppo, ma il fatto più grave è che il nord non può più tirarsi tutto il mezzogiorno.

La situazione economica è stagnante in tutta Italia. E’ possibile creare nuovi posti di lavoro?

Oggi abbiamo il pil inchiodato all’1,5 per cento. Siamo l’ultimo paese europeo. Nonostante ci spiegano che sono aumentati i numeri dell’occupazione e anche di quella giovanile. Intanto devo registrare che si tratta di un’occupazione di scarsa qualità e di scarsa remunerazione. E il dato sul prodotto interno lordo lo conferma. E se non aumenta il Pil l’economia non può riprendere. E se i lavoratori del nord hanno il contratto nazionale del lavoro e quello di II livello per cui ci siamo battuti e abbiamo vinto, e quindi un potere di acquisto quasi il doppio di quello del mezzogiorno, significa che se non ridiamo potere d’acquisto anche in questa parte d’Italia, non ci saranno nuovi posti di lavoro. E parlo di quelli veri, non quelli assistiti.

Secondo lei, oltre alla dilagante disoccupazione, qual è l’emergenza che andrebbe affrontata subito e risolta nella nostra isola?

Io continuo a dire da tempo che è l’emergenza rifiuti quella da affrontare e risolvere. Noi tutti vorremmo che i rifiuti del nostro Comune si spostassero al Comune successivo. E poi facciamo il capolavoro spendendo un sacco di soldi per smaltire questi rifiuti e così non funziona. Io sono stato a Vienna e a Berlino dove i termovalorizzatori sono al centro della città. E allora? perchè qui non si può fare e si litiga per la discarica pure in luoghi dove nessuno ci ha mai pensato? Quelli che io chiamo dei “no” per tutto! Io farei una leggina: Ogni comune si smaltisce i suoi rifiuti sennò se li mangia.

Una provocazione, ovviamente, quella della “leggina”, che giriamo volentieri al Presidente Musumeci. Noi siamo qui, in attesa di risposta!